lunedì 15 ottobre 2012

In morte del Pdl

Di TERESA ALQUATI «Noi chi siamo?». La domanda che ha posto e si è posto Marcello De Angelis, parlamentare del Pdl e direttore del Secolo d’Italia, ha spiazzato il quotidiano degli Elkann, La Stampa. Eppure dovrebbe essere la domanda iniziale per ogni nuovo percorso. Chi siamo? Cosa vogliamo? Dove andiamo? Ma i media italiani, attenti solo ai litigi tra Bersani e Renzi, probabilmente non si sono accorti che nel centrodestra è iniziato un percorso molto più serio e anche più tormentato di quello in atto a sinistra. Il tempo della leadership berlusconiana è tramontato e logica vorrebbe che, con il capo, se ne andasse la sua corte ristretta. Quella che non ha dato grande prova di sé. Ma un partito leaderistico ha problemi non indifferenti a reinventare una classe dirigente. Soprattutto se non è neppure chiara la strada da percorrere. Verso un polo moderato, magari per sostenere un Monti bis, come ha ipotizzato Berlusconi stesso? Praticamente un suicidio. I danni provocati dal Grigiocrate Monti sono immensi. E non si potrà continuare a nasconderli dietro le operazioni della magistratura contro i politici indubbiamente scorretti o corrotti. Ed in ogni caso una forza politica seria non può riaffidare il potere ad un uomo che l’ha usato per fini antinazionali, in nome e per conto di mercati internazionali. Ma se si esclude un Monti bis, si rinuncia anche all’idea di una grande coalizione con chi ritiene indispensabile la riconferma del professore della Goldman. Dunque non ha senso puntare su primarie aperte a tutti, come sostiene Guido Crosetto, quando questi "tutti" dovrebbero essere Casini e Montezemolo. Personaggi che, tra l’altro, lo stesso Crosetto considera da rottamare. E poi i paletti che hanno subito posto Italia Futura e Udc sono tali da non permettere la prosecuzione di un percorso unitario con il Pdl. «Noi chi siamo?». Il punto è sempre quello. Un centrodestra moderato non potrebbe intercettare il malcontento di un elettorato borghese che diventa sempre più povero e che non vede alcuna speranza di ripresa nell’agenda Monti. Ma come potrebbe convivere gente come Frattini in un partito non moderato, non succube di Washington, non agli ordini della Trilateral e di Goldman? Sino a quando c’era Berlusconi a tenere insieme anime contrapposte, tutto era possibile, ma adesso? D’altro canto ci sono ampie frange ex An, a partire da Altero Matteoli, che hanno più volte dichiarato di non voler andarsene dal partito berlusconiano, qualsiasi insegna innalzi e qualsiasi nome assuma. Anche perché, in mancanza di indicazioni precise sul prossimo meccanismo elettorale, ciascuno gioca a modo suo le carte che ha. Così Giulio Tremonti riscopre la vena sociale, quella che brillantemente illustrava nei suoi libri ma che dimenticava al governo, e lancia la Lista lavoro e libertà. E Sgarbi replica con il movimento della Rivoluzione, in un Paese che è pronto a battersi all’ultimo sangue per il posto nella coda davanti al negozio di telefonini. E Storace? Osserva e sogna di guidare un partito in cui confluiscano gli ex An. Tutti sognano, in questa fase. Perché gli scandali che hanno coinvolto esponenti del Pdl possono liberare quantità consistenti di voti arrabbiati. Ed ognuno spera di poterli intercettare prima che finiscano ad ingrossare il Movimento 5 stelle di Grillo o magari l’Idv di Di Pietro. Sono rispuntati persino i monarchici, pronti a contrattare i loro pochi voti con qualche strapuntino locale. Una situazione ideale, come avrebbe sottolineato il presidente Mao, considerando che il caos è grande sotto il cielo. Il cielo di Itaca, per qualcuno che auspica il ritorno alle "origini". Ma quali origini? Conservatori e nazimao, ribelli e liberali stavano insieme quando un’informe destra era ridotta ad un fortino assediato. Quando non c’era spazio per la discussione perché si doveva pensare alla sopravvivenza. Ora, però, i cosacchi non fanno più paura. Anzi, possono diventare i migliori alleati internazionali mentre la sinistra italiana oscilla tra Washington e Londra e si indigna per Putin, per Kirchner, per Castro e per chiunque non piaccia al Fondo monetario internazionale. Ma dal grande caos dovrebbe, presto o tardi, uscire una proposta chiara. Chi siamo? Dove vogliamo andare? Con chi? Con Giorgia Meloni leader, anche se si è scontrata con l’anima dura e movimentista di una base che non accetta lezioni politicamente corrette? Con Gianni Alemanno contestatissimo dalla medesima ala ma adorato dalla sinistra di Carlin Petrini (Slow Food)? Intanto, nei vari territori, sta succedendo di tutto. C’é chi è ormai in fuga e cerca collocazione in qualche fondazione bancaria, chi si sta creando centri di discussione che possono trasformarsi in correnti interne o movimenti autonomi, chi preferisce risparmiare e cerca intese con centri studi esistenti. Si formano schieramenti trasversali che sorprenderebbero i giornali se solo i cronisti politici avessero voglia di osservare con attenzione e senza preconcetti. E mentre i vari responsabili locali insistono sull’ineluttabilità dell’appoggio a Monti (e chi se ne frega se gli elettori pensano l’opposto), ci sono assessori regionali del Pdl che, come Claudia Porchietto, chiedono ad Alfano di staccare la spina perché non si può permettere a quest’uomo di distruggere l’economia italiana. Ma se i media fossero meno faziosi, si accorgerebbero che in questi anni di malcostume, nel centrodestra sono nati anche i "cento fiori" invocati da Mao. Non è vero che nella cultura d’area regni il deserto. Anche se i primi ad osteggiarla sono stati proprio alcuni esponenti del Pdl assurti ad assessorati senza essere all’altezza dell’incarico. Una cultura senza soldi, perché quelli venivano indirizzati alle organizzazioni di sinistra per ingraziarsele (con risultati disastrosi), ma che è cresciuta in vari ambiti, conquistando stima e considerazione nazionale ed internazionale. E da questi cento fiori è possibile ripartire. Magari iniziando con delle scuse sincere per gli errori commessi, cacciando i personaggi che hanno boicottato queste iniziative. E poi, dopo aver deciso chi siamo e dove vogliamo andare, utilizzando competenze e conoscenze per avviare un percorso diverso dal precedente. La nuova fase della politica del centrodestra non può più essere affidata all’incompetenza di amici degli amici. Se bisogna cancellare l’immagine del circo berlusconiano, dei nani e ballerine trasmigrati dal Psi a Forza Italia, delle candidature basate sulle cene e sui dopocena di classe, allora occorre cercare la qualità. D’altronde mancheranno le risorse economiche e diventeranno indispensabili le risorse di intelligenza, di capacità, di volontà. Solo in questo modo sarà possibile, ad una destra non moderata, andare a recuperare consensi tra chi si sta rivolgendo a Beppe Grillo per esprimere rabbia e disgusto. Il Movimento 5 stelle non ha un programma credibile, una destra che sappia risolvere il problema del "chi siamo" potrà avere un programma ed un progetto.

1 commento:

  1. il secolo d'italia e' lo specchio del ventennio berlusconiano...un trionfo del nulla. Parafrasando Nanni Moretti con questi non si va da nessuna parte

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