mercoledì 21 novembre 2012

Le Pussy ai lavori forzati: i media si indignano per il ricamo

Che rabbia, per i media italiani: le Pussy Riot, nel carcere russo, non vengono picchiate, torturate, minacciate. Ma Nicola Lombardozzi, su Repubblica, non demorde. E' vero che le foto ritraggono la pseudo cantante Nadia assolutamente serena, ben coperta, pulita. Ma chissà cosa c'è sotto. Chissà se avrà dovuto subire avances sessuali da parte delle sua compagne di prigionia. Oddio, i telefilm americani, quelli che esaltano la polizia locale, insistono sempre sulle violenze in carcere, utilizzate come minaccia proprio dagli agenti. Ma mica vorremo confondere uno stupro democratico con delle avances in un carcere putiniano. E poi, assicurano i media italiani, le Pussy sono costrette ai lavori forzati. Come quelli imposti nei democratici Stati Uniti, con tanto di catene ai piedi e pietre da spaccare? Beh, non proprio, la povera cantante è costretta a cimentarsi nel cucito e nel rammento. Potrebbe pungersi un dito. E l'Occidente non fa nulla? Non organizziamo una no fly zone? Chissenefrega dei morti a Gaza: la Pussy soffre, in attesa che l'orco Putin decida di graziarla. E poi, cos'avrà fatto di male? Lo spiega Lombardozzi: ha cantato "una canzoncina in cattedrale". Piccoli cantori puniti. Perché la blasfemia vale solo per le vignettine antislamiche, per i filmettini che sparlano di Maometto. In una cattedrale ortodossa la blasfemia si trasforma in canzoncina. quasi natalizia. D'altronde la Russia non sa comunicare, non ha idea di cosa siano i rapporti mediatici. Ed allora si può approfittarne, passando sopra la decenza ed il senso del ridicolo. Tutto fa, quando bisogna distruggere chi si oppone a Soros ed agli speculatori.

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