giovedì 28 marzo 2013

Evita, ay che vita. E che esempio per l'Italia

Metti una sera infrasettimanale, in un teatro periferico ma tutt'altro che piccolo. Metti un'artista molto brava ma assolutamente poco conosciuta. E metti che lo spettacolo faccia il tutto esaurito. A Torino, in una realtà dove la crisi è molto più drammatica di quanto venga scritto sui giornali. Eppure la gente è accorsa. Miracolo? No. Politica. Perché Sonia Belforte, italoargentina, ha realizzato e messo in scena "Evita, ay che vita", uno spettacolo recitato e cantato dedicato alla donna diventata un mito dell'intera America Latina. Di famiglia antiperonista, la Belforte. Eppure studiando ed approfondendo si è ritrovata ad appassionarsi a quella donna straordinaria che ha cambiato la storia dell'Argentina e non solo. Certo, le capacità dell'artista sono fondamentali nel successo di uno spettacolo. Ma è il tema che interessa, che comincia ad appassionare anche gli italiani. La gente vuol capire come si possa cambiare la società partendo dal basso, essendo povera tra i poveri. Con il coraggio, l'intelligenza, la forza di Evita. Vale per l'Argentina, per l'America Latina. Ma vale per l'Italia e per chiunque non si rassegni ad essere rovinato dai commessi degli speculatori. Evita da un lato, il grigiocrate Monti dall'altro. Evita e Peron, Monti e la Merkel. Una certa differenza. Di stile, di umanità, di onestà, di amore per il proprio popolo. La bravissima Belforte recita e canta, non propone un comizio. Ma anche così si fa politica. E qualche perfezionista potrebbe contestare la ricostruzione economica delle difficoltà incontrate da Evita e Juan Domingo. Ma è uno spettacolo, non un trattato di economia. E lo spettacolo va al cuore della gente. Il pubblico esce con la consapevolezza di aver conosciuto la storia di una grande donna. E non frega niente a nessuno se ha ragione il giudice Rosario Priore nel libro "Intrigo internazionale", quando sostiene che Evita avrebbe lavorato per i servizi segreti della Germania nazionalsocialista. Anche perché Evita e Peron si son conosciuti nel '44, a guerra ormai perduta. Quello che conta davvero, e Belforte lo ricorda, è che l'amore tra il generale e la ragazza povera era un'autentica passione. E che da quell'amore e da quell'unione di idee e di cuori è nata una rivoluzione sociale che dura ancora. Il peronismo è cambiato, sosteneva il solito sedicente esperto italiano riferendosi a Cristina Kirchner per dimostrare che Evita e Peron non contano più nulla. Al contrario, il peronismo è vivo proprio perché cambia per rispondere ai cambiamenti della società. Evita e Juan Domingo restano i simboli e gli ispiratori. E la Kirchner rappresenta la continuità nel cambiamento. Un'impresa non facile, quando si deve combattere contro gli squali del Fmi e l'aggressione costante degli Stati Uniti. Senza dimenticare il ruolo della chiesa che aveva contribuito, con i militari, ad abbattere Peron e che si era scontrata, con Bergoglio, anche con Cristina. Ma ora i due personaggi viventi più influenti del Paese latinoamericano sembrano aver raggiunto una tregua: Bergoglio non esiste più, ora c'é Papa Francesco. Ed a Buenos Aires è rimasta Cristina Fernandez Kirchner: peronista!

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