venerdì 26 aprile 2013

Travaglio indica le praterie per un'informazione alternativa che non c'è

Quando Caligola nominò(o minacciò di nominare, gli storici non concordano) senatore il proprio cavallo, gli altri membri del senato osarono protestare. Se oggi, in Italia, qualcuno avesse nominato ai vertici istituzionale un cavallo o magari un somaro, i giornali italiani avrebbero iniziato un barrage, curiosamente concorde, per spiegare che le istituzioni vanno rispettate ed un quadrupede è una scelta intelligente e lungimirante, in grado di unire il Paese e rispondere ai mercati. D'altronde ieri, a Servizio Pubblico, Marco Travaglio si è prodotto in una lunghissima citazione di commenti sulla rielezione della Cara Salma e sull'incarico alla famiglia Letta che spiegano in modo esemplare le ragioni della crisi del giornalismo. Ma così piace al potere, quel potere che appena insediato decide di utilizzare soldi pubblici per controllare i commenti sui social forum. Dimostrazione di cosa si intende per libertà di informazione e di giudizio. "Siete liberi di criticare, sia ben chiaro, purché le critiche siano entusiaste, encomiastiche, esaltanti. E se proprio non vi eccitate, siete liberi di tacere e di scomparire". Una situazione di questo tipo può indubbiamente servire a Berlu per garantire i suoi interessi personali, che nulla hanno a che fare con la politica. Scelta individuale sacrosanta, ma non si capisce perché tutti debbano trasformarla in un modo di operare. Per altri, invece, è puro servilismo congenito. Quello che - come ha correttamente evidenziato Giordano Bruno Guerri nei suoi libri - permea l'Italia dall'Impero Romano in poi, con rare e brevissime parentesi. In ogni caso, però, questi atteggiamenti dei media cartacei e televisivi offre unca chance, probabilmente irripetibile, a chi non voglia far parte di questa maggioranza asservita agli interessi della finanza internazionale ed ai problemi personali di qualcuno. Invece niente. Non ci sono imprenditori coraggiosi che vogliano rischiare qualche soldo per un'avventura editoriale in una prateria sempre più vasta di chi non sopporta più i media di servizio. Testate storiche come Il Secolo d'Italia hanno rinunciato al cartaceo per dedicarsi, con poche risorse, all'on line. Linea Quotidiano è sparito mentre altre testate sono rinate solo sul web ma con investimenti ridottissimi, che non permettono alcuna crescita. Tv? Neanche a parlarne. Eppure in molte regioni le emittenti private commerciali chiudono - sempre per mancanza di coraggio e di investimenti per acquistare idee che all'interno non ci sono - e potrebbero essere rilevate con pochi soldi. Macché. E le radio? Tra quelle tradizionali funziona solo quella vicina alla Lega, Radio Padania. Eppure le radio, dopo un periodo di appannamento, stanno tornando a crescere. E si stanno sviluppando anche quelle sul web. Ma bisogna crederci, potenziarle, investire. Invece i soldi dei finanziamenti pubblici e privati si è visto a cosa servono. Restano i blog, i siti, i web magazine. Intelligenza politica vorrebbe che ci fossero sinergie, forme di collaborazione. Per ridurre i costi, per migliorare l'offerta, per ampliare il pubblico. E ci sono casi virtuosi. Pochi. Mentre in genere prevale una concorrenza senza alcun senso. Un web magazine scova una notizia interessante? Gli altri riprendono la notizia ma si guardano bene dal rendere nota la fonte. Chiusi nel proprio orticello che ormai assomiglia più ad un angolo di balcone da condominio. Dove annaffiare la propria piantina nella convinzione che darà origine ad una foresta. Così le tv nazionali, le radio nazionali, i grandi giornali si trasformano in compagnie di giro dove gli ospiti son sempre gli stessi, sempre schierati, sempre sostenuti se presentano un disco, un libro, una ricerca. Mentre l'informazione "destrosa" evita gli ospiti per non far crescere potenziali concorrenti. Geniale.

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