giovedì 16 maggio 2013

Imprenditoria destrosa e vigliacca

Quando Torino era sottoposta al giogo dell'impero Agnelli, ed annegava nel grigiume imposto da corso Marconi, non mancavano gli imprenditori che assicuravano di voler investire per migliorare la città. Senza farlo mai. "Noi saremmo anche pronti a spendere tanto, ma come si fa? Se organizziamo qualcosa, se la finanziamo, se la sponsorizziamo, l'Avvocato si offende e ci fa una guerra mortale". Questo era il grande alibi. Ma Orfeo Pianelli, che arrivava da Mantova, investì molto e bene per potenziare il Toro e la squadra granata vinse lo scudetto. Tutti sanno perfettamente che Agnelli avrebbe rinunciato ad una legione delle sue amanti per evitare una simile onta, ma Pianelli continuò a vivere e lavorare a Torino. E il conte Rossi di Montelera, in un ultimo sussulto nobiliare prima di cedere la Martini & Rossi ai dollari cubano-americani, sponsorizzò adeguatamente la squadra di basket cittadina. Senza incorrere in ritorsioni da parte della Fiat. Alibi, appunto. Come quelli messi in campo dai non pochi imprenditori e pure finanzieri che assicurano di gravitare sul centrodestra e persino a destra. "Noi investiremmo anche, mica siamo taccagni. Ma poi rischiamo di finire come Berlusconi, sotto attacco delle toghe rosse. E sotto attacco di giornali come Repubblica, Stampa, Corriere. Andate avanti voi, noi vi sosteniamo moralmente". Certo, come spiegava Manzoni, uno il coraggio non se lo può dare, se proprio non ce l'ha. E gli imprenditori eroici non abbondano nella storia italiana. Molto attenti al particulare, al proprio portafoglio, convinti che a dar ragione ai potenti ci sia sempre da guadagnare. Liberissimi di pensarlo e di agire di conseguenza. Ma è assurdo che, dopo, vadano a piangere quando si accorgono di non aver leccato a sufficienza e che i potenti di turno hanno premiato altri. Eppure, se con l'analfabetismo di ritorno ignorano Manzoni, potrebbero ricordarsi gli avvertimenti della nonna: "chi pecora si fa, il lupo se la mangia". Invece niente. Pronti ad invidiare, ed a criticare, il compagno Oscar Farinetti (il patron di Eataly) perché appoggia Renzi e finanzia le inziative di Baricco. "Ah, lo faremmo anche noi, ma poi chissà cosa ci fanno i magistrati ed i giornalisti comunisti". Già, cosa fanno? Nulla, nella stragrande maggioranza dei casi. Ma è più facile nascondersi dietro alibi, paure, scuse. C'è da comprare l'ultima barca e trasferirla in un porto francese, mica ci si può occupare di sostenere un politico o uno scrittore. Già, al Salone del Libro di Torino il premio Acqui Storia è presente, nonostante gli attacchi dei giornali locali e nazionali. Non è stato aggredito il factotum del premio, Sburlati, anche se Acqui è diventata un'oasi di libertà intellettuale. E Giordano Bruno Guerri al Vittoriale? Celebra D'Annunzio e le toghe rosse manco lo arrestano. Dunque, per chi parla e scappa, si tratta solo di vigliaccheria, di taccagneria, di miseria umana. Gente che sogna Mussolini, ma poi non investe neppure per far nascere Il Popolo d'Italia. Ed allora questa gente può tranquillamente continuare a spendere per le proprie mantenute, può andare con barche che battono bandiere esotiche, può far tutto ciò che vuole. Ma abbia la dignità di tacere. Di non protestare, di non lamentarsi, di non insistere con "io farei, ma non mi lasciano fare". Basta, solo silenzio. Se un uomo non è disposto a lottare per le sue idee, o non valgono nulla le sue idee o non vale nulla lui. Ecco, le idee le abbiamo noi, il nulla sono loro.

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