giovedì 18 luglio 2013

Ed ora tocca all'Ungheria: colpevole di tutelare l'architettura

Evviva! Abbiamo un nuovo nemico: l'Ungheria. Oddio, i media italiani l'avevano già posta sotto attacco quando il governo di Budapest aveva deciso di difendere i propri cittadini e aveva anche provato a tenere sotto il proprio controllo la Banca centrale. Poi, però, l'informazione controllata da Elkann-De Benedetti-Murdoch, con l'allineamento penoso di Mediaset, aveva virato contro la Russia, il Kazakhstan, la Turchia, il Turkmenistan (è sfuggito l'attacco sferrato ieri dalla Rai?), l'Argentina, persino il Brasile della compagna presidente. Ma ora Budapest torna sotto tiro. Mica si possono sfasciare le palle all'Italia intera per tutta l'estate con la vicenda di un oligarca ladro. E cos'ha fatto di tanto grave il governo Orban per meritare una pagina e mezzo di attacco da parte de La Stampa? Ha deciso di spostare la statua di un poeta ungherese. Per motivi di censura postuma, visto che si tratta di un poeta morto nel 1937? Macché, per motivi molto più gravi, come spiega il quotidiano degli Elkann: "per ripristinare l'assetto fascista della piazza". Testuale. E la banda degli Elkann, quella che non muove un dito di fronte agli scempi architettonici che caratterizzano l'Italia, la banda che esalta come un capolavoro il mega parallelepipedo che Intesa Sanpaolo sta realizzando a Torino spacciandolo come un capolavoro di grattacielo, la banda che non ha mosso un dito di fronte a demolizioni di palazzi d'epoca, di esempi di architettura industriale, questa banda si schiera per evitare che una piazza sia riportata al suo assetto originario. A Budapest, mica a Torino. D'altronde è stata proprio la Fiat, con l'immigrazione di massa, a determinare la rovina dell'architettura subalpina, grazie ad immondi palazzoni in stile Pci-Dc che hanno preso il posto di palazzi ottocenteschi o della tanto odiata architettura razionalista, in quanto arte fascista. Le oscene periferie sono merito loro. Ed i nuovi quartieri, che crescono con il plauso del quotidiano elkanniano, sono di una banalità asoluta, identici a quelli che sorgono in qualsiasi città sfigata in ogni angolo del mondo che rifugge dalla bellezza. Ma è lo stesso quotidiano che ha difeso gli alberi di Istanbul e non difende gli alberi torinesi destinati a far posto ad un inutile parcheggio tanto desiderato dai soliti costruttori-amici. Ed allora dichiariamo guerra a Budapest, per impedire che loro rispettino le loro architetture, i loro paesaggi. Se vogliono spostare la statua del poeta comunista (guarda la combinazione), per lo meno costruiscano una palazzina banale per ospitare gli zingari. Ma ripristinare l'assetto fascista, questo mai!

1 commento:

  1. e si perchè le città vanno costruire per alienare non per educare i cittadini...

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