martedì 31 dicembre 2013

Buon anno a tutti, tranne che ad una..

Buon anno a tutti. Buon anno a Saccomanni, che continua a vedere la luce in fondo al tunnel e non si capisce se abbia bisogno di un oculista, di uno psicologo o di un sacerdote per confessare di essere un bugiardo. Buon anno a Letta che, da cattolico, ha sicuramente bisogno di confessarsi dopo aver mentito sulla riduzione delle tasse pagate dagli italiani. Buon anno a Boldrini, con i canali lacrimali interrotti quando si tratta di occuparsi degli italiani che continuano ad uccidersi dandosi fuoco od impiccandosi perché han perso il lavoro o perché sono perseguitati da Equitalia. E buon anno pure alla Boldrini che lacrima se un clandestino, arrestato per spaccio o per rapina, è triste per essere rinchiuso in un centro apposito. Buon anno a Kyenge, il più inutile ministro della storia italiana. Incapace persino, da ex congolese, di risolvere in tempi rapidi i problemi degli italiani bloccati in Congo mentre cercavano di adottare, del tutto legalmente, gli orfani locali. Buon anno a Bonino, il ministro che è riuscito a far liberare dal Kazakhstan la moglie di un oligarca incarcerato dalla Francia (ora Bonino è pronta a litigare con Hollande) ma totalmente incapace di risolvere la vicenda dei marò in India. Buon anno a Bonino che ci farà spendere - tanto mica paga lei - un sacco di soldi in più per il rimpatrio del contingente italiano in Afganistan che doveva passare proprio attraverso il Kazakhstan. Buon anno ad Alfano, sperando che scopra di essere un essere vivente e non un ectoplasma. E buon anno a De Girolamo, ministro in quanto membro della banda Vedrò, con l'augurio (per noi) che la sua incapacità come ministro non porti alla totale distruzione della nostra agricoltura. Buon anno a Renzi, se il suo padrone Serra gli consentirà di festeggiarlo da ometto cresciuto e non da burattino della finanza. Buon anno pure a Grillo, sperando che il 2014 gli consenta di scegliere truppe meno disastrose da mandare in Europa. E buon anno a Salvini, alle prese con un compito gigantesco di restituire un senso ed un ruolo alla Lega, in Italia e pure in Europa, attraverso alleanze giuste ma anche con una comunicazione meno disastrosa. Buon anno a Meloni, purché si ricordi che una destra sociale non è proprio identica a quella vagheggiata da Crosetto e Ghiglia ma può contare su giovani esponenti meno Tavmaniaci. Buon anno a Pittella, eletto presidente della Basilicata e che ha scelto asessori rigorosamente non lucani, convinto che l'Europa dei tecnocialtroni non possa tollerare amministratori legati al territorio. Buon anno pure a Vendola, troppo amico di chi avvelena i lavoratori, anche se assicura di aver agito per difendere l'occupazione. Buon anno a tutti. No, a quasi tutti. Ad Elsa Fornero no. I suicidi di chi ha perso il lavoro, con la consapevolezza di non poterlo mai più trovare, non sono uno scherzo. Le decine e decine di morti per disperazione economica non possono e non devono essere dimenticate e, tantomeno, perdonate.

lunedì 30 dicembre 2013

L'Italia è peggio persino di quest'Europa

Via dall'euro, via dall'Europa! Pare ormai uno slogan totalmente condiviso in tutte le destre italiane, da quelle ufficiali e residuali a quelle marginali e in cerca di autore. Lo schifo provocato da Bruxelles e dai suoi euroidioti è evidente e cresce di giorno in giorno. L'euro è una moneta che strangola l'Italia, gli euroburocrati sono dei cialtroni che ci costringono ad un futuro da schiavi. Tutto vero. Poi arriva il "guru everblack", come lo definirebbe Repubblica, Gabriele Adinolfi e scompagina le certezze con un elogio dell'Europa ed una difesa dell'euro. E subito scoppiano le polemiche. Anche perché, in genere, si tende a non leggere i ragionamenti ma solo i titoli e, quando va bene, le conclusioni. Non c'è alcun dubbio, neppure per Adinolfi, che questa Europa, così come funziona (come non funziona!), faccia schifo. Ma quando le destre italiane, Lega compresa, propongono l'uscita dal sistema infernale, dimenticano alcune cose non da poco. Dimenticano, ad esempio, che il problema principale non è rappresentato dagli eurocialtroni di Bruxelles, ma dai politici inetti o venduti che siedono a Roma e al vertice di molte Regioni. Se prima non si cambiano gli italocialtroni, uscire dall'Europa non serve a nulla se non a peggiorare la situazione. Il prode Letta andrebbe direttamente a prendere ordini a Londra, a Washington, a Berlino. Con un salto anche a Francoforte. In attesa che l'indipendente Renzi prenda il comando e vada a prendere ordini dal suo guru, il finanziere Serra, posizionato ovviamente all'estero. Sarebbe davvero un miglioramento? Ed il ritorno alla lira? Certo che si potrebbe fare, contrariamente a quanto sostengono i difensori dell'euro ad ogni costo. E si potrebbe persino mettere in conto una pesante svalutazione. Del 20, del 30%? Favorirebbe le esportazioni, indubbiamente. Ma a che prezzo acquisteremmo gas e petrolio? E le materie prime che ci servono per realizzare i prodotti finiti? Non bisogna dimenticare che le aziende italiane che vivono prevalentemente di export sono una sparuta minoranza. Quanto agli interessi sul debito, aumenterebbero in proporzione alla svalutazione. Esiste l'alternativa, cioé la rinegoziazione del debito. Ma solo un imbecille potrebbe affidarla a Renzi o alla Banda Vedrò. Senza scordare chi sono stati, nel centrodestra, i responsabili della firma di quel patto criminale europeo che, dal 2015, imporrà all'Italia di pagare 40-50 miliardi di euro all'anno. Il problema, dunque, non è l'Europa. Ma i servi che vengono eletti dagli italiani. Che se votano Letta, si meritano Letta. Se votano Alfano, si meritano Alfano. Mentre l'Europa, proprio in questo periodo, dimostra di essere molto migliore dell'Italia. Le percentuali di voto attribuite dai sondaggi a movimenti popolari e populisti dalla Francia alla Grecia, dall'Ungheria alla Scandinavia, evidenziano come siano altri popoli europei a garantire una sfida all'Europa dei banchieri e degli speculatori. Mentre gli italiani sono impegnati a credere alle menzogne mensili di un governo che proclama la fine della crisi mentre anche i consumi di Natale son crollati e le previsioni dell'Unione industriale di Torino indicano che il primo trimestre 2014 vedrà un ulteriore peggioramento, pure sul fronte dell'export. Reazioni del coraggioso popolo italiano? Nessuna. Troppo impegnati a disquisire sulla neve adatta per il fuoripista. Ed allora, forse, è meglio guardare ancora all'Europa, a quell'Europa di popoli meno vigliacchi, meno zerbinati, meno abituati ad essere servi muti di qualsiasi potere. A quell'Europa che spegnerebbe i televisori di fronte alla propsettiva di sentirsi i discorsi indegni di un presidente che si crede imperatore. A quell'Europa che impone leggi per contrastare l'immigrazione clandestina. A quell'Europa che protegge i propri figli in giro per il mondo invece di tutelare i figli degli altri che piombano da queste parti. Un'Europa mille volte migliore di questa Italia targata Alfetta, in attesa di Renzi e con Dudu che si trasforma in testimonial politico

lunedì 23 dicembre 2013

Il Papa si occupa d'Italia, il governo italiano di Africa

Arriva Natale ed il Papa benedice i "forconi". La politica italiana, al di qua del Tevere, invece procede su altre strade e continua ad ignorare i problemi del Paese. La maggioranza tenta, in ogni modo, di far passare provvedimenti criminali, come l'obbligo di concedere aperture di sale giochi con macchinette mangiasoldi in ogni Comune. O come i provvedimenti per salvare gli affitti pubblici d'oro a spese nostre. E quando vengono beccati con le mani nella marmellata, si difendono sostenendo che non se n'erano accorti. Avevano votato senza leggere, non sapevano, erano provvedimenti a loro insaputa. Colpa dei lobbisti, evidentemente. Che, in alcuni settori, assomigliano tanto ad emissari delle mafie, ma non bisogna dirlo. Solo errori involontari. Come sbagliare un rigore a porta vuota. Tanto ci sono i media a salvare tutto e tutti. A dedicare pagine e pagine sulla comodità dei clandestini per ignorare che in Lucania un giovane disoccupato italiano si è dato fuoco per disperazione. E Boldrini si indigna per le "parolacce" dei grillini, piange perché nei centri di accoglienza le tv non sono avveniristiche. E non dice una parola sui suicidi italiani. Ma qualcuno glielo spiegherà, prima o poi, che è la presidente della Camera in Italia e non più la signora foraggiata dalle Nazioni Unite? Non capirà mai che deve occuparsi degli italiani, quelli che la mantengono pagando le tasse? Che mantengono lei come i ministri ed i parlamentari che scelgono di occuparsi solo di clandestini? Ma i media si entusiasmano anche per la cancellazione delle Province. Che costano un'infinità in meno rispetto alle Regioni, dunque le Regioni si conservano nel tripudio collettivo. Intanto, nel silenzio dei media, pare che qualcosa si muova anche nella politica. Con la rincorsa ad accasarsi con le forze populiste europee. Quelle sane ed anche quelle meno sane perché politicamente meno scorrette. D'altronde se non si è capaci di arrangiarsi da soli, meglio copiare, meglio affidarsi a chi, in Europa, sa ancora far politica ed ha ritrovato l'entusiasmo. Tanto il problema si riproporrà tra pochi mesi, quando vertici incapaci prepareranno le liste per le elezioni europee, proponendo improponibili. Ma il silenzio è anche quello di Berlu. Ignorato ormai da tutti, tranne che da pochi media che devono riempire le pagine evitando di raccontare il disastro del popolo italiano. Parla solo Brunetta, che assomiglia sempre di più a Crozza quando imita il forzitaliota. E dice, a volte, anche cose sagge, il Brunetta originale. Ma con la spocchia, l'arroganza che rende fastidiose anche le dichiarazioni più sacrosante. Ma mandare a scuola di comportamento e di comunicazione questi signori pare un'impresa impossibile.

venerdì 20 dicembre 2013

Roberto, suicida per sfratto nella Torino solidale di Fassino

Roberto aveva 50 anni, disoccupato dopo una vita di lavoro. Si è impiccato a Torino, nella "Torino solidale" del compagno sindaco Fassino. Si è impiccato quando gli è arrivato lo sfratto. Ma sulla prima pagina del quotidiano locale, noto come "la Busiarda", non troverete una foto di Roberto. La notizia è all'interno, nelle pagine locali. In prima pagina il quotidiano mette le foto dei clandestini sottoposti ad un intervento contro la scabbia. Quelle sono le immagini che indignano Boldrini, che fanno sobbalzare la Cara Salma. Chissenefrega se un italiano disoccupato si ammazza perché non sa più come tirare avanti. Mica si preoccupano all'Onu o all'Unione europea. Gli italiani possono crepare, per strada e senza mangiare. Ed i piagnucolatori a senso unico? Quelli che si indignano per un coro allo stadio contro un giocatore di pelle scura, dove sono adesso? Dove sono quelli che, con i nostri soldi, costruiscono abitazioni per gli zingari ma non per gli italiani alla disperazione? Dove sono, nella Torino solidale, quelli che vogliono dare la residenza ai clandestini, con punti in omaggio per scavalcare gli italiani nelle graduatorie per gli alloggi? Non ci sono. Loro piangono solo se un clandestino - curato, nutrito, mantenuto con i nostri soldi - si lamenta per la mancanza di un televisore al plasma con parabolica per vedere i programmi di casa sua. Oppure se sta allo stretto nei centri di accoglienza devastati da altri clandestini arrivati in precedenza. Hotel a 5 stelle e speriamo che bastino, che non offendano i nuovi arrivati. Roberto, invece, non aveva diritti. Solo il dovere di pagare, tutto e subito, come ha spiegato bene il ministro Del Rio. Gli italiani, poveri o ricchi, devono pagare le tasse. Per garantire il mega stipendio di Befera e per garantire un sontuoso mantenimento ai clandestini. E se non ce la fanno, gli italiani, possono pure impiccarsi. La casa dove vivevano potrà essere assegnata ad un clandestino. Come le case di tutti i suicidi che non ce la fanno. Vittime di una criminale politica del lavoro che è solo politica della disoccupazione. Vittime di una politica fiscale criminale e che impedisce lo sviluppo. Vittime di un governo Alfetta che guarda solo ai conti e non alla vita reale, ma che poi cerca di far passare una criminale legge a favore dei gestori di macchinette mangiasoldi. Che provocano altra povertà, altra disperazione, altri omicidi e suicidi. Ma alla Banda Vedrò che compone il governo interessa solo che i signori delle macchinette si arricchiscano. E loro, i signori delle macchinette, pagheranno solo una briciola dell'enorme importo dovuto al fisco. Per loro Equitalia non esiste. Ma esiste, con rigore assoluto, per tutti i Roberto alla disperazione.

giovedì 19 dicembre 2013

Sette italiani su 10 con i forconi: Letta se ne frega

Ed ora l'inutile Letta bacchetta anche Squinzi, presidente di Confindustria. Reo di aver ammesso che gli italiani sono esasperati da una situazione economica gravissima e senza prospettive. Dunque, anche per Squinzi, diventa comprensibile che - stanchi di subire passivamente - gli italiani comincino ad arrabbiarsi e scendano in piazza. Per Letta, invece, non si può. Perché lui ha annunciato al mondo che la crisi italiana è finita. Che la ripresa è in atto. Non se ne sono accorti i troppi morti per disperazione economica, i suicidati da Equitalia. Nascosti dai giornali di servizio, ma ben presenti nel dolore di chi era loro vicino. Non se ne sono accorti, della ripresa, gli italiani che non acquistano più le auto, che non affollano i negozi neppure per Natale. Ma Letta assicura e Saccomanni ribadisce. L'importante è non dar retta al popolo. Non dar retta all'Istat. Non dar retta a nessuno se non ai banchieri ed agli speculatori. Tanto c'è sempre la copertura della Cara Salma, c'è sempre il sostegno dei media zerbinati. Le tasse? Un'invenzione dei forconi. La povertà? Un errore delle statistiche. La rabbia? Una ingiustificata ed ingiustificabile provocazione. Loro, la casta che esprime ministri-geni come quelli della banda Vedrò, proseguono sulla loro strada di sacrifici per gli altri. Di stangate nascoste da sigle cangianti. E fanno finta di niente di fronte all'ultimo sondaggio commissionato da uno dei giornali di servizio. Un sondaggio che avrebbe dovuto evidenziare l'insofferenza degli italiani di fronte alle manifestazioni del movimento del 9 dicembre. D'altronde il governo Alfetta aveva schierato l'Anpi, aveva mandato in piazza i sindacati di comodo per dimostrare che l'Italia vera era contro la protesta dei forconi. E invece è arrivata l'amara sorpresa: nonostante i disagi, il blocco del traffico, i ritardi accumulati, il 70% degli italiani condivide le ragioni della protesta. Un dato preoccupante per la casta, se fossimo in una democrazia. Sette italiani su 10 non credono alle menzogne di Alfetta, sette italiani su 10 hanno paura del domani grazie alle politiche disastrose di questa banda di incapaci. Ma siamo in Italia, e sette italiani su 10 non contano assolutamente nulla.

mercoledì 18 dicembre 2013

La sinistra per il Piano Morghentau e la distruzione dell'Italia

Aveva cominciato l'Anpi, portando in piazza, a Torino, meno di 50 persone per protestare contro la protesta del 9 dicembre. Ma ora si replica in tutta Italia. La sinistra si schiera: dalla parte del governo Alfetta, dalla parte dei finanzieri come Serra che guidano Renzi, dalla parte di Equitalia che lo scorso anno ha pignorato 40mila case agli italiani, dalla parte delle tasse, dalla parte dei sussidi agli immigrati e non agli italiani. Ciascuno, ovviamente, è libero di sostenere ciò che vuole, di scegliersi come padroni i peggiori speculatori svizzeri, tedeschi, ignlesi o americani. Basta essere chiari. Così come è stato chiarissimo, questa mattina, il conduttore del soviet di Rai News, quando ha spiegato che bisogna tutelare la dignità di clandestini e criminali, ma senza spendere una parola per la dignità degli italiani sfrattati, delle anziane italiane costrette a raccattare gli avanzi nei mercati. Loro, per il soviet di Rai News e per i compagni che scendono in piazza, non hanno diritto alla dignità. Non hanno diritti e basta. Solo il dovere di pagare Equitalia e di mantenere l'orrendo governo Alfetta. D'altronde un simile piano di annientamento non rappresenta certo una novità. Distruzione dello spirito delle Forze Armate (la squallida vicenda dei marò va in questa direzione), divisione del Paese consegnando le aree industriali più forti (cedere le infrastrutture alle multinazionali aiuta), trasferire all'estero i macchinari delle industrie, impedire alle aree deindustrializzate di ricreare un settore manifatturiero, saccheggiare le risorse economiche e finanziarie, costringere i lavoratori (quelli migliori) a lavorare per aziende straniere o a trasferirsi direttamente all'estero, obbligare la popolazione ad una mescolanza con altre etnie. Il piano Alfetta? No, era il Piano Morghentau per la Germania, presentato nel 1944 dal segretario al Tesoro degli Stati Uniti, approvato da Roosvelt e poi da Churchill. L'obiettivo, messo per iscritto da questi cialtroni (dunque nessuna dietrologia, nessun complottismo, ma documenti ufficiali), era di trasformare la Germania in un Paese "a vocazione soprattutto agricola e pastorale". La guerra fredda ed il cambiamento dei rapporti tra Occidente ed Urss salvò la Germania dal genocidio. Ma oggi il piano torna d'attualità per l'Italia, grazie alla Banda Vedrò che compone il governo Alfetta. Manca l'aspetto pastorale, ma l'Italia deve essere trasformata in un Paese a vocazione agricola e turistica. Peccato che il territorio non consenta più neppure l'autosufficienza agroalimentare. Peccato che il turismo perda posizioni grazie alla mancanza di investimenti e di turisti. Ma lo smantellamento delle industrie è in atto, i privilegi per le altre etnie, a danno degli italiani, sono un'abitudine consolidata, l'emigrazione dei cervelli è quotidiana. Per tutto questo scende in piazza la sinistra. Non per contrastare questo programma di distruzione dell'Italia, ma per sostenerlo. Ciascuno faccia la sua scelta di campo.

martedì 17 dicembre 2013

Il cuore oltre le stelle delle destre a Milano

Hanno lanciato "il cuore oltre le stelle" i mille che, ieri sera, hanno occupato la sala milanese per celebrare gli Amici del Vento a 30 anni dalla scomparsa di Carlo Venturino. Ed altre migliaia erano in collegamento in diretta streaming. Un appuntamento musicale? Certo, ma non solo. Soprattutto un appuntamento politico. Non a caso i cerebrolesi del politicamente corretto avrebbero voluto impedire l'incontro. Non a caso i vertici dei microraggruppamenti della destra hanno disertato la sala milanese. Perché i mille presenti e le migliaia in ascolto hanno dato quella dimostrazione politica che i microcefali non riescono a dare. Quanti partiti si spartiscono il voto di chi ha ascoltato i 14 gruppi che cantavano i brani degli Amici del Vento? 5? 10? E quanti non votano più? Eppure erano tutti insieme, cantando insieme contro chi ha tradito, contro chi, a Roma, litiga solo per spartirsi la grande torta del patrimonio di Alleanza Nazionale. Gli ex ragazzi delle destre, quegli ex ragazzi che hanno lottato, sofferto, che hanno creato famiglie (magari più di una, perché è meglio abbondare), che hanno lavorato senza appoggi politici, che hanno dimostrato di avere cuore, cervello e dignità, erano a Milano o davanti ad uno schermo. Gli altri litigavano per conquistare il diritto al simbolo di un partito morto e sepolto. Gli ex ragazzi si abbracciavano nonostante dissapori famigliari, nonostante assenze troppo lunghe. Si ritrovavano dopo 10 anni ed era come se si fossero lasciati la sera prima. Si abbracciavano ed abbracciavano i ragazzi di oggi. Magari chi aveva amato le canzoni dei Venturino rimaneva spiazzato di fronte alle interpretazioni delle canzoni in chiave skin o rock. Ma andava bene così. Ed i rockettari fingevano di non annoiarsi ascoltando le versioni tradizionali. E se l'organizzatore si dilungava troppo non aveva importanza. E se il "Pippobaudo" delle destre ricompariva dopo troppo tempo, andava bene lo stesso. Qualcuno stonava? Manco un fischio, non si era lì per questo. Anzi, il problema nasceva ascoltando altri più bravi. Vertici meno microcefali si sarebbero accorti, negli anni di governo, che certi cantanti, certi gruppi, avrebbero potuto tranquillamente calcare le scene della Rai e di Mediaset. Tra la Compagnia dell'Anello ed alcuni dei pompatissimi eroi di Amici, la qualità è dalla parte del gruppo veneto. Tra Fabrizio Marzi ed alcuni dei penosi vincitori di XFactor, vince il cantante piacentino. E Skoll avrebbe avuto diritto a palcoscenici ben più vasti. Invece niente. Meglio litigare sulla proprietà di un simbolo e sulle ricchezze da spartirsi. Nella convinzione, errata, che basti poi presentarsi ad un'elezione qualunque per ritrovare le truppe. Peccato che i mille non siano una truppa. Ma siano persone pensanti. Che sanno stare insieme e cantare insieme anche quando non condividono il testo di una canzone. Ma che non si fanno più fregare dalle buffonate di chi indice concorsi per investire una piccola parte del tesoro di An e poi, invece di premiare i progetti politicamente intelligenti ed utili, spartisce i fondi tra i soliti amici degli amici. Ed allora è giusto che i microcefali non fossero presenti tra chi lanciava, ieri come sempre, il cuore oltre le stelle.

lunedì 16 dicembre 2013

Alla Lega non basta Salvini per comunicare

Gianna Gancia, leghista, non è proprio una nuova arrivata nel mondo della politica. Compagna di Calderoli, presidente (non proprio entusiasmante) della Provincia di Cuneo, qualcosa dovrebbe aver capito. Perlomeno del suo movimento. Invece, intervistata dalla Rai al congresso del Lingotto della Lega, spiega che il movimento dovrà interrogarsi per capire come mai l'informazione penalizza i leghisti. Ma dai? La presidente ha improvvisamente scoperto l'informazione? E ha pure bisogno di interrogarsi? C'era una volta un programma televisivo, "Non è mai troppo tardi". Pare fatto apposta per lei. E questo sarebbe il meno. Perché molti suoi colleghi non si sono neppure accorti che dovrebbero porsi delle domande. E, possibilmente, arrivare ad una risposta. Mica difficile, se solo si prova a collegare il cervello. Quali sono stati gli investimenti della Lega in informazione, comunicazione, marketing? Anche tralasciando la vicenda dei Belsito di turno, i soldi sono stati sprecati per anni ed anni. Quali sono stati i giornalisti di riferimento inseriti nelle strutture Rai quando la Lega aveva potere e stava al governo? Quali sono stati i giornalisti inseriti nelle strutture Mediaset quando si trattava l'alleanza con Berlu? Certo, c'è il quotidiano La Padania. E la Lega ci crede così tanto da voler lasciare a casa un po' di giornalisti. Ecco, anche qui ci sono le risposte alle interrogazioni di Gancia. E la Radio che non viene rafforzata? Per non parlare della tragicomica vicenda di Telepadania. Già, pochi soldi per la controinformazione giornalistica. Perché si puntava sui manifesti, sugli slogan. Un manifesto azzeccato ogni 10, quando andava bene. La gallina dalle uova d'oro, la riserva pellerossa. Poco più. Investire qualcosa in più su questo settore? Investire meglio? Macché. Meglio sprecare i soldi e sperare che Repubblica, La Stampa o il Corriere si appassionino al verbo leghista. Anche la vicenda dei rimborsi ai consiglieri è stata gestita nel peggiore dei modi. Sarà anche vero che la magistratura è strabica. Sarà anche vero che, con la retroattività a piacere, si accusano ora i consiglieri di comportamenti che prima erano o parevano legittimi. Il problema della legittimità riguarda i magistrati ed i giornalisti loro amici. Ma l'opportunità riguarda i cittadini e gli elettori. Non importa se acquistare, con soldi dei rimborsi pubblici, campanacci per le vacche, con simbolo del Piemonte, da regalare agli allevatori sia legittimo o meno: è un gesto politico di attenzione verso gli allevatori. Non importa se acquistare mutandine sexi sia legittimo o meno: non è un atto politico ma un favore personale a se stessi o alle proprie amiche. Non importa se acquistare, sempre con i soldi della politica, il regalo di nozze per il collega di un altro partito sia legittimo o meno: è una stronzata oltre che una dimostrazione di taccagneria individuale. Questo dovrebbe provare a capire Gancia, per spiegarlo ai suoi colleghi che non si interrogano su nulla. Esistono corsi di politica, in giro per l'Italia. Potrebbe frequentare quelli organizzati da Polaris, per darsi delle risposte. O visto che ora la Lega, grazie ai rapporti creati in Europa da Borghezio, si allea con altri movimenti populisti, Gancia ed i suoi potrebbero frequentare i corsi di geopolitica del Nodo di Gordio (si svolgono al Nord, è pure più facile). Ma non lo faranno. Forse basterà affidare la comunicazione, agli alleati francesi o del Belgio, olandesi o di qualunque altro Paese dove l'informazione è considerata strategica. Non basta togliersi la giacca e la cravatta, come ha fatto Matteo (Salvini, non il Pinocchio del Pd), serve preparazione, occorre studiare. E si vedranno risultati meno modesti di quelli attuali.

venerdì 13 dicembre 2013

C'è la Rivoluzione e non ho nulla da mettermi

C'è la rivoluzione e non ho nulla da mettermi. Era anche il titolo di una gustosa serie di vignette che ironizzavano sulle false propensioni rivoluzionarie di un'alta borghesia radical chic, soprattutto milanese. Ma ora la Rivoluzione, con la R maiuscola, la minaccia Berlu qualora i giudici italiani arrivassero allo sfregio finale e lo arrestassero. Beh, è facile immaginare le folle di inferociti esponenti del terzo stato belusconiano in marcia contro la Bastiglia dove sono asserragliati i magistrati, contro Versailles dove riposa le sue stanche membra l'Imperatore Cara Salma. Va bene che in un'Italia caratterizzata dall'analfabetismo di ritorno (e spesso pure di andata) le parole hanno significati cangianti. Ma una rivoluzione è sempre una rivoluzione. E tenendo conto che il Potere, qualunque potere, si fa le leggi che lo tutelino, che lo proteggano, ed usa la forza pubblica per applicare queste leggi, è evidente che una rivoluzione dovrebbe violare proprio queste leggi. Dovrebbe essere illegale. Peccato che, ibernati dalla paura, i forzitalioti abbiano scaricato persino la protesta del 9 dicembre. Oddio, i Forconi! E la gente ibernata dovrebbe fare la Rivoluzione? Chi scenderà in piazza per difendere i diritti calpestati di Berlu? I sobri protagonisti di "Uomini e donne", guidati da Maria De Filippi? I piagnucolanti eroi di "Amici"? Le truppe scelte di Piersilvio difficilmente spaventerebbero il Potere. Difficilmente passerebbero dalle aggressioni verbali contro i rivali televisivi allo scontro con le manganellate dei poliziotti. Marceranno sul Palazzo d'Inverno le truppe di pensionati cammellati che riempiono i palazzetti in occasione dei comizi? O la battaglia sarà guidata, in tacchi a spillo, da Santanché e Carfagna che sono davvero due con le "palle", ma sono drammaticamente sole? La Rivoluzione non si fa in tacchi a spillo. Non si fa scendendo da vetture con autista e tornando in villa dopo le manifestazioni. In piazza va la gente arrabbiata, quella che non può permettersi né autista né vettura. Quella che puzza di povertà e non olezza di Chanel. Ma quella gente ha spaventato gli aspiranti rivoluzionari. Pronti a ribadire, in ogni occasione, che la legalità viene prima di tutto. Che le violenze sono da condannare in ogni caso. Che la Rivoluzione va bene, ma non il sabato pomeriggio durante le ore di shopping. Che le manifestazioni non devono creare disagi ai pendolari, agli automobilisti, alle massaie, ai professori di scuola etc etc. Se Robespierre si fosse attenuto a queste piccole regole di grande buonsenso, chissà che Rivoluzione meravigliosa. La Bastiglia si sarebbe arresa di fronte alle argomentazioni dei rivoltosi, magari messe in rima dal Bondi di allora. Ed il Re Luigi avrebbe cinto la testa di Robespierre con la propria corona, spontaneamente. Certo, la storia non è argomento da trattare sulle reti di Piersilvio, forse fa male alla salute. Ma un ripassino ogni tanto, anche solo sul Bignami, non farebbe male prima di millantare Rivoluzioni senza rivoluzionari.

giovedì 12 dicembre 2013

Cavalcare la tigre? Meglio farsi rosicchiare dai ratti

Cavalcare la tigre o farsi divorare, un pezzetto al giorno, dagli euroratti delle eurofogne? Un dilemma per pochi, in fondo. Per le minoranze, secondo il governo Alfetta che fa parte dei ratti divoratori. Ma anche le minoranze sembrano incapaci di cavalcare quello che è, in realtà, solo un cucciolo di tigre. E che avrebbe bisogno di essere cavalcato e guidato, in modo da crescere e diventare una tigre vera. In Italia? Neanche a parlarne. Meglio continuare con i giochini, con le schermaglie, con i toni bassi ed i passi indietro. Nella convinzione, quanto mai errata, che con i piccoli passi indietro si riesca ad andare avanti. La dimostrazione arriva dalla vicenda De Benedetti-Berlusconi. Dopo aver ottenuto mezzo miliardo di euro grazie alle sentenze della magistratura, il finanziere vuole altri 90 milioni dalla Fininvest per i danni morali, annessi e connessi. Sempre in relazione alla vicenda Mondadori. Oddio, se l'Italia avesse una giustizia credibile, l'iniziativa di De Benedetti potrebbe essere una grande idea. Decine di migliaia di lavoratori Olivetti rimasti a casa grazie alle strategie industriali di De Benedetti potrebbero essere risarciti per i danni morali e lo stress infinitamente superiore a quello eventualmente subito dal finanziere. E decine di migliaia di lavoratori potrebbero fare altrettanto con la Fiat e con tutte le aziende che hanno preferito delocalizzare. Ma la giustizia italiana è quella che è. Pronta ad attaccare la libertà di stampa perché una giornalista di Panorama, Annalisa Chirico, ha avuto l'ardire di intervistare Luttwak che critica il Pm Woodcock. Ma come si è permessa? Crede che in Italia si possa dar spazio a chi critica un pilastro dello Stato? Si comincia con un Pm e si finisce con il criticare la Cara Salma, l'imperatore Napo I. E salendo ancora, persino un banchiere. Meglio stroncare subito. Le rivolte così come le critiche. Tanto la famiglia Berlusconi oltre ad una polemica soft di Marina sulla Finivest come bankomat per De Benedetti grazie ai giudici, mica ha il coraggio di andare. Zitti e buoni per non mettere a repentaglio migliaia di posti di lavoro? Ma mezzo miliardo prima ed altri 90 milioni ora, non mettono a repentaglio? E loro si illudono che sia finita? Ovvio che non si può pretendere che siano loro a cavalcare la tigre. Troppo intenti a farsi rosicchiare un pezzo alla volta dai ratti. Così, con la più totale ipocrisia, un governo eletto in modo anticostituzionale e con percentuali inferiori alla metà degli italiani, si arroga il diritto di definire "minoranze" i milioni di italiani incazzati. Ma ha ragione la Banda Vedrò: se la tigre non viene cavalcata, se la protesta non viene guidata da un'idea forte, se non c'è un progetto condiviso, la folla resterà divisa e resterà maggioranza numerica ed infima minoranza politica. Divisa tra chi giura di non farcela più ma non vuol rinunciare a guadagnare due euro alla faccia di chi manifesta, e chi crede che i due euro di oggi non salveranno la situazione domani. Troppi egoisti, troppi vigliacchi, troppi incapaci. "La protesta va bene, però le violenze..", "protestiamo pacificamente e ci ascolteranno", "chiediamo un tavolo di confronto". Ecco, quando si apre un tavolo anche il cucciolo di tigre va a cuccia. Tavoli che servono solo a stemperare la tensione, a far rientrare la rabbia. Tutti al lavoro ed a comprare piccoli regali per uno spento Natale. Tutti a chiedersi come stroncare Grillo ed i suoi grillini, nessuno che si chieda come trasformare la protesta sacrosanta in un voto che ribalti il tavolo degli euroservi. Sperando che i sondaggi di oggi siano uguali ai voti di domani. E che gli incazzati repressi oggi non trasformino l'astensionismo in una scelta mirata. E che non premierà chi ha scelto di farsi rosicchiare.

mercoledì 11 dicembre 2013

Alfetta, Lerner, Padellaro: la paura e la legalità

Cosa unisce un'idra a due teste come Alfetta baciapile, il compagno Padellaro ed il presunto intellettuale Gad Lerner? La paura. Era fantastico guardare Letta mentre veniva acclamato da un'aula non più sorda e grigia, ma sorda e terrorizzata. "Difendiamo la legalità". Ma quale legalità? Quella di un Parlamento delegittimato da un voto con procedure anticostituzionali? Quelle di un Parlamento delegittimato che elegge, anzi rielegge, un presidente della Repubblica che crede di essere un imperatore. Qual è la legalità? Il diritto di portare al suicidio decine e decine di piccoli imprenditori, di lavoratori sfruttati, di disoccupati disperati? E tutto grazie a leggi assurde ed al ruolo non più accettabile di Equitalia? Questa, per Alfetta, è la legalità che dovrebbe essere difesa da carabinieri, poliziotti, finanzieri. La legalità di chi non rispetta la Costituzione nelle parti fondamentali, come quella che prevede che la sovranità appartenga al popolo. No, lorsignori han deciso che la sovranità italiana appartiene alle banche tedesche, agli eurocialtroni di Bruxelles, ai criminali del Fmi. E nessuno arresta questi signori che violano la Costituzione? La legalità, per loro, è negare ai lavoratori il salario adeguato per un'esistenza dignitosa (anche questo è previsto dalla Costituzione, ma forse avevano tutti una copia fallata e mancante di quelle pagine), è negare il rispetto dei referendum. Il popolo puzza, e se lavora puzza di più. Lorsignori hanno i nasini delicati, forse perché rifatti troppo spesso. Lorsignori si rinchiudono a La Scala per godersi la prima della Traviata e non possono mischiarsi con gli ignoranti che restano fuori. Sarebbe stato divertente porre qualche domanda di carattere musicale, su Verdi e sull'Opera in genere, a molti di questi sedicenti Vip che occupavano i posti a teatro capendo meno di nulla. Ma anche lì lorsignori erano blindati, protetti, scortati. Difendere la legalità? No, lorsignori pretendono che ad essere difeso sia il privilegio, il loro. Che le forze dell'ordine, sottopagate, stiano a difendere i palazzi del potere, non i diritti di un popolo che diritti non ne ha più e non deve averne mai più. E quando il sindaco di Torino, Fassino, si indigna perché i Forconi sconvolgono la vita dei cittadini, dimentica che i cittadini hanno la vita sconvolta dalle sue tasse per pagare i debiti che lorsignori hanno creato. Che ad essere sconvolte per la chiusura delle gioiellerie del centro sono soltanto le madame della sua cricca, perché i cittadini normali ormai non hanno più i soldi per gli acquisti di Natale. Ma ora il Nulla Alfano manderà altre truppe per sedare la protesta. Quelle truppe che non si son viste quando c'era da sgomberare palazzi occupati dai centri sociali tanto amati da Fassino. La legalià, in quei casi, può attendere. Contro il popolo ed i lavoratori bisogna picchiare duro, e subito.

martedì 10 dicembre 2013

La protesta evidenzia la povertà di Torino (nascosta dai media)

Perché Torino? Perché una rivolta, come quella dei Forconi, nata al Sud vede il momento di massima tensione in una città del Nord? Difficile capirlo affidandosi ai soliti giornali dei soliti padroni. Infiltrazioni fasciste, tuona La Stampa (nota come la Busiarda, la bugiarda), pubblicando una foto in cui si vede un manifestante che manda al diavolo qualcuno, non con la mano tesa in un saluto romano, ma con la mano obliqua nel più classico dei vaffa. Sull'altra sponda replica Ghiglia, leader locale dei Fardelli d'Italia in versione "picchiateci pure, purché siate in divisa": la colpa degli scontri è dei centri sociali e di Askatasuna in particolare. Non uno che provi a capire la realtà. Non uno che si sforzi di guardare al di là delle infiltrazioni politiche o degli ultras di Toro e Juve per una volta dalla stessa parte. Negozi chiusi, mercati deserti, botteghe artigiane con serrande abbassate. Eppure, se uno dovesse credere alle menzogne propinate quotidianamente dalla disinformazione locale, Torino starebbe vivendo un nuovo Rinascimento. Palazzi luminosi, milionate di turisti in arrivo da ogni parte del mondo, progetti faraonici per trasformare le lordure architettoniche del Dopoguerra, in stile Dc-Pci, in quartieri avveniristici. Eredità delle Olimpiadi 2006, spiegano evitando di scendere nei particolari. Quei particolari, ad esempio, che sottolineerebbero come gli impianti olimpici siano sottoutilizzati, nonostante le false dichiarazioni dell'ex sindaco Chiamparino che parlava di overbooking per strutture come Palavela e Pala Isozaki. Chiuso, spento, costoso. Ed i milioni e milioni di turisti? Arrivano con zaino e panino, quando arrivano, e ripartono. Gli hotel si riempiono per avvenimenti isolati, come i campionati mondiali per diversamente giovani. Per il Salone del Libro e per quello del Gusto. Ma i negozi che non sono collocati al Lingotto o nel centro storico della città non hanno il minimo beneficio. In compenso pagano di più per la tassa rifiuti, nonostante la costruzione di un inceneritore e la raccolta differenziata. Tutti i torinesi pagano di più per ripianare i debiti di una giunta che non faceva pagare i compagni che gestivano i locali della Movida. Che non faceva pagare i compagni di un mercato ma a tutti gli altri aumentava tasse e balzelli. Bisogna rientrare dal debito per le Olimpiadi. Quello per pagare collaborazioni e consulenze di amici, figli, nipoti, cugini. Torino è una città povera, con poche migliaia di ricchi che si incrociano, intrecciano, che si fanno favori, si aiutano. Quelli che si ritrovano nei medesimi ristoranti ed alla Prima del Regio. Gli altri stanno fuori. E gli altri, ora, si sono arrabbiati. Con la grande sorpresa di intellettuali di seconda fila che inorridiscono di fronte a questi bruti, a questi ignoranti, a questi grezzi mercatali che urlano in modo così fastidioso. Mentre loro, gli intellettuali di seconda fila mantenuti dalle istituzioni pubbliche, vorrebbero il silenzio mentre leggono i libri pagati da noi. E si è indignato pure l'ex compagno Adinolfi (Mario Adinolfi, non l'evergreen o everblack Gabriele) e la sua facciona disgustata giustificherebbe, da sola, ogni manifestazione. Ma si sono stupiti anche i vertici delle associazioni di artigiani e commercianti. Ma come, i leader delle organizzazioni cenano amabilmente con sindaco e assessori, e loro, gli straccioni, osano protestare? Qualcuno, ora, si sta chiedendo perché le associazioni non riescono a gestire la protesta, ad intercettare la rabbia. Ma sono pochi quelli che si pongono domande. Di sicuro non se le pone chi, dal basso di risultati elettorali disastrosi, ha la spocchia di indicare ai rivoltosi cosa devono fare e non fare. Senza capire le motivazioni, senza capire l'esasperazione, senza capire alcunché. Ma il 2% è un risultato entusiasmante, meglio evitare di crescere. Meglio un ruolino insignificante, piuttosto di provare a capire il popolo, la gente, gli elettori. La povertà a Torino? Facciamo la Tav. Troppe tasse? Facciamo la Tav. Manca lavoro? Facciamo la Tav. Non ci sono i soldi per il metrò? Facciamo la Tav. Farsi furbi, invece?

lunedì 9 dicembre 2013

Forconi, destrini e pecore matte

Il povero compagno Lenin, quando rimproverò i compagni italiani per essersi persi Mussolini (l'unico socialista in grado di fare una rivoluzione in Italia, secondo Lenin), fu ingeneroso. Non conosceva gli italiani e la loro codardia diffusa. Oggi non è cambiato nulla, se non in peggio. Tanto più a destra. Il movimento dei Forconi -insieme a vari altri gruppi in rappresentanza di categorie che vanno dagli agricoltori ai negozianti, dai mercatali agli autotrasportatori - proclama una manifestazione contro questo governo, contro questa politica di distruzione dell'Italia, contro i servi della speculazione internazionale? E la destra italiana, quella che a parole dovrebbe essere dalla stessa parte dei manifestanti, si schiera preventivamente dalla parte delle forze dell'ordine al servizio del ministro del Nulla, Alfano. Pronti, a destra, a difendere ogni repressione. Perché di fronte ad una divisa, i vertici di questa destrina sono pronti a zerbinarsi a prescindere. La difesa della legalità? Ma mi faccia il piacere! Le divise sono poste a difesa dei palazzi del potere, delle banche, dei ministri di servizio, degli emissari di Francoforte, di Bruxelles e di Wall Street. Ma loro, i destrini, si eccitano lo stesso. Gli stessi destrini che, ogni tanto, sognano blitz di forze speciali in India per liberare i marò. Fingendo di ignorare che le forze speciali, in divisa, sono al servizio di questo governo, di questi ministri, da Mauro alla Bonino sino ad arrivare alla Cara Salma che ormai non si sente più re ma decisamente imperatore. Ed allora via con le dichiarazioni patetiche: "sempre dalla vostra parte", scritto sotto le foto di agenti con casco e manganelli. massì, massacrate pure i lavoratori che oggi scioperano per difendere il proprio diritto a lavorare ed a vivere dignitosamente. Quei lavoratori che pagano le tasse per mantenere gli uomini in divisa pronti a manganellarli per far contento il Nulla Alfano. Ed è comprensibile che contro questi lavoratori si schierino i sindacati, timorosi di perdere posizioni di potere e di rapporti consolidati con governo e grandi imprese; è comprensibile che si schieri la sinistra che teme di veder svanire il controllo su milioni di lavoratori disperati. Ma i destrini? 18 milioni di italiani a rischio povertà, ma i destrini stanno dalla parte del potere che crea questa povertà. Milioni di italiani del ceto medio che stanno avvicinandosi agli altri 18 milioni di aspiranti poveri. Ma i destrini stanno dalla parte di chi reprime la protesta. Con qualche eccezione, certo. A Torino un consigliere dei Fratelli d'Italia, Maurizio Marrone, dichiara di scendere in piazza insieme a chi protesta. Ma i suoi colleghi di partito dove sono? Tutti a condannare, a prescindere, presunte intimidazioni. Tutti incapaci di leggere le centinaia, migliaia di cartelli appesi, solo a Torino, sui negozi chiusi per adesione alla protesta. Chi chiude per paura non mette anche i manifesti di sostegno alla manifestazione. Ma per capirlo bisognerebbe ascoltare la base, la gente. E se il neoleader della Lega, Matteo Salvini, sostiene di voler tornare nelle piazze accanto alla gente normale, dovrebbe capire che prima della battaglia contro l'indulto ci sono le battaglie per il lavoro e contro il governo delle tasse. Ma per capirlo occorre smettere di fare i destrini degli scontrini da rimborsare e tornare a far politica, ad essere uomini e donne e non pecore. Uomini siate e non pecore matte, ma anche Dante è ormai politicamente scorretto ed il seguito è censurato.

sabato 7 dicembre 2013

Sciapi ed infelici. Ma gli schiavi dovrebbero essere allegri e brillanti?

Siamo "sciapi e infelici". Secondo il rapporto del Censis questo è il risultato dei governi del grigiocrate Monti e della nullità Alfetta. Sciapi. Oddio, considerando il livello di incultura a cui è stata condannata l'Italia, buona parte della popolazione manco sa cosa significhi "sciapi". Ed ora insorgerà il ministro 1-2-x per la Dis integrazione protestando contro i termini difficili che dimostrano il razzismo di chi li utilizza perché i clandestini (pardon, gli ospiti) non conoscono l'italiano. Ma sanno benissimo come ottenere i soldi italiani. D'altronde se i servi degli eurosfruttatori fanno fuggire oltre 100mila giovani italiani all'anno (raddoppiati rispetto al 2007), spesso in possesso di lauree e diplomi richiesti e pagati bene all'estero, dobbiamo ben sostituirli con braccia da sfruttare. Cervelli in arrivo? Pochi, perché la maggior parte dei migranti con titoli di studio fugge verso Paesi che non siano sciapi ed infelici. Ma i Saccomanni di turno continuano a ripetere che la strada è quella giusta, che dobbiamo pagare più tasse per far contenti i mercanti ed i mercati, che l'Imu va rimessa (cambiate pure il nome, ma pagate), che i conti vengono prima di tutto. Avanti così, sino a quando i servi scopriranno che lo stile di vita di un'Italia sciapa ed infelice non è più il modello da imitare nel mondo, non è più un sogno per le classi medie dei Paesi emergenti. Ed a quel punto il made in Italy non rappresenterà più un valore aggiunto, non sarà l'elemento trainante per le nostre esportazioni. E loro che si riempiono la bocca di export si troveranno senza parole (ma con la bocca piena per le loro abbuffate). E senza speranze, perché il mercato interno sarà ormai totalmente distrutto. Significative le idiozie sparate in questi giorni sul fronte delle produzioni agroalimentari italiane. Il settore - hanno spiegato i servi - esporta troppo poco. Già, perché una parte degli alimenti prodotti in Italia vengono (ancora) consumati in Italia. Siamo così ingordi e schizzinosi da pretendere di mangiare la polenta italiana, gli spaghetti italiani conditi con olio o burro italiani ed accompagnati da vini italiani. Invece i servi non vogliono. Gli italiani, secondo loro, dovranno mangiare prodotti Ogm in arrivo da Paesi dove c'è libertà nell'uso dei pesticidi, dove il livello di metalli nelle verdure è fuori controllo, dove tra cibo e plastica è più salutare la plastica. Noi potremo permetterci le verdure della Terra dei fuochi, le mozzarelle tinte di blu, i prosciutti in arrivo da chissà dove. Sciapi ed infelici. E si stupiscono?

venerdì 6 dicembre 2013

L'Italia affamata che non vuole cambiare

Gli immancabili duri e puri sosterranno che Marini, l'ex leader della Coldiretti, sta per scendere in politica in uno schieramento centrista, sperando di portarsi dietro le sue legioni agricole. Dunque non solo è colpevole lui, ma tutta la sua organizzazione. Però, a volte, le battaglie sono giuste a prescindere da chi le combatta. E la difesa del made in Italy è una battaglia giusta, sacrosanta. Non a caso a condannarla, tra gli altri, è stato Gianni Riotta l'amerikano. Quello che vuole il mercato aperto agli speculatori, agli sfruttatori. Ed allora si mistifica la protesta, così come si mistifica l'economia, la politica. Nessuno, contrariamente a quanto sostiene l'amerikano, vuol chiudere le frontiere. Nessuno vuole impedire a prodotti agricoli stranieri di entrare in Italia. Ma con regole chiare: i prodotti devono essere sani e la proveninenza deve essere indicata. Dov'è il problema? Il mercato ci ordina anche di mangiare pomodori al mercurio? Ci ordina di spacciare per olio italiano quello ottenuto da olive tunisine o spagnole o greche? Ci ordina di mangiare pecorino sardo prodotto in Ungheria? Se il prodotto è buono, lo si valorizzi come pecorino ungherese, e se è buono e costa meno avrà anche ampie fette di mercato italiano. Certo, agli speculatori tanto amati dall'amerikano tutto questo non piace. Loro vogliono comprare la materia prima dove costa meno (magari perché la manodopera è sfruttata, la lavorazione è pericolosa per i consumatori ed i controlli non esistono), vogliono che la trasformazione sia realizzata dove gli operai sono sottopagati, e poi vogliono un'etichetta made in Italy per assicurare al prodotto il fascino di un prodotto di qualità. Un tantino scorretto. Ma l'amerikano va oltre. L'agricoltura italiana chiede di essere tutelata? Di non dover subire la concorrenza di chi spaccia per italiano ciò che viene prodotto e trasformato in Olanda, Stati Uniti, Gran Bretagna? Giusto, ammette Riotta, ma è così complicato combattere la contraffazione che è meglio farsene una ragione. E poi arrivano le stoccate vere. L'agricoltura è solo un alibi. Perché, dice l'amerikano, non si può pretendere di far arrivare investimenti stranieri in Italia se poi pretendiamo che la Nsa non spii i cittadini italiani (cosa c'entri lo spionaggio con l'investimento lo sa solo lui ed i suoi datori di lavoro), se pretendiamo che Apple o Google paghino le tasse come se fossero aziende qualunque. Dunque le tasse a noi ed i profitti a loro. Bello, giusto, sano. Soprattutto chiaro: questa è la linea indicata dai nuovi padroni, questa è la linea che uscirà dal nuovo Parlamento europeo se gli italiani non avranno quel briciolo di cervello per non votare i partiti al servizio di questa visione. Ci sono 18 milioni di italiani a rischio povertà, secondo Eurostat. Solo la Grecia sta peggio in percentuale. Ma se quei 18 milioni non sposteranno gli equilibri del voto europeo, è giusto che crepino di fame

giovedì 5 dicembre 2013

Sciopero generale contro l'Italia vigliacca e corretta

Ha sicuramente ragione Alain De Benoist quando ricorda che decine di rivolte non fanno una rivoluzione. E la Francia, di rivoluzioni, sa qualcosa. Ma per un Paese di pecore vigliacche come l'Italia anche le rivolte possono servire a qualcosa. Perlomeno a mantenere vive le poche coscienze che ancora non si sono definitivamente spente. Il 9 dicembre ci sarà, in tutta Italia, un tentativo di sciopero generale alternativo alle iniziative sindacali e con l'obiettivo, dichiarato, di mandare a casa la banda di cialtroni che sta sgovernando questo Paese. E che, secondo la Consulta, sarebbe pure stata eletta in maniera anticostituzionale. Sciopero generale? Le ironie si sprecano sul web. E sarebbe illusorio sperare in un reale blocco dell'Italia. Non sarà neppure la rivolta delle casseruole argentine o dei camionisti cileni. Perché servirebbe coraggio e determinazione, invece siamo in Italia. Ma il tentativo è comunque un segnale. Di coraggiosi tra i vigliacchi. Gli altri, soprattutto quelli che si considerano duri e puri e dunque non faranno nulla, resteranno a guardare ironizzando sui rivoltosi e sognando la rivoluzione che verrà. Non oggi, domani forse, ma dopodomani.. (come Gaber sfotteva i compagni). Intanto tutto va a rotoli ed il politicamente corretto imperversa. A Nord come a Sud. Un esempio tra i tanti: Fulvio Bressan, grande vigneron di Farra d'Isonzo, produce vini spettacolari, esaltati dalle guide del settore, richiesti da tanti Paesi, amati in Italia. Poi, però, Bressan ha il "torto" di esprimere le sue opinioni sul ministro 1-2-x per la Dis integrazione. E le sue opinioni non sono politicamente corrette. In teoria, ma solo in teoria, siamo in un Paese che tutela la libertà di opinione. Invece Bressan viene bruciato sul rogo dell'inquisizione democratica ed i suoi vini cancellati dalle guide. I vini? Cosa c'entrano i vini? E' cambiata la qualità? Il metodo di produzione? Macché. I vini di un cattivo sono cattivi vini. Che poi, se proprio si vuole andare a fondo sulla questione, i vini di Bressan, come TUTTI i grandi vini italiani, sono vincenti proprio perché non solo internazionali, perché sono radicati nel territorio, perché non sono globalizzati o multiculturali. Il Venezia Giulia bianco Carat, il vino di eccellenza di Bressan, è un vino che tutela la biodiversità. Così come fanno, o dovrebbero fare, tutti i grandi vini nostrani. Chi ama il vino globalizzato, uguale per tutti, può prendersi un Cabernet prodotto ovunque nel mondo. Ma è paradossale che gli stessi che scrivono volumi per tutelare la specificità di una farfalla ed il dovere di tutelarla, siano gli stessi che si rifiutino di tutelare il diritto di Bressan di avere un'opinione specifica su un ministro e puniscano il suo vino. Ecco, anche contro questi sacerdoti del politicamente corretto è giusto rivoltarsi. In 10, in 100, in mille. Saranno 10-100-1.000 scintille. E non si sa mai che una possa innescare un incendio.

martedì 3 dicembre 2013

L'Ungheria populista in ripresa, l'Italia del rigore alla fame

Grillo può piacere o non piacere. Ma è un animale politico. Fiuta il cambiamento, capisce la pancia della gente, e non solo della sua gente. In pratica, secondo i parametri dell'amerikano Riotta, Grillo è il perfetto populista. Ma lorsignori dovranno abituarsi a fare i conti, con i populisti. Perché non basta ironizzare come fanno i giornali ed i media di servizio. Non basta ridurre d'ufficio le presenze in piazza; o sminuirne il valore; o sottolineare che le richieste di Grillo non sono previste dalla Costituzione quando si parla di uscita dall'euro. Perché la disperazione cresce, e l'insofferenza pure. Ed allora, forse, invece di dibattere inutilmente sulla credibilità dei grillini, sulla faccia oscura del potere di Casaleggio, su dietrologie ed altre inutili facezie, bisognerebbe costringere i politici di altri schieramenti ad affrontare, nello stesso modo, i medesimi problemi. Non se ne può più di chiacchiere a vuoto sulla riforma della giustizia. Chi dovrebbe occuparsene? La premiata ditta Alfetta? Meglio, allora, far scrivere la riforma direttamente ad Ingroia e Boccassini. Basta parlare di cancellazione delle Province, di Tasi, Tarsi, Imu, Icu e fregature varie. O si eliminano queste forme di macelleria sociale (e Saccomanni ha già detto che non si eliminano) o è inutile perdere tempo a spaccare il capello in quattro per cercare una sigla nuova per le tasse vecchie. E Renzi? Certo, tra i paletti che ha indicato figura anche l'Europa. Bravo. Mica tanto. Perché l'Europa che piace al suo guru, il finanziere Serra, è proprio quella della macelleria sociale. Questa gente, questo Pd allargato alle nullità espresse da Vedrò nel Pdl trasformato in Ncd, non vuole battere i pugni sul tavolo a Bruxelles, non vuole ribaltare il tavolo. Chiede qualche modesto sconticino per sopravvivere. Mentre gli italiani non sopravvivono più. Fuggono i giovani, a decine di migliaia, e fuggono anche gli anziani, perché con le pensioni da fame non campano più in Italia e vanno a crepare, con dignità, all'estero. E loro, quelli della Banda Vedrò, vogliono gli sconticini. Ed il centrodestra vero? Se ne frega. Parole al vento, meglio occuparsi di qualche spartizione di poltrone, di servizi sociali dove collocare Berlu, del doppio amministratore delegato del Milan. L'Europa? Boh. Troppo faticoso studiare per capire che o si riforma l'Europa, o si rivoluziona il sistema monetario, o dalla crisi non si esce più. Troppo faticoso informarsi su cos'è successo in Ungheria. Quell'Ungheria descritta dai giornali italiani come un Paese al collasso, alla guerra civile, e che invece ha tenuto testa ai diktat dell'Ue e del Fmi ed ora vede diminuire le tasse, calare le bollette di luce e gas, aumentare gli acquisti di auto nuove. Il coraggio di dire di no. Quello che manca ad una destra che si vergogna di essere populista e ad un centrodestra che non si affatica a capire cosa significhi.

lunedì 2 dicembre 2013

Per Rossi (Toscana) Prato è un feudo cinese

Chi deve intervenire per metter fine alla libertà di tenere in schavitù i cinesi che lavorano, spesso in nero, nei tanti laboratori sparsi per tutta l'Italia? Ma Pechino, ovviamente. Almeno secondo il presidente della Regione Toscana. l'ennesimo esempio di sudditanza non solo psicologica ma ormai anche politica, culturale, persino amministrativa. Che l'Italia sia un Paese a sovranità limitata, non è certo una novità. Un ministro come Bonino, che promette interventi risolutivi nella vicenda dei marò in india e non combina nulla, che non combina nulla per salvare un italiano condannato ingiustamente negli Usa mentre la Cara Salma si affretta a concedere la grazia a qualunque americano condannato in Italia, un ministro che non combina nulla neppure per difendere, nella Londra che fa parte dell'Ue, una donna italiana a cui è stato rubato un figlio: da un ministro così, ci si può aspettare qualcosa? Solo che continui ad andare a Washington, New York, Tel Aviv e Francoforte a prendere ordini. Ma con la vicenda di Prato e con le dichiarazioni del governatore Rossi si superano anche questi limiti già indecenti. Cosa c'entra Pechino nel rispetto delle leggi italiane? L'Italia, per Rossi, è ormai tornata ai feudi, alle signorie. Prato sottoposta alla dominazione di Pechino, le banche a quella dei banchieri di Francoforte, le periferie delle grandi città affidate alle leggi degli zingari, le campagne del Sud gestite dagli immigrati africani. Cuius regio, eius religio. Ma invece della religione, si dovranno seguire le regole dei nuovi padroni. Dunque libertà di furto e di non mandare i bambini a scuola per chi vive nelle periferie, la sharia o l'animismo nelle campagne, l'usura nei quartieri dove operano le banche, la libertà di tenere schiavi nei quartieri cinesi. E, ovviamente, ogni eventuale intervento punitivo deve essere affidato ai governi di origine, sulla base dei loro criteri. Le leggi italiane, secondo Rossi, devono dunque valere solo per gli italiani. Costretti a fare i conti con vessazioni continue, con tasse assurde per consentire agli "ospiti" di non pagare e di adottare altre regole. La vedova dell'imprenditore che si è ucciso davanti ad Equitalia per disperazione a causa delle richieste esose, si è sentita rispondere che la legge è legge. Ed Equitalia, per legge, deve far arricchire il suo Befera. Gli italiani possono anche crepare, ma devono rispettare le leggi assurde che gli "ospiti" possono ignorare. E gli eroici controllori anti tasse del Nuovo centrodestra? Muti di fronte alla reintroduzione mascherata dell'Imu. Muti di fronte a Saccomanni che annuncia nuove tasse sulla casa. Ma per gli italiani, ovviamente. Per i cinesi bisognerà chiedere a Pechino.