lunedì 24 febbraio 2014

L'Italia di Zoeggeler non è quella di Matteo

Dopo il flop di Sanremo è arrivato, immancabile, il flop alle Olimpiadi di Sochi. Flop generale. A partire dai media che avevano paventato massacri, attentati, attacchi suicidi. L'ordine era di boicottare mediaticamente i Giochi di Putin ed i servi hanno eseguito. Non un attacco, non un attentato, manco un arresto per sospetto terrorismo: nulla di nulla. Ma erano in ritardo i lavori - assicuravano i servi sciocchi su tv e giornali - e le gare ne avrebbero risentito, gli spettatori sarebbero stati costretti a tour de force inenarrabili e avrebbero soggiornato nella totale scomodità. Invece è andato tutto benissimo, per atleti e per spettatori. Annunciato, dai media italiani, anche l'inevitabile insuccesso degli atleti russi. Che hanno conquistato invece il primo posto nel medagliere e, per le Olimpiadi invernali, erano tanti e tanti anni che non succedeva alla nazione ospitante. Ma il flop ha riguardato anche la spedizione azzurra. Neppure una medaglia d'oro e, nella classifica del medagliere, l'Italia conquista il 22° posto su 26 nazioni arrivate alla medaglia. Dietro di noi soltanto Lettonia, Australia, Croazia e Kazakhstan. Davanti, tutte le altre. Nazioni alpine e Paesi piatti come l'Olanda, Gran Bretagna e Slovacchia, Bielorussia e Polonia. Ma il presidente del Coni, Malagò, è soddisfatto. Non potrebbe definirsi diversamente, sia perchè ha ereditato una situazione tutt'altro che ottimale sia perché è al vertice dello sport italiano e deve giustificare il suo ruolo. Non è un'impresa facile. Perché l'Italia politicamente corretta ha trasformato lo sport da competizione con se stessi e con gli altri, in un inutile gioco dove devono vincere tutti. Le scuole ignorano in troppi casi l'attività fisica dei ragazzi, le famiglie sono alle prese con l'impresa di mettere in tavola il cibo (spesso pessimo) e non hanno i soldi per pagare l'attività sportiva. Giovani che crescono senza far sport e che, anche fisicamente, rappresentaranno da adulti un costo aggiuntivo per la sanità pubblica. Ma si preferisce ignorarlo. E gli impianti? Altra nota dolente. Torino, per ospitare le Olimpiadi invernali, si è indebitata all'inverosimile, tra sprechi per far cotnenti gli amici ed investimenti in impianti. Peccato che la pista per bob e slittino sia chiusa da tempo, i trampolini anche e le piste per il pattinaggio riconvertite per ospitare fiere che non ci sono. Ma il Coni e la Fisi latitano, rinviano. Il modo ideale per non far crescere nuovi campioni. Già, perché lo sport deve essere divertimento a livello di base, ma DEVE essere competizione a livello di vertice. I signorini che sono andati a Sochi per conquistare il 30° posto non sono andati a spese loro, ma a spese nostre. Immancabilmente, dopo ogni Olimpiade o Mondiale, ci si chiede che senso avesse rimpinzare la squadra di atleti senza alcuna chance non solo di vittoria ma neppure di una figura dignitosa. E ogni volta si è giurato che, all'appuntamento successivo, si sarebbe puntato sulla qualità e non sulla quantità. Come assicura Malagò, ma per la prossima volta ovviamente. Ma in fondo l'Italia è questa. E non è un caso se, a parte Arianna Fontana e le sue meravigliose compagne valtellinesi della prova a squadre, le altre medaglie italiane non parlino italiano. Tutte rigorosamente della provincia di Bolzano, tutti nomi tirolesi. Peccato che l'eterno Armin Zoeggeler sia arrivato al capolinea, peccato che stia per finire l'avventura sportiva di Carolina Kostner. Ma le altre province alpine ed appennine? Quanto spendono? Quanti soldi pubblici investono per non ottenere nulla? Tanti? Allora sono investiti e gestiti male. Che senso ha occupare per l'intero periodo natalizio le piste destinate ai turisti (che pagano il biglietto per l'intero comprensorio), quando non arriva mai un risultato accettabile? L'importante è essere autoreferenziali. Credersi campioni anche quando si è scarsi. Così non ci si impegna, non si cresce. E si arriva al 22° posto nel medagliere. Ma da un Paese governato da un boy scout che ignora di dover lasciare il mondo migliore di come l'ha trovato e che, invece, pensa che la slealtà sia la prima dote (Enricostaisereno) diventa difficile aspettarsi campioni che devono basare il successo sulla lealtà, sul coraggio, sulla disciplina, sull'impegno. L'Italia di Zoeggeler non è l'Italia del burattino Matteo

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