sabato 31 maggio 2014

Grillo ed i grillini: miracolati senza riconoscenza

La gratitudine non fa parte delle regole della politica. D'altronde l'uccisione, metaforica, del padre è indispensabile per crescere, per diventare indipendenti. Con un'avvertenza: per uccidere il padre e prenderne il posto servirebbero alcune doti. Quelle che mancano alla maggior parte dei grillini che han deciso di partire all'assalto del "padre" Grillo e dello zio Casaleggio. Si leggono i nomi dei dissidenti duri e puri e si resta ogni volta con la medesima domanda: ma chi sono costoro? Tommaso Currò, che invoca le dimissioni di Grillo, chi è? Da dove arriva? Quali competenze ha? E, soprattutto, perché è stato votato? In Italia i frazionisti, gli scissionisti, non è che abbiano avuto molta fortuna. Certo, Mussolini ha abbandonato i socialisti e lo stesso han fatto i comunisti. Ma un perdente nato come Bordiga, a confronto con i leader di oggi a partire dal burattino, sarebbe un gigante, un genio della politica. Questi, invece, si fanno eleggere succhiando la ruota al leader, leccano sino a quando vince e poi, improvvisamente, di fronte ad una battuta d'arresto si scoprono fini politici che cercano visibilità e ruolo. E non solo tra i pentastellati. Qualcuno ricorda il naufragio del sub Fini? Quello con il ditino alzato davanti al suo padrone Berlu mentre cercava un altro padrone? Sparito. Ed il povero Mauro, fuoruscito da ogni dove, che farà adesso? E il flop del figliol prodigo Alfano? O lo zero virgola Tabacci? All'ombra del padrone, tutti si sentono potenziali statisti. Poi vanno a navigare in mare aperto e nessuno va a recuperarli quando naufragano. Condannati all'oblio. Come è giusto che sia. Perché, quando stavano all'ombra, preferivano dormire piuttosto di lavorare, di studiare, di conoscere territori ed elettori. Gente miracolata, eletta con un pugno di voti, ora si erge a grande stratega. Sperando, forse, che il burattino si accorga di loro, li recuperi dalla scialuppa di salvataggio e li imbarchi sul transatlantico del Pd. C'è posto per tutti. Beh, non è proprio così. Il Pd difficilmente ripeterà un simile exploit e, anche se ci riuscisse, dovrebbe comunque garantire posti alle correnti interne improvvisamente rimpolpate, agli alleati di Scelta Cinica senza più partito, alle frange di Ncd in fuga sperando in una rielezione al servizio del burattino. Magari anche qualcuno della sinistra (quella vera) consapevole che con Vendola, e con le nuove regole elettorali, non si va da nessuna parte. Un affollamento senza pari. E davvero gli anonimi grillini pensano di trovare posti liberi? Un sottosegretariato per i Currò che si presenteranno? Grillo dovrebbe spiazzarli tutti, regalando loro il movimento e rifacendolo con un altro nome e, soprattutto, con altre persone. Più preparate, più credibili e, magari, più riconoscenti.

venerdì 30 maggio 2014

Fondazione An: il patrimonio è cosa nostra

Le cattive notizie, comprese quelle più scontate, arrivano subito dopo le elezioni. Così l'accordo per Alitalia, come le migliaia di esuberi, è decollato dopo il voto. Così la fregatura, l'ennesima fregatura, della fondazione di Alleanza Nazionale è stata ufficializzata dopo l'esito delle Europee. Quale fregatura, questa volta? Quella relativa al milione di euro messo a disposizione, nella massima trasparenza, per i progetti culturali e di comunicazione previsti da un apposito bando pubblico. Per carità, 1 milione rispetto al colossale patrimonio immobiliare della fondazione era poca cosa. Ma da qualche parte bisogna pur cominciare. E si sarebbe cominciato a restituire, all'Area, quello che in misura molto superiore proveniva dall'Area. Perché il patrimonio immobiliare era stato costituito grazie ai sacrifici dei militanti, grazie ai lasciti di altri militanti dell'Area. Per far politica, non per godersi un appartamento vacanze a Montecarlo. Dunque una piccola quota era stata destinata a nuove iniziative politiche, ai nuovi progetti. Che, pare, sono arrivati in gran numero. La fondazione di An avrebbe dovuto stilare le classifiche nell'autunno scorso e versare i contributi per i migliori progetti. Tutto alla luce del sole. E invece niente, ovviamente. Prima il silenzio, poi delle scuse banali. Infine, ad urne chiuse, la comunicazione definitiva: abbiamo scherzato, ragazzi. Il bando, di fatto, non conta nulla. I progetti finiscono in un cassetto. Perché? Ufficilamente perché la normativa non è chiara, le leggi boh, le interpretazioni chissà, meglio lasciar perdere. I soldi sono cosa nostra e ce li gestiamo come pare a noi. Altro che trasparenza e scemenze simili. Eventualmente potremmo tirar fuori qualche soldino sulla base delle camarille, delle clientele, delle amicizie e delle correnti. Il solito, insomma. Quel solito che, sino ad ora, non è che abbia portato a risultati fantastici. A successi strepitosi. Sorge il dubbio che risultati fantastici e successi strepitosi passino in secondo piano di fronte alla gestione delle ricchezze della fondazione. E allora si spiegano le solite candidature dei soliti noti già strabocciati dagli elettori. Avanti così, con piccoli caporali di giornata che, un giorno, si son sentiti colonnelli e che ora non hanno strategie ma hanno il denaro da gestire. Per loro, certo non per l'Area.

giovedì 29 maggio 2014

Scelta Cinica annientata e Monti va al Bilderberg

Scelta Cinica azzerata, ma il ministro non si dimette. D'altronde il cinismo del "partito dei ricchi" si vede anche in queste piccole cose. Piccole, come è piccolo (microscopico) il consenso ottenuto dal partito di Bilderberg, il partito dei sedicenti ottimati ma, banalmente, solo dei plutocrati. Non li hanno capiti, questi stupidi italiani. Non hanno capito quanto fosse bello ed entusiasmante un futuro di povertà generale. Di sfruttamento da Terzo Mondo affinché loro, i padroni dell'economia italiana ma servi di quella mondiale, potessero arricchirsi un po' di più. La Kamchatka evocata da Crozza, evidentemente, non era sufficiente come proprietà personale. E mentre gli italiani ignoravano Scelta europea alle elezioni (composta non solo dai montiani sopravvissuti, ma anche dagli eredi dei finiani, dai Tabacci di turno, dai prosecutori della fallimentare esperienza del plurilaureato Giannino), in galera finiva il loro ex ministro Clini. Tanto per chiarire che il malcostume non è un fenomeno riservato ai politici dei partiti tradizionali. Poi, per carità, si scoprirà che l'inchiesta è tutta sbagliata e tutta da rifare e che il povero ex ministro era un'anima pia. Però, per il momento, si conferma che anche nella cooperazione internazionale si mangia in abbondanza. E se non mangiano i poveri cristi che dovrebbero venire aiutati, almeno si abbuffano i ricchi benefattori. Mica solo nella vicenda Clini, a prescindere dalla provenienza dei soldi depositati in Svizzera, mica in Bangladesh. E' l'idea di base che lascia perlpessi: Slow Food promuove la creazione di orti familiari in Africa. Bene, bravi, bis. Quanto costa realizzarlo? Duecentocinquanta euro, assicura Slow Food. Un po' caro, ma ci può stare. Quanto chiede Slow Food per il progetto? 900 euro per orto. Dunque poco più di un quarto della somma serve per l'orto, il resto è destinato alla rete Slow Food, al "diritto al viaggio", al materiale didattico e alla comunicazione, con ben 200 euro destinati al "coordinamento generale del progetto". Ciò significa che tra coordinamento da parte di Slow Food e rete di Slow Food se ne vanno 400 euro a fronte dei 250 per l'orto. Tutto lecito, per carità. Ma è proprio l'idea di base che dimostra come, costoro, abbiano una concezione molto particolare del mondo. E che, nonostante tutte le belle parole solidali, siano perfettamente in sintonia con quel Monti che, annientato in Italia, va ora a rapporto dai suoi amichetti del Bilderberg. Per le nuove strategie destinate a rintuzzare i populisti, gli euroscettici, le alleanze internazionali scomode. E riportare all'ovile non solo i governi, che dall'ovile non si son mai mossi, ma pure i governati.

mercoledì 28 maggio 2014

Compagno cucù, la sinistra non c'è più

Nel delirio zerbinato dei giornali italiani e delle tv (a partire da quelle berlusconiane) per il trionfo del burattino, nessuno pare essersi accorto di una piccola anomalia. La mancanza di esultanza da parte degli ex Pci. Che, certo, han sorriso. Che, certo, han rilasciato dichiarazioni di vittoria. Ma l'entusiasmo è tutt'altra cosa. L'entusiasmo era quello dei giornalisti di servizio, degli accattoni di notizie edulcorate, dei divulgatori del falso avariato. E' mancata, insomma, quella semplice considerazione che era così chiara agli elettori: il burattino ha trionfato, la sinistra è morta. Scomparsa, fuggita, evaporata. Un Paesi di pensionati (Grillo dixit) non ha scelto la rivoluzione affidandosi ai compagni duri e puri. Il Paese di pecore ha scelto la Dc. La nuova Balena Bianca che è simile a quella vecchia, solo meno preparata, solo meno acculturata. Il Pd del burattino ha vinto anche nelle zone "bianche" dove il Pci rappresentava il male assoluto ma dove il burattino è stato percepito per quello che è realmente: un democristiano con le maniche della camicia arrotolate invece della giacchetta e della cravattina d'ordinanza. D'altronde arriva dai boy scout: cosa c'è di meglio per tranquillizzare i pensionati che ricordano i vecchi esponenti della Dc? E anche l'accusa secondo cui il burattino sarebbe non solo guidato dai burattinai della finanza ma sarebbe anche figlio di un noto massone fiorentino, non ha spaventato proprio nessuno. Anzi, ormai questa Italia - non alla frutta ma al pussacaffé - si sente tranquillizzata pure dalla massoneria. In fondo c'è da secoli, vuol dire che non è un problema. Il prossimo passo riguarderà la mafia: c'è da tanto, solo quel cattivone del Duce l'ha mandata al confino, i padroni americani ce l'han riportata e se vogliono così è per il nostro bene. E la sinistra, in tutto questo? Boh. Il burattino promette soldi al ceto medio, imponendo l'idea che il ceto medio sia quello che non arriva alla fine del mese. E gli 80 euro permetteranno la sopravvivenza, ma non faranno ripartire i consumi di prodotti italiani perché troppo costosi per chi guadagna 1.500 euro al mese. In fondo Pina Picierno, capolista del Pd alle europee per la circoscrizione Sud, aveva perfettamente ragione a sostenere che, con 80 euro, si fa la spesa per due settimane. L'hanno accusata di non capire nulla, di parlare senza aver mai fatto la spesa. Invece era perfettamente allineata con l'Italia che vogliono loro; con 80 euro si campa benissimo per due settimane con i consumi tipici del ceto medio: latte, pane, scatolette di pelati cinesi, pasta di sottomarca. Questo è il ceto medio in versione Pd-burattino. Gli altri, quelli che vorrebbero anche mangiare una bistecca, un poco di verdura, che vorrebbero bere una bottiglia di vino, sono i ricchi poco illuminati. Perché quelli illuminati fanno la spesa da eataly, ovviamente. Ma votano Tsipras. I dati elettorali di Torino relativi alla lista che dovrebbe rappresentare la sinistra, sono emblematici: Tsipras vince nei seggi della collina dove vive la Torino-bene, dove vivono i ricchi asserragliati nelle ville. Invece nei quartieri popolari, nelle "barriere" dove gli italiani sono costretti a vivere fianco a fianco con i clandestini e gli immigrati iper protetti e garantiti, i voti sono andati a Grillo ed alla Lega. Che la sinistra, ormai, sia quella di Salvini e dei 5 stelle?

martedì 27 maggio 2014

Belpietro cerca un leader, forse sarebbe meglio cercare un'idea

Aaa affitasi.. Maurizio Belpietro, sulla prima pagina di Libero, si dedica alle inserzioni per l'offerta di lavoro. Cercasi leader disperatamente, per un centrodestra alla frutta e, in queste condizioni, privo di prospettive. Non sarà un'impresa facile. Perché il tempo di Berlu è finito: le sue comparsate tv erano patetiche ed anche se questo, come dice Grillo, è un Paese di pensionati, a guidare gli anziani non può essere uno ancora più vecchio. Ma se Berlu, finalmente, esce di scena, i partiti di tutta l'area sono obbligati a crescere, a diventare adulti. Mica facile, considerando il personale politico che si sono allevati. E poi, anzi prima, c'è da affrontare un problema fondamentale: cosa tiene insieme partiti anche estremamente differenti? La paura di Renzi? Non basta, anche perché Ncd fa già da reggicoda e Forza Italia è pronta ad accodarsi per votare qualsiasi riforma imposta dai burattinai che manovrano il padrone del Pd. Allora la speranza di aver qualcosa da mangiucchiare, qualche poltroncina su cui sedere? Un po' poco per sperare di avere ancora dei voti. Il Pd, nella versione burattino, ha sbancato anche nelle aree in cui vinceva la vecchia Balena Bianca. Perché i burattinai hanno imparato la lezione e gestiscono il potere come i vecchi democristiani. Ma allora che senso ha continuare a rivolgersi alla platea di elettori "moderati"? Moderato a chi? Possibile che lorsignori non abbiano ancora capito che il loro elettorato di riferimento è ormai composto da gente che la moderazione l'ha buttata nel cesso? Devono chiedere il voto agli incazzati, ai feroci, ai delusi, non ai moderati. Che, giustamente, si ritrovano di più nelle parole vuote del burattino, nelle promesse di una mancia che non vedranno mai perché dovran pagare la Tasi. E il ceto medio, quello vero, la mancia manco potrà incassarla perché il Pd e Ncd hanno deciso che con uno stipendio appena decente si è già ricchi. Serve un leader moderato per i moderali? No, proprio no. Servono idee, prima di tutto. Idee da affidare a un leader che non abbia paura, che non sia moderato, che sappia lottare per il suo popolo elettore. Ma un leader così non si compra al mercato. E non si inventa nelle tv di Berlu. Toti non è un leader. E chi non è capace di dire di no a candidature vergognose, non è un leader. Sotto questo aspetto le elezioni sono andate bene. Cancellando, si spera definitivamente, i sogni di rivalsa di molti incapaci in tutta l'area. Portando un rinnovamento che non potrà che far bene. Scardinando vecchi poteri della destra di sistema (l'elezione di Marrone, in Piemonte, contro l'apparato dei Fardelli d'Italia, è un bel segnale), eliminando incrostazioni finto culturali del Ncd (addirittura azzerato in Piemonte grazie agli errori di due ex assessori regionali alla cultura gauchista), premiando una persona seria come Pichetto persino in Forza Italia, confermando in Europa un lottatore come Borghezio, piazzato in Centro Italia eppure capace di portare la Lega ad un successo persino a Roma. E ancora le liste civiche al Sud, per portare nei consigli comunali gente nuova, giovane, combattiva. E' da questa gente che si deve ripartire. Non dai nominati dall'alto. Perché non si può costruire nulla con finti leader che non piacciono a Fi ma a Ncd, che non convincono Fdi ma sono tollerati dalla Lega. E poi, come potranno stare insieme gli euroscettici alleati di Le Pen con i servitori della Merkel all'interno del Ppe? In una politica sempre più diretta da Bruxelles, le scelte all'europarlamento non possono essere sottovalutate. Per questo servono idee, prima ancora di uomini. Perché lo strapotere del burattino e dei burattinai non si combatte alleandosi, a Bruxelles, in uno schifo di larghe intese per poi tornare in Italia e chiedere un voto alternativo

lunedì 26 maggio 2014

Un popolo di pecore poteva fare altre scelte?

Uomini siate e non pecore matte. Ma l'Italia che non conosce il "padre Dante" ha scelto di farsi gregge e si è concessa, anima e corpo, al burattino tosatore. Non è solo il 40% dei votati per il Pd, ma anche il 60% di chi ha preferito restare a casa sperando di poter continuare a mugugnare dopo. Invece no. Chi è rimasto a casa non avrà più neanche il diritto di protestare. Complice del suicidio di una nazione che, probabilmente, merita questa fine. I più idioti dell'intero panorama europeo. Perché in tutti gli altri Paesi, chi non era soddisfatto di questa Europa dei cialtroni, ha scelto di votare per i partiti che non erano allineati, perlomeno a livello di programmi e di promesse. E' vero che gli euroscettici sono molto diversi, a seconda dei Paesi. Marine Le Pen non ha molto in comune con Farage. E Orban, pur restando nel Ppe, ha nulla da spartire con la Merkel. Per non parlare di Tsipras o degli Indignati spagnoli. Sarà impossibile farli collaborare tra loro ma il segnale che arriva dai rispettivi Paesi è di vitalità dei popoli. Dall'Italia solo l'obbedienza delle pecore. Certo, i partiti hanno fatto la loro parte per arrivare al disastro. I Fardelli d'Italia dovevano essere il nuovo e hanno ripresentato vecchi candidati bolsi ed inaccettabili. Ancora Aledanno, nonostante ciò che ha fatto, con chi l'ha fatto e nonostante ciò che non ha fatto. E gli altri? Rappresentanti di quella "destra di sistema" che non poteva scaldare i cuori degli elettori. E non li ha scaldati. E gli altri? Forza Italia che ora scopre - con un po' di ritardo - di aver tirato la volata al burattino. Meglio tardi che mai? No, perché il partitino-azienda è pronto a continuare sulla stessa strada. Inseguendo quei moderati che hanno scelto il Pd, tanto le riforme per peggiorare la situazione le fanno insieme. Ncd? Salvi per un pelo, grazie all'accordo con l'Udc. Accordo che consente di avere qualche seggio, ma che non offre propsettive di politica. E poi la Lega. Che Salvini è riuscito a risollevare dal fango e che ha conquistato un risultato considerato impossibile due o tre mesi or sono. Grazie all'intelligenza di un accordo transnazionale con il Fn. Giustamente Salvini ha dichiarato che il risultato delle europee è solo la base di partenza. E ha ragione, perché i livelli del personale politico non sono ancora adeguati, perché troppi personaggi messi in lista, anche nelle regionali e amministrative, sarebbe preferibile lasciarli a casa. Ma qui è la grande differenza rispetto ai Fardelli: gli elettori leghisti hanno creduto che la riproposizione di certa gente fosse solo un passaggio intermedio verso il rinnovamento; gli elettori di Fdi non ci hanno creduto, delusi anche dalla bufala dei progetti che dovevano essere finanziati dalla Fondazione di An e che, come al solito, sono stati accantonati perché i soldi devono restare nelle solite mani. E poi c'è Grillo: sconfitto, e pesantemente. Per ragioni anche simili a quelle delle destre. Non si può continuare a imporre candidati-nessuno, con l'unica giustificazione che sono ignoti anche alle procure oltre che agli elettori. Un movimento che è al secondo posto in Italia DEVE dotarsi di una classe di dirigenti e di eletti che diano prova di competenza, capacità, credibilità. E' vero che gli amici del burattino sono spesso solo dei bluff, ma anche il bluff va giocato con abilità. Quella che ha dimostrato il burattino, con l'aiuto dei media. Quella che è mancata a Grillo e Casaleggio. E infine Tsipras. Una banda di intellettuali radical chic, secondo qualcuno. Sarà indubbiamente così, ma gli intellettuali sono stati capaci di raccogliere il voto della sinistra vera, quella che non sogna gli inciuci del burattino, che non si emoziona di fronte alle larghe intese, che non vuole morire democristiana.

martedì 20 maggio 2014

Alba Dorata, uno schiaffo alle destre italiane

Con i dirigenti in carcere, con i militanti assasinati, Alba Dorata raddoppia i consensi ad Atene, sfiora il 17% e manca per un soffio il ballottaggio. In Grecia, a due bracciate dall'Italia, non in America Latina o in Giappone. In quella Grecia che, secondo i sondaggi, sarebbe stata ormai disgustata dai populismi e avrebbe riconosciuto il grande e positivo lavoro fatto dai figlie della troika. Si è visto quanto sia stato apprezzato questo lavoro di bassa macelleria sociale. Tsipras, con Syriza, è il primo partito ad Atene, aumentano i partiti nuovi che non si riconoscono più nelle vecchie formazioni, spariscono i socialisti del Pasok. Resiste solo Nuova Democrazia, una sorta di centrodestra all'italiana. Ma è proprio il dato di Alba Dorata a suscitare la sorpresa (in genere privata, perché è meglio non parlarne in pubblico) degli opinionisti, dei dis informatori professionali che avevano parlato e scritto di "crisi irreversibile del partito neonazista greco". Se la crisi irreversibile porta a raddoppiare il consenso, chissà cosa succederà quando saranno in crescita. Se Alba Dorata, in situazioni di emergenza giudiziaria e pure di agibilità fisica, riesce a vincere, qualcuno in Italia dovrebbe chiedersi perché le destre dell'ex BelPaese riescono a perdere nonostante le ospitate in tv, la campagna elettorale senza ostacoli, la crisi economica che dovrebbe suscitare rabbia e timori. La prima risposta è che la colpa, come sempre, sia di questo popolo italiano di inetti e di vigliacchi. Di pecore che applaudono il padrone e marciano felici verso il macello. Ma non ci si può fermare all'analisi da bar. Perché le pecore italiane si entusiasmano per il burattino e non per un leader che guidi la proptesta contro burattini e burattinai? Già, perché? Forse perché la protesta è stata lasciata a Grillo. Che ha perfettamente ragione quando spiega che il suo movimento ha intercettato la protesta e incanalato la rabbia. D'altronde qualcuno, a destra o a sinistra, ha provato a contrastarlo sul medesimo terreno? Tra Vendola che si impegna in telefonate pappa e ciccia con i vertici dell'Ilva ed i vertici delle destre impegnati ad esaltare ogni repressione contro le proteste, chi è davvero arrabbiato e disperato a chi deve rivolgersi? Alla sinistra intellettual-chic di Tsipras Italia? O alle formazioni residuali e terminali di un'estrema destra che non c'è più? Sapendo che gli sbarramenti alle europee elimineranno i piccoli movimenti e, soprattutto, i loro leaderini. Ma anche chi supererà il 4%, rimarrà molto ma molto lontano dai risultati di Alba Dorata o di Jobbik in Ungheria. E non è una questione di seggi e di rappresentanza nei parlamenti e nei consigli comunali o regionali. Il problema, vero, è la rappresentatività di un popolo. Non servono le solite giustificazioni che non giustificano alcunché. Buscaroli, in un ottimo libro sulla crisi italiana dal dopoguerra ad oggi ("Una nazione in coma"), ricorda come, in piena era di epurazioni, docenti universitari fascisti e non rinnegati riuscivano a garantire carriere universitarie a giovani universitari altrettanto fascisti. Carriere che non servivano solo per assicurare un posto di lavoro ed uno stipendio, ma per avere un ruolo culturale e politico di vertice. Ma le destre residuali che chiedono i voti questa domenica, quali ruoli hanno offerto? Chi è andato a sedersi nelle comode poltrone della Rai ha garantito, tutt'al più, qualche ballerina e qualche autista. E basta. Per poi andare in giro a lamentarsi della mancanza di opportunità offerte all'area, non appena la poltrona comoda è stata tolta da sotto al deretano. Si è rinunciato alla protesta, si è rinunciato alla proposta, si è rinunciato a tutto pur di non dar fastidio al potere. Ed ora, solo perché si è alla fine della campagna elettorale, si rispolvera qualche vecchio slogan di battaglia. Poi, però, arriva Alba Dorata e dimostra come si possa ancora far politica. Anche in Grecia, ma non in Italia.

lunedì 19 maggio 2014

Regolamenti di conti tra clandestini: vietato far qualcosa

Questa volta anche i media di servizio non ce l'han fatta. Poche settimane or sono, quando a Torino erano stati uccisi due immigrati che facevano i posteggiatori abusivi taglieggiando gli automobilisti nella zona degli ospedali, i giornali canaglia si erano inventati gli slogan di "posteggiatore sorridente", "posteggiatore gentiluomo" e scemenze di questo tipo. Ora, di fronte allo spacciatore assassinato nel cuore della movida torinese, mancano le definizioni di comodo. E si nota l'imbarazzo. Certo, si difende a spada tratta la politica del consumo del divertimento (e dello sballo) nelle aree indicate dal Comune e dalla speculazione edilizia che acquista a poco prezzo palazzi e locali nei quartieri degradati, li sistema, approfitta di una "improvvisa e casuale" attenzione delle forze dell'ordine proprio in quelle zone e rivende a caro prezzo le abitazioni ed i locali nell'area diventata di moda, l'area di una nuova movida. Tutti contenti, tranne i residenti storici che si ritrovano con folla che urla e schiamazza a tutte le ore. Con prostituzione e spaccio di droga, con gente che urina per strada e sulle auto parcheggiate. Il Comune di "ditino" (medio) Fassino promette interventi, manda qualcuno per una retata ogni 15-20 giorni e lascia tutto come prima. In attesa che un nuovo intervento edilizio in un altro quartiere sposti i locali dello sballo. Restituendo la zona abbandonata alla tranquillità dello spaccio "normale", senza impennate legate al popolo della notte. Adesso tutti fingono di interessarsi ad eventuali soluzioni. D'altronde la campagna elettorale impone di dichiarare qualcosa, in questi casi. Peccato che, in realtà, non si voglia fare assolutamente nulla. Quando, quelle rare volte, polizia e carabinieri intensificano i controlli, i coglioncelli della Torino-bene, della gauche caviar, strillano contro la militarizzazione dell'area. Rimpatriare i criminali arrivati dall'Africa per spacciare o da altre zone per sfruttare la prostituzione? Macché, partono le accuse di razzismo e Boldrini si indigna. Eppure non sarebbe difficile intervenire. Basterebbe applicare, anche ai criminali clandestini, quelle regole che si impongono agli italiani onesti e regolari. La "banda Befera", così impegnata a valutare la congruità dello stile di vita degli italiani in relazione al reddito dichiarato, potrebbe degnarsi di fare qualche controllo sull'esercito di clandestini? Ovviamente no, troppo difficile e troppo impegnativo. Come si fa ad andare a chiedere, all'irregolare di turno appoggiato al muro tutto il giorno, come fa a permettersi una pesante catena d'oro al collo mentre è ancora a carico dell'assistenza italiana? E se il povero clandestino, fuggito da Paesi in guerra o dalla povertà, si offende? E se picchia l'inviato di Befera? No, meglio controllare le vecchiette italiane che, con quella collana d'oro dell'immigrato, si pagherebbero 3 anni di affitto. Non si può mica chiedere a Befera di farsi spiegare, dall'immigrato ufficialmente disoccupato, il possesso di auto di lusso e di abiti costosi. Sono controlli offensivi, per i nostri ospiti. Ma obbligatori solo per gli italiani. In attesa del prossimo morto per regolamenti di conti e delle prossime parole inutili di Fassino e dei suoi compari.

venerdì 16 maggio 2014

Pil in calo e il burattino Matteo diventa nervoso

"Bambole, non c'è una lira". Come un pessimo impresario di periferia, il burattino di Palazzo Chigi avrebbe dovuto spiegare in questo modo la nuova frenata del Pil italiano nonostante le sue promesse e le tante (troppe) rassicurazioni del ministro Padoan sull'uscita dalla crisi. Invece, oltre che pessimo impresario, il burattino è anche un mentalist e, nello stile appreso da Crozza, ha così ribattuto: "C'è un assembramento di forze emozionali e un governo che, con misure con contenuti emozionali, punterà tutto sul messaggio razionale". Tradotto? Prima votate e poi vi piazzo qualche nuova tassa. Per far contenta l'Europa, ovviamente. Così come, ovviamente, le nuove tasse deprimeranno nuovamente i consumi. Ma il burattino gongola: il primo quadrimestre di quest'anno ha visto i consumi in fortissima ripresa, ben lo 0,3%. Urca, di questo passo intorno al 2094 forse potremmo raggiungere i livelli pre crisi. Tra l'altro era inevitabile che qualche consumo crescesse rispetto ai valori disastrosi raggiunti. Qualcosa bisogna pur mangiare ed anche gli oggetti si consumano. Infatti a crescere maggiormente sono i prodotti di elettronica e legati ai computer, così come gli apparecchi medicali. E crescono gli acquisti di abbigliamento, perché magliette e pantaloni si consumano. Anche gli acquisti di auto sono ripartiti, per la semplice ragione che le vetture si rompono. E il dato resta inferiore di quasi il 50% rispetto al 2007. Ma questo, forse, non l'hanno spiegato al burattino. Che, guarda caso, afferma di ispirarsi a Marchionne nella sua elucubrazione su "emozionale e razionale". Quel Marchionne che, nel silenzio dei media, ha annunciato di trasferire il quartier generale della Fca da Torino a Londra. Dove, ovviamente, non si produce. E se avesse trasferito la sede dal Lingotto a Detroit si sarebbe pensato ad una scelta di carattere industriale. Ma a Londra non significa nulla di tutto ciò. Le ragioni fiscali e normative impongono l'apertura di un ufficio, non il traferimento del quartier generale. Una scelta che, al contrario, significa solo che ormai si vuole sottolineare la presa di distanza da Torino e dall'Italia. Un perfetto modello per il burattino. Che usa i sudditi italiani come bancomat per far contenti gli eurocialtroni di Bruxelles. Ed i finanzieri che lo sostengono. Peccato questa storiaccia del Pil proprio a ridosso delle elezioni. Ma il burattino non si è perso d'animo. E con lo stile berlusconiano e l'arroganza tutta propria, ha accusato i media (cioé gli zerbini cher l'hanno sempre esaltato, osannato, difeso, tutelato) di non aver sufficientemente informato sull'abbattimento dello spread prima della nuova risalita. Chissà se il burattino è soltanto bugiardo o non ha mai letto i giornali? E non ha mai visto i disgustosi servizi zerbinati di TgMatteo5? Ma quando iniziano i problemi, il burattino-bulletto va in crisi e reagisce come il bambino sorpreso con le dita nel naso: si arrabbia con chi l'ha visto.

giovedì 15 maggio 2014

Expo, andare avanti senza ladri. E senza imbecilli

Come gli orologi fermi, che due volte al giorno indicano l'ora giusta, anche il burattino Matteo a volte può aver ragione. Come nel caso dell'Expo di Milano. Non si può e non si deve fermare la macchina della dis organizzazione. Non si può e non si deve rinunciare alla vetrina mondiale, anche se la funzione di un'Esposizione universale è molto cambiata rispetto alle edizioni di oltre 100 anni or sono. Nel bene e nel male (più nel male) la macchina è partita. E bisogna far scendere i malfattori, ma proseguendo nel percorso. Insieme ai malfattori, e questo è un compito dei magistrati, bisognerebbe però far scendere anche gli imbecilli, gli incapaci, i raccomandati. E questo è compito della politica, delle fondazioni bancarie, dei centri di potere di ogni ordine e grado che hanno riempito la struttura dell'Expo di incompetenti di "buon comando". Perché l'ex magistrato Giancarlo Caselli chiede una svolta etica immediata, ma poi si dimentica che una svolta etica comporterebbe anche la cacciata di chi è stato collocato all'Expo dai suoi amici del "Sistema Torino". Invece, in Italia, l'etica significa soltanto cacciare chi si è fatto beccare con le mani nel vasetto della marmellata. E pare quasi che l'etica italiana non preveda l'onestà, ma solo la furbizia del non farsi scoprire. In fondo ci siamo abituati. Siamo rassegnati. Però l'Expo non è soltanto una "cosa nostra". E' la vetrina per presentarci al mondo come Paese creativo ed innovativo, attento alle tradizioni alimentari e pronto ad avere un ruolo di leader anche in questo ambito. L'alimentazione come eccellenza italiana e come simbolo di altre eccellenze italiane. Ma tutto questo come si concilia con i troppi incapaci che se occuperanno? Un problema di etica, ma anche di opportunità, di intelligenza. Come gli imprenditori che affidano al figlio deficiente la comunicazione, convinti che non sia importante (errore strategico colossale), così anche la classe dirigente di questo Paese ha pensato di poter collocare all'Expo tutti i rimasugli di casa, i personaggi di nessun conto parcheggiati in qualche (ben pagata) soffitta o in qualche scantinato dorato. E con questa gente l'Italia vuol presentarsi al mondo. Che, al contrario, manderà a Milano uomini e donne capaci, competenti, in grado di trasformare la vetrina mondiale in occasioni di incontri, di affari, di alleanze. Ed allora, come dice il burattino, andiamo avanti. Fermando i ladri, ma fermando anche gli imbecilli.

mercoledì 14 maggio 2014

L'Eurospeculazione contro l'Italia, non contro Berlu

A poco più di una settimana dal voto per le Europee, il libro del'ex ministro del Tesoro Usa, Tim Geithner, svela il complotto ordito da alti funzionari di alcuni Paesi del G8 per "deporre" Berlu. Complotto non riuscito in quell'occasione ma perfettamente riuscito poco dopo, quando la Merkel utilizzò i "mercati" per far lievitare lo spread italiano e costringere alla resa l'allora Cavaliere. Ma anche un coraggioso libro di Ugo Maria Tassinari, "Napolitano, il capo della banda", mette in luce le gravissime responsabilità della Cara Salma. Rieletto forse anche grazie ai comportamenti di quei giorni. E Tassinari, con una correttezza rara in questi tempi nel mondo della dis informazione, ricorda anche le anticipazioni comparse su "Il Grigiocrate" a proposito di queste operazioni lerce e truffaldine. Nei confronti di Berlu? Anche. Ma soprattutto nei confronti dell'Italia. Perché la squallida operazione dei mercati, imbeccati da Merkel, per far schizzare lo spread alle stelle, non ha solo tolto di mezzo Berlu, ma è costata una montagna di soldi agli italiani. L'austerità imposta, per ordine di questi cialtroni europei, ha prodotto suicidi, povertà, disoccupazione, chiusura di aziende, emigrazione forzata dei cervelli migliori. Ed ora questa cosa sporca chiamata Eurozona (l'Europa è altra cosa) continua a blaterare su immigrazione, sui conti, sul fiscal compact, sui sacrifici. E pretende pure un voto degli italiani per confermare i criminali che hanno provocato il disastro. Votare per loro, per confermare la povertà ed il ruolo subalterno dell'Italia. Votare per loro, che hanno creato prima la moneta unica (non accettata da tutti) perché non volevano e non potevano creare l'Europa dei popoli. Perché un'Europa dei popoli poteva essere basata solo sulla reciproca conoscenza, sulla verità storica. Quella verità che fa paura agli eurocialtroni. Perché la storia dell'Europa, quella vera e non quella politicamente corretta, racconta vicende che si preferisce cancellare. Racconta di classi dirigenti che speculavano e provocavano guerre, mandando a crepare i popoli per arricchire finanzieri ed imprenditori. Racconta di alleanze, inimicizie, interessi, comunanza di radici. Questa è l'Europa del sangue e della carne. Loro, gli eurocialtroni, su tutto questo fanno cadere un velo. Preferiscono complottare, preferiscono speculare. E chiedono il voto per continuare a farlo. Con l'appoggio dei giornali canaglia e dei giornalisti servi. Ma, troppo spesso, con l'appoggio di elettori idioti.

martedì 13 maggio 2014

Report e la sinistra vogliono più multe

La sinistra vera, quella che conta, non è la pagliacciata offerta dal burattino fiorentino. Quella vera emerge puntualmente ad ogni puntata di Report, di Piazza Pulita, di Servizio Pubblico. La sinistra che odia gli italiani. Oddio, magari hanno pure molte ragioni. Ma i telegiornalisti schierati esagerano. Ed i loro referenti politici, pure. Tutti alle prese con la cupidigia delle tasse. Deruba i tuoi sudditi, sino a quando hanno qualche risparmio. Poi li cacci, li sostituisci con i clandestini e ricominci il gioco. Lo sceriffo di Nottingham, al confronto, era un dilettante. Ieri Report era alle prese con le multe affibbiate agli automobilisti. Un'inchiesta che he permesso di rilevare come gli introiti dei Comuni si siano ridotti perché, con lo sconto del 30% per chi paga subito, quelli che intendono pagare usufruiscono dello sconto mentre gli altri - sempre più numerosi - continuano a non pagare. Un'indagine corretta, fatta bene. Ma poi arrivano le soluzione del partito dei tassatori folli della sinistra-strega. Bisogna togliere lo sconto oppure aumentare le multe ed i loro importi. Dunque chi paga, dovrà pagare di più. E chi non sbaglia dovrà pagare lo stesso per interpretazioni sempre più faziose e capziose da parte dei vigili e della polstrada. Tanto per migliorare il rapporto tra cittadino-suddito e Stato-oppressore. D'altronde, lo ammettono anche gli amministratori, le casse dei Comuni prevedono a priori i mega incassi per le multe. E con quei soldi dovrebbero pagare la manutenzione delle strade, ma pure asili nido e servizi per gli anziani. Dunque è indispensabile che gli automobilisti siano indisciplinati e paghino le multe. Perché, se rispettano il codice stradale, non si incassano più soldi. Ed allora vai con gli agguati, con limiti di velocità che non consentono neppure di inserire la seconda marcia, con semafori che scattano all'improvviso. La creatività degli amministratori è nulla sulla cose serie, ma quando si tratta di depredare i sudditi, diventano un esercito di geniali inventori. Ovviamente nessuno si chiede perché un numero crescente di sudditi non paghi più le multe. Così come non paga più affitti, bollette e quant'altro. Così come diserta i negozi di alimentari di qualità per puntrae sui discount. Così come rinunciano alle cure dentistiche, con il record negativo in Europa. Già, perché se qualcuno a Report o tra gli sceriffi di Nottingham si ponesse la domanda, dovrebbe rispondersi che i sudditi non pagano perché non possono più permetterselo. Perché le politiche del Grigiocrate e dei suoi complici hanno portato l'Italia alla fame. Ma a Report ed agli sceriffi non importa nulla. Aumentiamo le tasse, aumentiamo le multe. E cacciamo gli italiani

lunedì 12 maggio 2014

Buttafuoco, Cardini e l'omologazione obbligata

"Se c'è una cosa che non sopporto nel giornalismo e negli scrittori è l'approssimazione". Così disse, giustamente, una delle grandi firme delle pagine culturali del quotidiano di riferimento della sinistra chic nel corso di una presentazione di iniziative e-book al Salone del libro. Brava. Così brava da rivolgersi ad uno dei relatori, esperto di questioni francesi, partendo dal presupposto che la Francia abbia la metà degli abitanti dell'Italia. Meno male che era contro l'approssimazione. La Francia ha pochi milioni di abitanti in più dell'Italia, ma la giornalista radical chic (vista la crassa ignoranza sulle questioni transalpine non si può definirla gauche caviar) lo ignora e prosegue con la sua spocchia ed arroganza. Prima se la prende con i vertici del Salone che hanno disertato la sua performance - ed uno dei relatori le fa notare che l'editoria digitale rappresenta meno del 2% del giro d'affari del settore - poi confonde "tu" con "te", tanto per ribadire il proprio spessore culturale. Ma il sistema culturale italiano è tutto dalla sua parte. Sono personaggi di questo livello che dominano la scena perché, intorno a loro, è stata costruita una impalcatura fatta di recensioni, presentazioni incrociate, premi scambiati tra amici e compagni, assunzioni, nomine in posti eccellenti. Il vuoto cosmico trasformato in cultura italiana, in gestione del patrimonio culturale, in occupazione stabile di posti di potere. Lasciando, agli altri, le briciole. Ma solo per sembrare aperti, pluralisti, tolleranti, democratici. Se no, si mangerebbero anche le briciole. E invece, tra una briciola e l'altra, si trova anche da sfamarsi con gusto, con qualità. L'intervento di Franco Cardini, alla presentazione di due volumi dedicati da Bietti a Cioran ed Eliade, è stata una lezione di altissimo livello sulla storia della Romania e sul senso e gli errori dell'Europa. E non è stato da meno De Turris nel presentare la sua rivista Antares. Così come Buttafuoco e Veneziani, in due diversi incontri sulle destre, hanno dimostrato che esiste una cultura diversa rispetto a quella ufficiale (Buttafuoco: "l'ultimo disastro di Alemanno? Aver lasciato Roma ad un sindaco peggiore di lui"). E che meriterebbe qualche spazio in più rispetto al nulla garantito da Rai, Mediaset, La 7, dagli assessori della stessa area, dai ministri che, in era Berlu, si sono succeduti ad occupare abusivamente poltrone inadatte a loro. Impossibile fare altrimenti? E' la solita, inaccettabile, scusa di chi vuol nascondere la propria pochezza. L'editrice Thule ha pubblicato, in italiano, i diari di Goebbels "Dal Kaiserhof alla Cancelleria del Reich" dedicati alla conquista del potere, attraverso le elezioni, nonostante la censura dei giornali, nonostante il controllo dell'informazione da parte degli avversari, nonostante proibizioni e boicottaggi. Ma lo stesso vale per ogni Paese, per ogni ideologia di opposizione. Lavorare, investire denaro nell'informazione e nella comunicazione, far conoscere le proprie idee, qualora se ne abbiano. Invece i vigliacchi son quelli che, da posizioni di potere, non han mai fatto nulla per tutelare la diversità culturale ed ora sono pronti a regalare anche l'Acqui Storia - unico premio storico letterario rimasto pluralista - all'omogeneità di chi combatte l'approssimazione in nome del politicamente corretto e dell'ingoranza assoluta.

venerdì 9 maggio 2014

Expo 2015, mettiamo in vetrina il peggio del peggio

Il mondo cambia a velocità crescente - e se ne parlerà, ad inizio luglio, nel work shop annuale del Nodo di Gordio a Pergine Valsugana - ma l'Italia resta ferma agli anni 90 ed anche a prima. Non ci si schioda da Tangentopoli. E non solo come idea di macostume e di malaffare, anche con i medesimi personaggi. D'altronde bisognava risarcire, in qualche modo, il "compagno G" (Greganti) che era finito in galera all'epoca ma non aveva mai parlato ed aveva salvato, in questo modo, il Pci. Ed allora rieccolo all'Expo milanese. In compagnia di ex Dc. Di ex qualsiasi cosa. Ma, in fondo, è giusto così. Se l'Expo 2015 deve essere la vetrina del made in Italy, cosa c'è di più tipico di questa Italia? Il malaffare, le tangenti, la nomina di incapaci ed incompetenti. Il tale ha provocato disastri ovunque sia stato collocato? Benissimo, un posto all'Expo se l'è meritato. Vogliamo mica offrire al mondo l'idea di un'Italia di poeti e navigatori? Meglio oscuri naviganti nella melma tangentizia. Vogliamo mica offrire al mondo l'idea che questa sia la patria di Michelangelo, di Leonardo, di Brunelleschi? Macché, presentiamo quei due osceni giuanduiotti di vetro davanti al Castello Sforzesco. Perché il fascino del passato deve essere oscurato dalla volgarità del presente. In fondo siamo il Paese perfetto per ospitare le delegazioni in arrivo da tutto il mondo. Perché a fronte delle porcate architettoniche, degli scandali, dei ritardi, delle incapacità, tutti gli altri Paesi si sentiranno migliori. Dilettanti allo sbaraglio. Ma ci penserà il burattino con qualche discorso di un'ora sul nulla cosmico a raddrizzare la situazione. Perché i media di servizio - qualcuno li definiva journaille, contrazione di giornali canaglia - osanneranno il prode burattino ed esalteranno le magnifiche sorti e progressive dell'Italia. E tutti saran pronti a credere e seguiranno il pifferaio fiorentino sino al salto nell'abisso. Fantastica, l'Italia dell'Expo. Il peggio del peggio a gestire l'esposizione di quello che dovrebbe essere il meglio del meglio. Nel frattempo la Cina si è comprata l'Africa, sta investendo risorse immense in America Latina, punta al settore bancario della Turchia. E se ne frega dell'Italia. Meglio, certo. Ma forse bisognerebbe chiedersi perché non siamo interessanti neppure come preda. Solo i marchi del lusso, peraltro già ampiamente in mani straniere, e qualche eccellenza alimentare. Ma i nostri tangentisti non intyeressano a nessuno?

giovedì 8 maggio 2014

Miracolo a Torino: la cultura non conforme è viva

Berlu, folgorato sulla via del sapere, chiede sgravi fiscali per le aziende che investono in cultura (sperando che non consideri cultura le sue performances canore o le marchette insopportabili delle sue tv). Franceschini, illuminato sulla via del Salone del libro, invoca risarcimenti televisivi in favore dei libri. Miracoli della campagna elettorale e dell'avvio della manifestazione torinese dedicata alla lettura. Ma qualche miracolo, al Lingotto Fiere, è davvero possibile. Quella "cultura di destra" di cui i politici di destra parlano senza avere la minima idea di cosa si tratti. Non quella dei dibattiti ufficiali, miracolosamente presenti in questa edizione. Ma quella degli espositori. Che hanno il coraggio di Ciclostile nel presentare "Giuseppe Solaro, il fascista che sfidò la Fiat e Wall Street", di Fabrizio Vincenti. Ci vuole il coraggio di Eclettica per presentare "Apuania" di Paolo Camaiora, dedicato all'architettura fascista in quella parte di Toscana. Ci vuole il coraggio di Bietti nel preparare un approfondito libro-intervista a Gianfranco De Turris su tutta la cultura alternativa dell'Italia politicamente scorretta. Ci vuole il coraggio di Carlo Sburlati e del suo premio Acqui Storia - che verrà presentato domani alle 15,30 al Salone - per rivoluzionare la storiografia italiana, aprendola alla libertà di pensiero e di interpretazione. Certo, ci viole coraggio. Ma le persone coraggiose non sono sparite. Anche se non vanno al Salone del Libro. La geopolitica di Daniele Lazzeri, Andrea Marcigliano ed Ermanno Visintainer, i libri pubblicati da Enzo Cipriano, Ritter ed Orion, l'informazione quotidiana - politica, economica ed anche sportiva - di Barbadillo, il sito Destra.it. La destra? No, le varie forme. Spesso anche lontane tra di loro nell'analisi, nelle proposte, nei riferimenti ideali ed ideologici. Ma caratterizzate dal rispetto e, più di una volta, dalla capacità di far sinergie. Quella parola, "sinergie", che è totalmente assente dal vocabolario dei politici dell'intera area di centrodestra. Sostituita da termini come "gelosia", "invidia", "rancore", "opportunismo". L'incapacità della destra politica di far sinergie è quella che ha portato all'annientamento culturale dei rispettivi partiti e partitini nonostante la sopravvivenza, al di fuori, di un pensiero non conforme che è vivo anche se ignorato dai politici. O forse è vivo proprio per questo. Comunque, se Berlu nella sua nuova versione vuole scoprire una cultura alternativa, adesso sa anche dove cercarla

mercoledì 7 maggio 2014

Santoro vs Fatto Quotidiano: paura per il crollo di ascolti

Santoro contro Il Fatto Quotidiano, con scambio di accuse reciproche sul crollo degli ascolti e sul calo delle vendite. E non uno che si interroghi sulle ragioni della disaffezione del pubblico. Il predicatore Santoro ha stufato, ma non vuole rendersene conto. Neppure i vecchi dei circoli Anpi riescono più a sopportarlo. Banalità, retorica, luoghi comuni, il politicamente corretto non affascinano più. Persino la sinistra normodotata evita accuratamente di seguire il re della noia. Per non parlare della scelta degli ospiti e della loro gestione nel corso del programma. Bisogna sperare che Sgarbi si incavoli con tutto e con tutti, o che Cacciari manifesti il suo fastidio nei confronti di qualche altro ospite, per garantire un minino di verve ad un programma comatoso. Ed il lancio della "velina rossa" come conduttrice servirà solo a confermare l'idea che il programma si sia trasformato in una conventicola di parenti, amici e amici degli amici. Satira azzerata, interesse annientato, approfondimento fazioso, collegamenti a senso unico. Non è difficile capire perché gli ascolti crollino. Ed a Santoro non serve a nulla sottolineare che anche il Fatto perde copie. Quel Fatto che garantisce, ad ogni puntata, la presenza di Travaglio. Ma il calo di vendite del giornale è sostanzialmente diverso dal calo di ascolti. Perché, da un lato, il quotidiano cartaceo perde lettori in assoluto, ma cala in linea con la flessione delle vendite della carta stampata in genere. Dall'altra Santoro crolla anche in termini percentuali rispetto al totale dei telespettatori. Non è proprio la stessa cosa. Dopodiché bisognerebbe chiedersi perché i programmi di sedicenti informatori non piacciono più. Sarà forse perché la credibilità dei giornalisti procede a rapidi passi verso lo zero assoluto? Sarà forse perché la faziosità ha superato i livelli di tollerabilità? Sarà forse perché la qualità dell'informazione non è mai stata così bassa? Quando non si riesce neppure a parlare un italiano da terza media, diventa difficile essere credibili in quanto giornalisti. Quando i congiuntivi sono più impegnativi della vetta del Monte Bianco, quando le domande sono di una stupidità imbarazzante, quando l'autocensura prevale, il pubblico fa bene a fuggire, a sparire. Nell'orribile film di Woody Allen "To Rome with love" ci sono perlomeno un paio di scene gustose: quelle nelle quali si vedono frotte di giornalisti porre domande assurde (usa i boxer o gli slip? cosa ha mangiato a colazione? e via così) ad un perfetto sconosciuto trasformato in divo mediatico. Ecco, la realtà dell'informazione italiana non è molto diversa. E' sufficiente assistere ad uno dei tanti assalti al personaggio del momento per rendersi conto che le domande non sono più intelligenti di quelle inserite nel film. Ed allora, forse, Santoro dovrebbe partire da questa realtà per spiegarsi il crollo del suo programma e le difficoltà dei giornali.

martedì 6 maggio 2014

Maleducate e bugiarde: le istituzioni italiane nell'era dei Fassino

Non è il primo politico maleducato. E neppure il primo politico bugiardo. Neanche il primo che butta montagne di soldi, pubblici, per una comunicazione disastrosa. Piero Fassino, il sindaco con il ditino (medio alzato), non può vantare alcuna primogenitura. Fassino, quello famoso per "abbiamo una banca", quello che aspirava alla presidenza della repubblica. Tutto rigorosamente minuscolo. Perché se le istituzioni della repubblica sono queste, ogni maiuscola è uno spreco senza senso. Un sindaco, e non di un paesino sperduto, non può permettersi - nella sua veste ufficiale - di mostrare il dito medio a chi non lo rispetta (avrà pensato che, messo in soffitta il pugno chiuso, il nuovo saluto del Pd fosse questo? Un solo dito, in nome della spending review renziana). Perché è vero che gli ospiti vanno trattati bene, ma se il padrone di casa è un cafone, l'ospite non può comportarsi nel medesimo modo, quando vuole rappresentare una istituzione. Poi, a casa sua, Fassino può mettersi le dita nel naso o fare gesti sconci davanti alla tv. Ma come sindaco non può. Capita, certo. E non muore nessuno. Ma il peggio è venuto dopo. Quando ha preteso che i suoi giornali di servizio smentissero il gesto maleducato. Lui? Ma quando mai! Ecco, un sindaco maleducato non è il massimo, uno bugiardo è pessimo, uno che impone la smentita di una cosa vera è da cacciare. Perché in questa repubblica tartufesca, tutti gli "istituzionali" pretendono rispetto per le proprie cariche e per le proprie figure pubbliche. Ma non mostrano il medesimo rispetto per i sudditi. E non può esserci sempre un esponente dei Grillini che filma, che fotografa, che pubblica i fatti per smentire il potere bugiardo. Quando il ministro Alfano ed il questore mentono su una trattativa allo stadio che loro negano e che tutti han visto (con tanto di carte della federazione), le istituzioni affondano. Quando il ministro Padoan parla di ripresa di fronte ad un Pil che cresce dello 0,6% e dunque meno dell'inflazione, mente e sputtana le istituzioni. Quando, per tornare a Torino, gli assessori fanno balenare la presenza del Papa al Salone del libro di quest'anno - con mega effetto annuncio grazie ai soliti giornali di servizio - mentono e sputtanano il loro ruolo e pure il Salone. Un Salone che inizia giovedì e che, guarda caso, proprio all'ultima edizione del pessimo assessore regionale alla Cultura teoricamente di centrodestra offrirà spazio a un dibattito sulle culture di destra. E persino alla presentazione, a partire da venerdì, di quel premio Acqui Storia così fastidiosamente scorretto in quanto libero. Perché se le istituzioni devono essere spazzate via, esistono operatori culturali da cui ripartire. Senza dito medio alzato, senza smentite bugiarde, senza giornali di servizio.

lunedì 5 maggio 2014

I fischi all'inno: fratelli di chi?

Dopo la finale di Coppa Italia, tutti i commentatori di servizio si sono sbizzarriti sugli episodi del prepartita, sugli scontri. O anche sulla trattativa, evidente a tutti tranne che alle istituzioni, con Genny La Carogna per far giocare la partita. Si è invece preferito glissare abbondantemente sui fischi, generali, che hanno accompagnato l'inno nazionale. Era già accaduto in Francia, dove a fischiare erano però gli immigrati nordafricani che non si sentono francesi nonostante il parere contrario dei politicamente corretti. Questa volta, a Roma, i fischiatori erano rigorsamente italiani. Ma italiani che fischiano un inno che non è più nazionale ma solo istituzionale. Fischiavano l'inno perché era quello di Grasso e del burattino. E gli italiani, non solo quelli dello stadio, non si sentono più rappresentati né dal presidente del Senato né dal presidente del Consiglio. Quando i sondaggi assicurano che il Pd è il primo partito con oltre il 30% dei consensi, ci si dimentica di far notare che quasi metà della popolazione non vota più e che il consenso reale scende a poco più del 15%. Ed allora ci si stupisce se uno stadio intero fischia l'inno di uno Stato che è diventato nemico? Fratelli d'Italia? Ma quali fratelli? Fratelli dei signori delle istituzioni o fratelli dei precari a vita? E ci si stupisce se un altro stadio, quello di San Siro, si schiera totalmente dalla parte delle vittime delle forze dell'ordine? Perché è vero che rischiano la vita per poco più di mille euro al mese, ma la rischiano per difendere chi? I palazzi delle banche ed i ministeri? La sede di Equitalia ed i palazzi del potere? Ed allora diventa evidente che il distacco tra le istituzioni ed il popolo aumenta ogni giorno di più. Non importa quale sia il partito, l'uomo delle istituzioni è il nemico. Se 10 famiglie italiane hanno un patrimonio analogo a quello di mezzo milione di famiglie di operai, davvero si può credere che tutti si sentano fratelli d'Italia? Se la casta, quella vera e non quella indicata dai media, si fa difendere dalle forze dell'ordine, come si può pensare che tutti gli esclusi si sentano affratellati e rispettosi delle istituzioni? Il solito sociologo di riferimento sostiene che basterebbe chiudere gli stadi e sospendere i campionati di calcio per qualche anno, per far crescere il Paese. Al di là degli interessi economici in ballo - perché, contrariamente a quanto sostengono i rappresentanti delle istituzioni, se una partita si gioca o meno non lo decidono loro ma i diritti tv - la proposta non è assurda. E' assolutamente funzionale al potere. Negli stadi il popolo vessato si ribella perché si sente protetto dal numero, dalla massa. Senza stadi, tutti si sentirebbero isolati e non avrebbero il coraggio di reagire ai soprusi. Se far crescere l'Italia significa aumentare il numero di pecore belanti a comando, allora è giusto eliminare il calcio e chiudere gli stadi. E non punire soltanto chi commette atti di violenza, ma anche chi fischia. Perché il potere non ama i fischi e le contestazioni. Forse si dovrebbe offrire un biglietto omaggio agli uomini delle istituzioni. Non per andare allo stadio, ma al cinema. A vedere l'ultima parte del Gladiatore. L'imperatore nel circo come il burattino ed i suoi compari allo stadio. Ma forse, a questi esponenti dell'Italia 2.0, i riferimenti storici non interessano..

venerdì 2 maggio 2014

I finti No Tav spaventano il Sistema

Primo maggio di scontri in piazza a Torino. Ed è facile, per tutti, risolvere la questione parlando dei "soliti No Tav". Facile, indubbiamente, anche tropo facile. E infatti chi, come Tassinari, non si ferma alla faciloneria superficiale, sottolinea come la protesta torinese vada ben oltre i lavori per l'alta velocità. Ma sia la spia di un malessere sociale molto più profondo. Che, non a caso, esplode nella città del "Sistema Torino", quella che piazza l'ex ministro Elsa Fornero nel consiglio della Centrale del Latte perché i membri del "sistema" devono essere tutelati e garantiti anche se hanno provocato disastri. Come stupirsi, allora, che di fronte a simili comportamenti la protesta non esploda? Certo, tutta la politica locale (ed anche quella nazionale, che viene disinformata dal territorio) risolve il problema accusando i No Tav. Peccato che la maggior parte dei giovani e meno giovani scesi in piazza se ne freghi totalmente del treno e della Val Susa. No Tav è solo uno slogan, una bandiera. Dietro a cui stanno i problemi veri e, soprattutto, una rabbia vera. Ed è vero che la protesta vede la presenza dei Bobo alla subalpina, dei figli dei radical chic della collina, della gauche caviar. Ma ci sono anche tutti gli altri. Che manco sanno cosa voglia dire Bobo e il caviale l'han visto solo nei film. Torino ha il record di disoccupazione nelle grandi città del Nord. Torino ha l'aliquota più alta per la Tasi. Torino ha decine e decine di abitazioni occupate da immigrati irregolari mentre i torinesi una casa non ce l'hanno. Girando per la città, anche in pieno giorno, si vedono anziani italiani e stranieri frugare nei cassonetti dell'immondizia alla ricerca di qualcosa, di qualsiasi cosa. Di giornali vecchi da leggere, di scarpe rotte da utilizzare. Di cibo. Ed al termine della giornata di vendita, i mercati rionali vedono sciamare i vecchi alla ricerca di altro cibo abbandonato o gettato via perché invendibile. Ma di fronte a questa situazione il Sistema Torino si occupa di collocare Elsa Fornero. Per poi indignarsi se scoppiano incidenti al corteo del 1° maggio. Per poi stupirsi se un numero crescente di persone fischia ed insulta i rappresentanti di questo sistema. Pronto a trasformarsi in Sistema Piemonte dopo le imminenti elezioni regionali. Riproponendo ex manager Fiat ormai decotti ma tanto amici del vecchio che avanza, ex dirigenti che si sono distinte per i favori concessi dalla città ad amici e parenti, neoconsiglieri rigorosamente con cognomi noti e stranoti. E di fronte a questo sistema ad escludendum, si pretende che gli esclusi si entusiasmino. Portando concerti jazz in periferia, disertati dal pubblico. Portando il vescovo a dire banalità politicamente corrette. Non basta più. Torino città laboratorio, assicura Tassinari. Sarebbe il caso che il Sistema, ed i suoi finti oppositori, se ne accorgessero. Invece l'unica reazione è il compattarsi di maggioranza e finta opposizione. Tutti uniti contro i No Tav. Tutti uniti contro chiunque metta in dubbio il funzionamento del Sistema. E se la finta opposizione si accoda, uno strapuntino le verrà concesso. Sino a quando l'opposione, quella vera, non lo leverà da sotto al sedere.