giovedì 21 luglio 2016

Si torna al calcio, sotto la bandiera della 'ndrangheta

Non è parso vero all'informazione di servizio di doversi occupare a tempo pieno della strage di Nizza e del colpo di Stato in Turchia. Così è stato evitato il rischio di passare l'estate ad occuparsi di calcio. Ma non delle solite bufale di mercato e della preparazione delle squadre. Già, perché prima di Nizza stava esplodendo il caso della 'ndrangheta inserita nella curva della Juventus. Con tanto di suicidio di un capo tifoso. Un suicidio strano, subito dopo un interrogatorio da parte del magistrato. E l'uomo si è gettato da un cavalcavia dell'autostrada Torino-Savona. Pochi, quasi nessuno, hanno scritto che sulla stessa autostrada, e da un cavalcavia, era stato suicidato Edoardo Agnelli, il figlio dell'Avvocato. Meglio non ricordare, meglio evitare che si possa pensare a qualche segnale o avvertimento di tipo mafioso. Anzi, meglio tacere del tutto. Perché tirar fuori che una delle persone interrogate era un capo tifoso ed era anche sul libro paga della società calcistica? Il problema, con ogni evidenza, non riguarda solo la Juventus. Se a Torino si sta scoperchiando il bidone dei veleni, e si comincia a guardare in modo diverso a sparatorie e vicende varie, non significa che il marcio sia una prerogativa di quella che è la più ricca delle società calcistiche italiane. È ovvio che la 'ndrangheta punti in alto e cerchi il massimo profitto. Ma si è già visto come la criminalità organizzata abbia infettato, con il giro di scommesse, anche le serie calcistiche inferiori. Dunque è solo un problema di tempo, e di indagini, e poi si scoprirà che le mafie ed il calcio hanno molte più affinità di quanto si immagini. D'altronde è la società italiana nel suo complesso ad essere inquinata dalle mafie, mica solo il calcio. La differenza è rappresentata da quei tifosi che sono davvero convinti, in buona fede, di rappresentare un modo diverso di vivere, basato sul coraggio, sulla lealtà, sulla fedeltà, sull'onore. E rischiano botte e processi in nome di una maglia che è fonte di guadagno per la mafia, in nome di squadre locali che si vendono le partite nelle serie minori, in nome di calciatori mercenari che baciano ogni maglia che indossano giurando fedeltà eterna che dura meno della durata del contratto. Non è un problema di Juventus, e' un problema del calcio e dello sport in genere. Quello sport che finge di non vedere i condizionamenti mafiosi ma si indigna per il doping russo. E non è soltanto un problema italiano. Perché le mafie imperano ovunque. E si arricchiscono alle spalle di chi si entusiasma per il goal di un mercenario o per la rovesciata di uno che ha scommesso sulla propria partita

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