martedì 26 giugno 2018

Che tenerezza il Pd che non sa dove andare

Fanno quasi tenerezza i dirigenti del Pd alla ricerca di una via d’uscita dal tunnel in cui si sono cacciati. Certo, per provare tenerezza bisognerebbe dimenticare Maria Elena Etruria, l’invasione, la precarietà, l’arroganza del bugiardissimo, la guerra agli italiani, le lezioncine di sedicenti intellettuali spocchiosi. E tanto altro. A quel punto si può sorridere di fronte al tentativo di Calenda di cancellare il Pd per dar vita ad un misterioso Fronte Repubblicano. Mentre Martina vuole mantenere il Pd che si allarghi a nuove coalizioni e Fassino chiede un congresso anticipato. Quello che manca, però, è un progetto. Manca una proposta, un’idea. Il tracollo del Pd non è dovuto all’antipatia per una sigla che non significa nulla. È dovuto alle posizioni politiche che vanno contro il Paese. Il politicamente corretto fa ormai schifo a buona parte degli italiani che hanno capito come venga utilizzato per fregarli in ogni modo. Non sopportano più i Saviano e le sue banalità scopiazzate, non sopportano più  gli inviti ad impoverirsi per mantenere ospiti non invitati, non sopportano più di essere aggrediti da gente che non andrà mai in galera grazie a magistrati allineati con il pensiero unico obbligatorio. E non ha nessuna importanza sapere se chi vuole distruggerli si presenta sotto la sigla Pd o sotto quella di Fronte Repubblicano.  Quello che importa è sapere se questa sinistra di intellettuali plagiatori continuerà a difendere i salotti chic del centro città fregandosene della vita nelle periferie. Se continuerà ad obbligare le fasce di italiani più poveri e più deboli a convivere con la delinquenza, la violenza, i soprusi di chi sa di godere della totale impunità. Le sigle non interessano a nessuno e il Pd,  o il Fronte Repubblicano, non può neppure illudersi di approfittare di eventuali errori del governo gialloverde. Perché un fallimento di Lega e 5 Stelle porterebbe a un aumento dell’astensione. Oppure alla nascita di nuovi movimenti, liste civiche, aggregazioni varie. Magari anche a sinistra, purché completamente diversa da quella cosa strana e brutta che è il Pd. Una sinistra che stia dalla parte del popolo e non dei salotti radical chic.

lunedì 25 giugno 2018

Amendola e il Pd lasceranno l’Italia che non li sopporta più?

Da 17 comuni amministrati a 5: la campagna di odio scatenata dal Pd contro l’inesistente pericolo fascista-razzista-xenofobo non ha prodotto grandi risultati. E se ai capoluoghi di provincia si aggiungono anche le altre città chiamate al ballottaggio, il disastro diventa ancora più evidente. Strano, la minaccia di Amendola di lasciare un’Italia che chiude i porti ha portato solo alla colletta per pagare all’attore un biglietto di sola andata per una qualsiasi meta purché lontana. Così come la disponibilità del Pd di Aosta ad aprire i porti (non è chiaro su quale torrente alpino) ha favorito la totale scomparsa del Pd dal consiglio regionale della Vallée. La discesa in campo dei professionisti dell’antifascismo - appoggiati dagli antinapoleonici, dagli antiscipionici e dagli antispartani - è riuscita a rivitalizzare anche i pentastellati che strappano al Pd una roccaforte storica come Imola. Chissà se i sindaci toscani dell’ex feudo rosso lasceranno l’Italia per chiedere asilo al Toy Boy dell’Eliseo o al compagno Sanchez in Spagna. Ma, soprattutto, occorrerà capire se la sinistra avrà il coraggio di fare autocritica o se preferirà proseguire nella sua guerra contro gli italiani per garantire uno stipendio ai professionisti delle Ong. Difficile, in realtà, pensare ad una vera autocritica. Perché significherebbe mandare a casa la disastrosa classe dirigente del partito, significherebbe prendere atto che il feudo toscano, dove imperversavano il bugiardissimo e Maria Elena Etruria, non ne può più dei loro atteggiamenti. Ma si è ribellata anche la Romagna e persino la politicamente corretta Ivrea che, per la prima volta dopo la nascita della repubblica, sarà guidata dal centro destra. Ora, però, cominciano i problemi proprio per l’alleanza tra Lega, Forza botulino e Fratelli d’Italia. Perché dovranno dimostrare di saper governare e amministrare. Non è che in passato, con le immancabili eccezioni, abbiano dimostrato grandi capacità e qualità. La controprova è attesa subito.

venerdì 22 giugno 2018

Troppe canne fan male a politici e intellettuali

Beatrice Lorenzin, ex ministro della Sanità in era Gentiloni, è l’emblema di una Italia pasticciona, che si arrangia pensando di essere furba. Strano che questa Italia non si sia riconosciuta in Lorenzin e l’abbia bocciata con un consenso pari allo zero virgola. Ora, da ministro non rimpianto, Lorenzin è tornata al centro della scena per la vicenda della Cannabis light. Il consueto pasticcio, appunto. Perché sono stati aperti negozi e locali approfittando della confusione legislativa. D’altronde il governo doveva correre dietro alle manifestazioni dell’Anpi, doveva mantenere i sedicenti volontari delle Ong, mica poteva occuparsi di sciocchezze come la salute. Poi, però, di fronte al dilagare dei negozi per la vendita di cannabis, persino alla Lorenzin è venuto qualche dubbio e ha chiesto un parere al Consiglio superiore della sanità. Chiederlo prima di permettere le aperture dei negozi sembrava brutto. Ora i medici hanno spiegato che anche le canne leggere possono essere pericolose. E si è scatenato il putiferio. Anche divertente, perché dimostra il livello dei politici e degli intellettuali politicamente corretti. Benedetto Della Vedova, un altro trionfatore delle urne come Lorenzin, ha tuonato che l’Italia diventerà il Paese del mercato nero anche per le canne leggere. Mentre il Tg5, organo ufficiale di Forza botulino e sostenitore a vita del bugiardissimo, si è indignato perché un eventuale divieto metterebbe a rischio delle attività imprenditoriali. Sulla base dello stesso principio del diritto assoluto a fare impresa e affari bisogna tollerare la Terra dei fuochi, la mafia, lo schiavismo e l’inquinamento ambientale. Perché vietare la costruzione di ecomostri sulle spiagge, se qualcuno ha investito nelle costruzioni abusive? Perché vietare lo spaccio di droga se esiste un mercato? Perché vietare gli omicidi su commissione se qualcuno può guadagnarci? In tutto questo casino gli unici che rischiano davvero di perderci sono gli agricoltori che coltivano canapa non per consumo individuale ma per la trasformazione industriale. Un settore che potrebbe crescere e garantire reddito, ma servirebbero regole chiare e una burocrazia meno ottusa. Invece si discute di altro, forse perché tra politici e intellettuali il consumo di canne è stato eccessivo e ha prodotto danni

martedì 12 giugno 2018

Forza botulino si porta in trionfo da sola

Forza botulino è il motore del successo del centro destra alle amministrative di domenica scorsa. Non  basta il crescente divario, a favore della Lega, per indurre i forzisti a proclami meno roboanti e un po’ più credibili. Anzi, insistono a dettare agli alleati (?) la linea da seguire al governo. La realtà, però, non sfugge a Berlu che annuncia l’ennesima rivoluzione nel suo partito di plastica. Troverà l’ennesimo delfino, sperando che questo abbia il quid mancante ad Alfano, e cercherà di ringiovanire il gruppo sempre più ignorato dagli elettori. Per il momento, però, le dichiarazioni dei soliti protagonisti non vanno nella direzione di un allentamento delle tensioni nella coalizione. Difficile pensare ad una alleanza vera ed organica sino a quando l’immagine di Forza Botulino sarà affidata alle esternazioni di Bernini o Gelmini. E ancora più difficile immaginare un rilancio elettorale con programmi che non appaiono né credibili né accattivanti. Un partito liberale di massa può interessare in una fase di espansione economica, quando prevale l’ottimismo e cresce l’illusione di approfittare dell’ascensore sociale per raggiungere livelli più alti. Ma quando le masse si ampliano perché l’ascensore funziona solo in discesa, il partito del botulino non attrae più. Se Salvini riuscirà a mantenere una anche minima parte delle promesse, fagociterà ciò che resta di Forza botulino. In caso contrario non sarà il delfino di Berlu ad approfittarne. Potrebbe essere Fdi, ma solo se spedirà sull’Aquarius buona parte dell’attuale classe dirigente romana e romanocentrica. Oppure aumenterà l’area del non voto in attesa della nascita di qualche nuova formazione politica. Mentre, sul fronte opposto, il Pd ha dimostrato di essere ancora vivo. Sconfitto ma vivo, con una chiamata alle armi per combattere il Governo gialloverde che ha favorito un ricompattamento. Ovviamente non basterà per il futuro la minaccia di Salvini e Di Maio, servirà un programma che vada nella direzione di una difesa degli italiani. Insomma, il contrario rispetto alle politiche di gente come Del Rio, di Maria Elena Etruria, di Fiano. Quanto ai 5 Stelle, prima o poi tornerà Di Battista e qualcosa potrà cambiare, anche se Casaleggio figlio non pare all’altezza del padre.

lunedì 11 giugno 2018

I migranti? Nei porti francesi

D’accordo che dalla scuola di Gelmini e Fedeli non si può pretendere una grande conoscenza della geografia,  ma è curioso che i giornalisti italiani ignorino che sul Mediterraneo si affaccino altri Paesi oltre a Italia e Malta. E che Francia e Spagna dispongono di porti accoglienti per le navi taxi delle Ong. Ma andrebbe ricordato ai media di servizio che esistono porti anche nell’Europa del Nord, porti considerati preferibili a quelli italiani quando si tratta di accogliere le merci che entrano nel Mediterraneo attraverso il Canale di Suez. Troppo comodo prendere i soldi e rifiutare i problemi. Non andrebbero neppure dimenticati i porti di Egitto, Tunisia, Marocco. Paesi dove non ci sono guerre, dove non ci sono carestie. Mare Nostrum? Troppo comodo fingere di essere rimasti all’Impero Romano quando, al contrario, da decenni l’Italia non conta più nulla, non ha una politica estera mirata al Mediterraneo, ha accettato senza fiatare le scelte aggressive della Francia e le ingerenze dell’Inghilterra. Il caos libico è stato provocato da Sarkozy, dunque sono i porti francesi che devono farsi carico delle conseguenze del disastro. E Bruxelles tace o balbetta le consuete idiozie senza senso, evidente dimostrazione del fallimento di una Europa affidata a burocrati ottusi quando non in palese malafede.  Il gesto di Salvini è riuscito almeno a dimostrare le assurdità di questa politica europea priva di ogni futuro se non viene radicalmente modificata. Non ha più senso dare ascolto ad alcolisti che ordinano di rispettare i parametri economici e finanziari (parametri sbagliati, peraltro) e tacciono di fronte ai costi dell’invasione. Probabilmente Salvini sarà costretto a cedere, ma ha comunque lanciato un segnale chiaro e coraggioso. Se non si vuol far saltare l’Unione europea, sarà meglio che a Bruxelles e a Berlino non sottovalutino la rabbia italiana.

mercoledì 6 giugno 2018

Forza botulino rende impossibili le alleanze regionali

Il dibattito in Senato sulla fiducia al nuovo governo avrebbe sancito la fine di ogni alleanza tra Lega e  Forza botulino. Avrebbe, perché in Italia nulla è così stabile come il provvisorio ma nulla è così provvisorio come le dichiarazioni di principio. Dunque Forza botulino potrà mantenere le giunte dove  governa insieme al barbaro leghista. Più imbarazzante sarà immaginare le prossime campagne elettorali, considerando che il veleno non viene sparso a piene mani soltanto da Bernini o Brunetta, ma anche dagli esponenti locali. Gli stessi che, in teoria, dovrebbero presentarsi insieme al barbaro in Trentino, già in autunno. E poi in Regioni come Piemonte e Sardegna dove, sempre in teoria, il centro destra potrebbe vincere archiviando i governi insoddisfacenti del centro sinistra. La frustrazione di Forza botulino potrebbe provocare situazioni completamente differenti. Tanto più se si considera che il prossimo anno si voterà anche per il Parlamento europeo, con posizioni molto diverse tra Salvini e Tajani. Un fronte populista contro un’alleanza tra forzisti e Pd? Per l’Europa il problema non si pone, poiché non ci sono coalizioni, ma una campagna elettorale impostata in un certo modo per l’Europa renderebbe difficile un accordo per governare insieme le Regioni. Resta poi l’incognita di Fratelli d’Italia. Per Meloni non si tratta di scegliere se essere prima in Gallia o seconda a Roma. Il suo è un ruolo marginale ma che potrebbe risultare comunque determinante. E tra essere la stampella di Forza botulino in declino o della Lega in crescita, la scelta pare facile. D’altronde si è visto in Valle d’Aosta   come l’alleanza tra Forzisti e Fdi sia risultata fallimentare, con neanche il 3% di voti complessivi e nessun eletto mentre la Lega trionfava. Sarebbe però necessario decidere subito il percorso da intraprendere. In Piemonte il centro sinistra ha già scelto il candidato. Il centro destra neppure le alleanze.

lunedì 4 giugno 2018

La banda del botulino preferisce il Pd

Domenica si voterà in molti Comuni italiani e il centro destra si presenta quasi sempre unito. Forse la banda del botulino all’interno di Forza Italia non lo sa. E forse non sa che in autunno si vota per le provinciali in Trentino, che la prossima primavera si vota per alcune regioni. Che cosa vogliono fare Brunetta e la Bernini? Ad ascoltare i loro commenti di questi giorni sembra che preferiscano un accordo con il Pd, magari illudendosi di una frattura che porti il bugiardissimo a creare un nuovo partito pronto all’alleanza del botulino, dopo il partito di plastica può nascere il partito della chirurgia plastica. Sostenuto da Sallusti, dalle reti Mediaset e pure dalla Rai perché i gialloverdi non saranno capaci di far piazza pulita e continueranno ad affidarsi ai soliti personaggi, accontentandosi di false promesse di correttezza ed imparzialità. Sul fronte opposto la situazione è più chiara. Lega e 5 Stelle almeno sono più chiari, la loro non è una alleanza strutturale ma un semplice accordo di governo che dovrà conciliare posizioni non sempre vicine. Poi, come diceva giustamente il vecchio democristiano Cirino Pomicino, nulla impedisce di presentarsi alle elezioni su fronti contrapposti per individuare, successivamente, temi comuni su cui accordarsi per governare. Dc e Psi si fronteggiavano nelle urne e poi governavano insieme. Resta l’incognita di Fdi, che non può crescere più di tanto con questa classe dirigente romana ma che ha qualche potenzialità in alcuni territori. Dovranno decidere con chi stare, se con il barbaro Salvini o con le madame del botulino e della plastica. Anche in caso di cartello elettorale a tre non potranno continuare a restare neutrali e a non contare nulla, restando equidistanti per ottenere qualche poltrona in regione o in comune. E prima o poi dovranno schierarsi pure gli esponenti locali di Forza Italia, scegliendo il barbaro o il botulino. Non è possibile continuare a lungo con l’ambiguità di una pseudo alleanza attaccata più volte al giorno dalle tv di un sedicente alleato.

venerdì 1 giugno 2018

Calenda e i Micron restano senza Fronte Repubblicano

D’accordo, in un Pd affidato a Martina è già un miracolo trovare qualcuno, come Calenda, in grado di  fare un ragionamento che superi i confini locali. Però il povero Calenda non si è accorto che la Francia ha una situazione molto diversa da quella italiana e che se Parigi ha Macron, il Pd italiano può contare solo sui Micron. Inevitabile, dunque, che la proposta di un Fronte Repubblicano anti populisti fascisti sia naufragata appena varata. D’altronde Marine Le Pen disponeva di una forte minoranza mentre Lega e 5 Stelle hanno una evidente maggioranza seppur pasticciata. E il fascino del Fronte Repubblicano di Calenda, magari insieme al bugiardissimo, proprio non è emerso. Neppure i sopravvissuti di LeU si sono fatti coinvolgere, più interessati ad un eventuale ricompattamento della sinistra ma per nulla attratti da un Fronte allargato magari anche a Forza Italia.  Tra i berluscones, invece, la tentazione del Fronte Repubblicano serpeggia. In una parte sempre più esigua del partito, ma c’è. Gli altri, invece, guardano ormai a Salvini come leader del centro destra intero e pensano a come riposizionarsi. Il disastro in Friuli Venezia Giulia e la cancellazione totale di Forza Italia in Valle d’Aosta hanno chiarito i termini del problema. Manca la soluzione. Se passare armi e bagagli nella Lega o se trasformare Forza Italia in un partito completamente diverso da quello di oggi. Perché con Gelmini e Tajani, sempre troppo vicino a Juncker, non si possono conquistare grandi risultati. Quanto al Fronte Repubblicano, il povero Calenda può contare sul sostegno del mondo dei giornali e dei giornalisti. Quelli che stanno chiusi nelle redazioni, che flirtano con i potenti (in realtà non flirtano ma si limitano a prendere ordini, felici di leccare la mano che getta l’osso) ma che ignorano completamente la realtà.

martedì 29 maggio 2018

Berlu vuole l’accordo con la Lega ma la attacca con il Tg5

Adesso Berlu cerca di rimettere insieme i cocci del centro destra. Le elezioni si avvicinano e i sondaggi, quelli che per Berlu sono Vangelo, non sono proprio incoraggianti per Forza Italia. Dunque nessuna fiducia a Cottarelli e ampi sorrisi a Salvini. Nel frattempo, però, il partito Mediaset continua ad attaccare la Lega e Fdi, tanto per chiarire il livello di lealtà che possono aspettarsi in futuro Salvini e Meloni. Tralasciando anche le pesanti offese rivolte ai leghisti da alcuni esponenti di Forza Italia che adesso vorrebbero essere rieletti con il sostegno dell’intero centro destra. Ancora questa mattina il Tg5 ha presentato Cottarelli non con una normale biografia ma con una agiografia semplicemente ridicola o vergognosa. Forse, prima di provare a ricreare l’alleanza, sarebbe il caso di cominciare a dimostrare un briciolo di correttezza, di lealtà. E non è che il Giornale diretto da Sallusti abbia avuto atteggiamenti particolarmente simpatici nei confronti di chi dovrebbe ora tornare a stipulare una alleanza elettorale. Su quali basi, poi? Sulla base della manifestazione di stima e fiducia nei confronti di Mattarella? Sul servilismo nei confronti del capitalismo speculativo? Le giustificazioni di Berlu e del partito Mediaset sono ormai ridicole: il sant’uomo di Arcore sarebbe costretto a questi comportamenti indecenti per salvare il lavoro delle migliaia di famiglie che lavorano nel suo gruppo. Peccato che in Italia esistano decine di migliaia di imprenditori che occupano milioni di lavoratori ma non per questo devono prostituirsi politicamente per salvare le aziende. Mediaset è sotto attacco e le altre imprese no? È vero, ma perché mai gli alleati dovrebbero difendere la proprietà di Berlu se il sant’uomo di Arcore la utilizza contro gli alleati? Se si tratta delle famiglie dei lavoratori, la proprietà non è determinante. Se si tratta di tutelare la proprietà, allora diventa determinante quella lealtà che sino ad ora Mediaset ha sempre evitato di dimostrare.

lunedì 28 maggio 2018

Italia verso il nulla, ma commissariata

E adesso? Di fronte allo scontro istituzionale, gravissimo e per colpa di Sergio Mattarella, l’Italia si è schierata senza se e senza ma. Sul nuovo governo? Ovviamente no. Sulle eliminazioni al Grande Fratello. In fondo poco è cambiato rispetto a quando Giorgio Gaber cantava che “l’Italia giocava alle carte e parlava di calcio nei bar” mentre i tecnocrati organizzavano un golpe bianco. L’unico cambiamento è che si è passati dalle carte alla tv e dal bar al divano di casa. Non è un caso se proprio le tv siano inondate di pubblicità sui divani. Dunque nell’indifferenza generale e nella indignazione di pochi, si proseguirà con il colpo di stato mascherato. Mattarella sarà appoggiato non solo dal Pd, che vede uno spiraglio per uscire dal cul de sac in cui si è cacciato, ma anche dai boldriniani e da Silvio Berlusconi. Che ha già scatenato il suo braccio armato, il Tg5, per attaccare quelli che in teoria sarebbero gli alleati di Forza Italia, cioè Lega e Fratelli d’Italia. Vergognosa la rappresentazione della crisi e delle responsabilità, d’altronde Lega e Fdi mai si sono impegnati per ottenere un atteggiamento corretto ed imparziale da parte di Mediaset ed ora devono mettere in conto una offensiva generale di tutti (o quasi) i media nazionali. La Rai renzizzata, Mediaset berlusconiana, i quotidiani della galassia debenedettiana, il Corriere di braccino Cairo. Chi è causa del suo mal.. Ovviamente sotto attacco ci saranno soprattutto i pentastellati, accusati per qualsiasi cosa, vera o falsa. Non che loro facciano qualcosa per evitare le critiche, che si tratti delle buche di Roma o dell’asservimento al vecchio sistema di potere a Torino. Nel frattempo riprendono massicci gli sbarchi di clandestini. Tanto per chiarire che si può anche utilizzare l’arma delle migrazioni per colpire un’Italia commissariata.

mercoledì 23 maggio 2018

Gelmini contro Conte all’asilo Mariuccia

“Chi la fa, l’aspetti”. No, non siamo all’asilo Mariuccia. La storica frase è stata pronunciata da Mariastella Gelmini, ora capogruppo di Forza Italia, ed è riferita allo strano curriculum di Giuseppe Conte, ricco di riferimenti che non avrebbero riscontri. In realtà non avevano riscontri neppure le dichiarazioni della Gelmini nella sua veste di ministro dell’Istruzione, allorché si dedicò ad apprezzamenti sul tunnel che univa Ginevra al Gran Sasso. Un tunnel che non esiste, ovviamente, ma questo era un particolare irrilevante per chi si occupava del settore scolastico ed universitario italiano.    Ora, con la frase da asilo, recupera almeno un ruolo per la formazione dei più piccoli. Il prossimo scontro politico sarà a base di “gne gne” e di “non ti faccio più amico”. D’altronde il Pd, imponendo Fedeli come ministro dell’Istruzione e della ricerca, era riuscito a far peggio. Perlomeno Conte uno straccio di laurea ce l’ha davvero. Ma è il livello medio generale ad essere drammaticamente basso, al di là dei titoli di studio. Si ironizza sui congiuntivi sbagliati ma forse sarebbe il caso di andarsi a rivedere i filmati con le interviste ai politici in occasione dei 150 anni dell'unità d’Italia. Ignoranza assoluta sulla storia nazionale, sulle istituzioni. Conseguenza inevitabile di aver affidato a certi ministri la scuola italiana. Il livello peggiora progressivamente e non si fa nulla per invertire il trend. Così anche i migliori, usciti dai pochi atenei di qualità, si inventano percorsi universitari all’estero per  un senso di inferiorità e per un provincialismo imbarazzante. Mentre gli altri, usciti da università dove la didattica è carente e la ricerca inesistente, si nascondono dietro al livello elevato di pochi atenei apprezzati anche all’estero. Ma con queste basi si pretenderebbe persino di avere una classe dirigente di qualità, non solo tra i politici ma anche nella società civile. Perché è vero che ci sono stati grandi scienziati e statisti senza una laurea, ma con una formazione personale continua e di ottimo livello. Non con una giovinezza trascorsa su un divano a sbirciare programmi spazzatura come il Grande Fratello.

martedì 22 maggio 2018

Mattarella non vuole Savona? Dovrebbe spiegare il perché

L’economista Paolo Savona non piace a Mattarella. Ovviamente anche il presidente della repubblica può avere le sue preferenze e può entusiasmarsi persino per ministri come Padoan o addirittura Fedeli, senza emettere un fiato per la loro inadeguatezza. Ma se Mattarella non vuole Savona come ministro, dovrebbe motivare la scelta in qualche modo. Non basta dire che non gli piace. Magari dovrebbe aggiungere che ha ricevuto degli ordini da qualcuno fuori dall’Italia e che, da soldatino ubbidiente, si è subito adeguato. Perché mai come adesso appare evidente la subalternità dell’Italia nei confronti di tutti. Non importa se si è servi dell’asse angloamericano o di quello francotedesco. Servi si resta. Perché un presidente della repubblica avrebbe dovuto avere il buon gusto di protestare, a muso duro, contro le inaccettabili interferenze e gli ammonimenti arrivati prima dai commissari europei e poi da politici francesi e tedeschi. Invece nulla. Silenzio assoluto a rimarcare che non abbiamo un presidente arbitro super partes ma un arbitro schierato contro chi è stato votato dagli italiani. Non è una bella cosa. E Mattarella sa benissimo che Paolo Savona può avere tutte le idee eterodosse, ma da ministro avrebbe anche dei limiti per la sua azione. Non quelli a cui si riferisce il ministro francese e che la Francia ha superato ogni volta che ha voluto. Ma comunque dei limiti oggettivi. Meno limiti avrebbe un Salvini ministro dell’Interno per intervenire contro l’inarrestabile invasione voluta dai mercanti di schiavi e da un padronato ottuso che li sfrutta. Con costi enormi per gli italiani, soldi che potrebbero essere utilizzati per migliorare la sanità o per ridurre le tasse, o per creare occupazione qualificata. Scelte che, evidentemente, non piacciono agli euro cialtroni impregnati di politicamente corretto. Quanto agli aspetti economici e finanziari, non c'è dubbio che l’Italia sia ampiamente inadempiente. Tangenti, corruzione, sprechi, incapacità, clientelismo, miopia: tutti difetti reali che coinvolgono politici, imprenditori e il comune cittadino. Ma sono inadempienti anche Paesi come la Germania che  scarica sull’Europa i buchi delle sue banche causati da assurde politiche tedesche in Grecia; come i Paesi del Nord che fanno transitare dai loro porti le merci cinesi contraffatte; come i Paesi del fronte orientale che taroccano i marchi del cibo italiano; come la Francia con immense porcate sul fronte internazionale. La differenza è che loro hanno presidenti che difendono i rispettivi Paesi e non si oppongono al voto popolare.

giovedì 17 maggio 2018

Multe europee per il governo gialloverde. O no?

È una vergogna il governo gialloverde. Ci costerà una montagna di denaro. E si comincia subito. Per colpa di Salvini e Di Maio dovremo pagare multe colossali per la pessima gestione della xilella. E altre multe gigantesche per il mancato stoccaggio delle scorie nucleari. Ma è ancora peggio la multa europea per l’inquinamento nelle grandi città. Meno male che ci pensa Bruxelles a intervenire contro il dilettantismo dei leghisti e dei pentastellati. Ah no, contrordine compagni e forzisti: pare che le multe si riferiscano a comportamenti dei precedenti governi, quelli responsabili e di elevata professionalità. Ma almeno sarà colpa dei gialloverdi il pasticcio sulle quote latte, che ha portato alla cancellazione di migliaia di stalle italiane. No, dalla regia ci comunicano che la questione era stata gestita dai governi precedenti. Beh, se si trattava anche del governo Berlusconi vuol dire che le stalle erano troppe e che era giusto eliminare gli allevatori. Il debito pubblico, però, è sicuramente cresciuto per colpa dei leghisti e dei pentastellati, ed è sacrosanto che ora l’Europa si preoccupi per il loro governo di irresponsabili e di persone che non hanno mai lavorato. Ah no? Il debito è cresciuto con i governi dei tecnici e dei professori? Strano, ma avranno migliorato la vita degli italiani, rendendoli più ricchi, più felici, più sicuri. Non risulta? Strano, sarà colpa delle statistiche sbagliate. Perché gli speculatori, in Italia, sono felici, ricchi e sicuri. E gli altri? Chissenefrega. Come spiega bene Riotta, in Costituzione non c’è scritto che la sovranità appartiene al popolo. Va bene, ci sarebbe scritto, ma nel Bignami dove ha studiato Riotta quella parte era stata dimenticata. Mica sarà colpa sua, come non è colpa sua se quando ha fatto il direttore di un quotidiano le copie vendute sono crollate. L’informazione ufficiale è la sua, a prescindere. Dunque niente sovranità al popolo, e niente lavoro.  Anche repubblica democratica è da cancellare. Se lo dice Riotta..

martedì 15 maggio 2018

Tutti muti sulla strage di palestinesi voluta da Trump

Le primavere arabe hanno fatto sollevare il mondo perché i regimi locali avevano assassinato alcuni manifestanti. Israele ammazza, in un colpo solo, più di 50 manifestanti palestinesi, con oltre 2mila feriti, ma il mondo non si solleva. Il massimo dell’indignazione è rappresentato da quella farsa che è l’Unione europea che invita alla moderazione. E tacciono i responsabili del Giro d’Italia che han fatto partire la gara da Israele: i soldi non hanno odore, neppure quello del sangue. Trump, quello tanto bravo ad esportare la democrazia ed a minacciare chi colpisce i civili, provoca gli scontri con i palestinesi e se ne frega delle conseguenze. O forse no. Sono proprio queste le conseguenze che voleva provocare perché agli Stati Uniti fa comodo un Mediterraneo in perenne subbuglio. Così la Russia è impegnata su questo fronte e non disturba il duopolio Usa-Cina sul Pacifico, così l’Euroa deve affrontare una perenne emergenza e non può rappresentare una minaccia per i traffici americani, così i Paesi arabi si distraggono dai problemi interni, così il prezzo del petrolio sale, così i trafficanti di armi godono. E così il genero di Trump è felice perché vede ammazzare un po’ di odiati palestinesi. Strano che Mattarella non abbia nulla da dire, visto che ormai interviene su qualsiasi argomento. Inutile, ovviamente, attendersi un commento da quello che è tutt’ora il ministro degli Esteri, Angelino Alfano. E tacciono anche tutti gli altri protagonisti del governo ancora in carica. Boldrine è troppo impegnata a discettare di Iva sugli assorbenti, Grasso è sparito dalla scena. Tace il centro destra, forse Gelmini sta studiando per scoprire se i tunnel di Gaza sono collegati con il Gran Sasso e con Ginevra. E pazienza se la strage continua.

lunedì 14 maggio 2018

Le destre analfabete disertano il Salone del libro

Code interminabili, al Salone del libro di Torino, per assistere agli interventi dei guru televisivi. Quasi  tutti schierati dalla medesima parte ma, soprattutto, tutti conosciuti più per le comparsate in tv che per la qualità dei propri libri. È vero che la gestione del Salone è assolutamente di parte, ultima ridotta di una egemonia culturale della sinistra che non ha più nulla di culturale ma che resta egemonica a prescindere. Ma è ancora più vero che quando la Regione Piemonte è stata guidata dal centro destra, nulla è stato fatto per creare un’alternativa. Anzi, per la cultura si sono scelti assessori che non potevano essere più allineati con la sinistra culturale e non solo culturale. Ovviamente premiati a fine corsa. Uno scenario che non favorisce la presenza, al Salone, delle case editrici che non fanno parte del sistema culturale politicamente corretto. E con una evidente difficoltà nell’organizzare presentazioni e conferenze all’interno del Salone. Infatti le iniziative sono state realizzate all’esterno, in sale che nulla hanno a che fare con la struttura del Lingotto Fiere. Ma se i vertici del Salone sono schierati da una parte, nulla impedirebbe alle Regioni guidate dal centro destra di partecipare alla festa del libro organizzando presentazioni e iniziative di ogni tipo. Invece a Torino sono presenti Puglia, Friuli-Venezia Giulia (ma ancora di marca serracchiana), Sardegna,  Toscana, Calabria, Valle d’Aosta. Non pervenuti Veneto, Lombardia  e Liguria. Nessun segnale dalla Sicilia. Rinunciare ad essere presenti, e protagonisti,  nei luoghi dove si dovrebbe fare cultura non è proprio una grande idea. Indubbiamente è più facile lamentarsi della faziosità altrui, nascondendosi dietro il paravento della discriminazione quando, invece, è solo pigrizia ed incapacità. D’altronde non è che Liguria, Veneto, Lombardia  e Sicilia abbiano messo in campo iniziative politiche e culturali  alternative al Salone di Torino.

martedì 8 maggio 2018

Era Crozza ad imitare Mattarella sul governo neutrale. Ci avete creduto?

Avete capito male. Quello apparso ieri in tv non era il vero Mattarella, ma era Crozza che imitava il presidente. Perché l’idea di un governo neutrale è una bufala evidente. Cosa significa “neutrale”? Considerando che dovrebbe metter mano al documento di programmazione economica, che dovrebbe individuare le misure per evitare l’aumento dell’Iva, che dovrebbe confrontarsi con l’Europa sul problema dell’invasione e dei tagli all’agricoltura, è evidente che dovrebbe schierarsi in qualche modo sui fatti. Abbassare le tasse o prevedere una patrimoniale? La scelta non è neutrale. Non esiste nulla di neutrale in politica. Se poi Crozza-Mattarella pensa ai sedicenti tecnici, è ancora peggio. Tutti si ricordano benissimo i disastri provocati dal Grigiocrate Monti e dalla belva Fornero. Non è il caso di riprovare con simili tecnici, con questi disastrosi esperti neutrali.  Neutrali, poi, rispetto a cosa? I nomi che compaiono sui quotidiani come possibili ministri sono tutti, immancabilmente, vicini al Pd. Un caso, sicuramente. O l’ennesimo errore dei giornali che scambiano i loro desideri per le indicazioni del Quirinale. Dunque è evidente che quella a cui abbiamo assistito non è una dichiarazione del presidente della Repubblica ma una scena del programma di Crozza. D’altronde come si può pensare che non fosse Crozza ad imitare Salvini, Di Maio e tutti gli altri quando ipotizzavano  il voto per metà luglio? Le famiglie in vacanza in giro per l’Italia o all’estero dovrebbero caricare bambini e bagagli per tornare in città o voterebbero nelle cabine sulla spiaggia? Un seggio sul Monte Rosa lo vogliamo mettere? O pensano davvero di far cancellare le prenotazioni di hotel e case? Per la felicità degli operatori turistici, ovviamente. No, è chiaro che fosse il programma di Crozza. O era una puntata di Scherzi a parte?

lunedì 7 maggio 2018

Londra alle prese con delitti etnici

Il multiculturalismo non produce risultati entusiasmanti a Londra. La capitale inglese è diventata anche capitale degli omicidi di ragazzi. Scontri tra bande o, più semplicemente e tragicamente, uccisioni di ragazzi che si sono trovati a passare nel quartiere sbagliato in un momento sbagliato. Il sindaco, espressione politicamente corretta della multietnicità londinese, ha subito dichiarato che la situazione è inaccettabile. Le stesse parole usate dopo ogni omicidio precedente. Il vero problema è che non si sa come intervenire concretamente per debellare il fenomeno di una delinquenza giovanile senza controllo. In questi anni si è puntato sulla tolleranza pressoché assoluta. Bisognava capire, comprendere, accogliere, inserire. Non ha funzionato. Si sono creati quartieri dove le leggi inglesi sono ignorate e dove vale la legge etnica, a prescindere dalla sharia o da altre indicazioni religiose. A questo punto, però, diventa anche estremamente complicato imporre regole ferree con la minaccia di punizioni esemplari. Dai doveri imposti dallo Stato si è passati ai diritti individuali che si sono trasformati in diritti dei gruppi etnici o religiosi. E imporre ora l’autorità dello Stato significherebbe mettere in conto incidenti con feriti e anche morti negli scontri con le forze dell’ordine. Non imporla significa accettare morti e feriti per le aggressioni delle bande, per la rabbia montante, per l’insofferenza dilagante. Lo Stato non è credibile e non lo è neppure il sindaco allogeno. Ormai sono mondi che non si comprendono e che riescono a convivere solo sino a quando restano separati. Se si espandono in quartieri limitrofi, si scatenano le violenze etniche. Se restano nei propri quartieri impongono leggi diverse da quelle ufficiali.

venerdì 4 maggio 2018

Il Pd sconfitto torna protagonista

Il trappolone del bugiardissimo ha funzionato. Il Pd, grazie ad una pessima stagione di governo, è stato spazzato via dagli elettori. Ma, grazie ai giochini di palazzo, è tornato protagonista. Una pessima legge elettorale ha fatto il resto, impedendo di formare un governo che potesse rispecchiare il voto degli italiani. Il bollito di Arcore è riuscito nel suo intento di impedire un governo tra Lega e 5 Stelle ma ora guarda con preoccupazione ad un eventuale ritorno immediato alle urne. Perché i risultati del Friuli Venezia Giulia sono stati chiari: Forza Italia è la ruota di scorta della Lega. Al Nord, ma in prospettiva anche al Centro Sud. Il voto del Molise e del Friuli Venezia Giulia ha però evidenziato anche una crisi dei grillini. La conduzione del gioco di Gigino Di Maio per la formazione di un governo non è piaciuta alla base. Non sono piaciuti i cambi nel programma su temi importanti come le alleanze internazionali ed i rapporti con l’Europa. Non sono piaciuti i candidati sul territorio. Quanto alla Lega, è cresciuta in modo impressionante ed è chiaro che stia fagocitando Forza Italia mentre il ruolo di Meloni e Fdi resta marginale, irrilevante. Salvini, però, ha difficoltà a capitalizzare i successi regionali. Nessuna grande idea è ancora emersa dalle Regioni guidate dal centro destra, nessun progetto. Non da Molise e Friuli, dove si è appena votato. Ma da Lombardia, Sicilia, Liguria.  Dovevano essere le basi di un trionfo nazionale, sono rimaste alla solita routine. Un gravissimo errore. Che permette al bugiardissimo di uscire dall’angolo, dal cul de sac dove si sperava restasse confinato. Invece ha dimostrato di sapersi muovere ancora. Nonostante i pessimi risultati alle elezioni nazionali e poi in quelle regionali. Un Pd che non sa governare ma che può impedire agli altri di farlo. Con personaggi impresentabili, come Serracchiani o Maria Elena Etruria, che vengono imposti ugualmente. Grazie ad una informazione schierata, ma questo è un merito del bugiardissimo ed un demerito degli avversari che non sanno gestire il problema dell’informazione .

mercoledì 2 maggio 2018

Salvini leale a Berlu che lo pugnala con il Tg5

La banda dei dog sitter di Dudu aveva sputato fuoco e fiamme contro Salvini quando sembrava che il leader della Lega volesse fare un accordo con i 5 Stelle escludendo la corte di Arcore. Tranne, poi, dover fare una patetica marcia indietro quando si sono accorti che Salvini era leale al centro destra con cui si era presentato alle elezioni del 4 marzo. Peccato che i dog sitter continuino a non fiatare di fronte alla linea anti leghista del tg5 del signore di Arcore. Dalla politica estera all’economia, dal problema dei migranti alla criminalità, se la Lega è schierata su alcune posizioni, immancabilmente il Tg5 è sul fronte opposto. Come esempio di lealtà berlusconiana non c’è male. E se queste sono le premesse per un governo dell’intero centro destra, le prospettive non sono proprio entusiasmanti. Quanto potrebbe reggere il rigore Salviniano a proposito dei clandestini a fronte di una campagna mediatica buonista condotta dall’ammiraglia berlusconiana? Quanto potrebbe reggere un governo se il tg che fa capo a uno dei leader della coalizione esalta i risultati ottenuti dal governo Gentiloni e dalle riforme del bugiardissimo, svicolando su tutti i dati negativi a partire dall’aumemto di precariato e povertà? Il centro destra vuole andare al governo con uno dei tre partner che ha il coltello nascosto dietro la schiena, pronto a colpire gli alleati. No, non è proprio un atteggiamento corretto, leale. Neppure furbo. Ma, evidentemente, piace a Berlu ed ai dog sitter. Peccato che questi ottusi di italiani votino sempre meno per Forza Italia, disgustati proprio dai comportamenti del partito Mediaset. Finite le tornate elettorali, sarebbe il caso che Salvini e Meloni  pretendessero un chiarimento da Berlu su questo tema. E magari anche un cambiamento radicale

lunedì 30 aprile 2018

Dopo il voto in Friuli, Mattarella continuerà a non vedere?

Dopo aver ignorato il voto in Molise e, in contrapposizione alle scelte degli elettori, aver cercato di favorire la nascita di un governo 5 Stelle-Pd, ora Mattarella se ne fregherà anche del clamoroso risultato in Friuli Venezia Giulia. D’altronde lui risponde ad altri,  non certo agli italiani. Ma se il presidente ignora il risultato, forse è il caso che prestino un po’ di attenzione i vari partiti. L’Oscar per  la dichiarazione post elettorale più assurda va sicuramente assegnato al candidato Pd della coalizione del centro sinistra. Dopo 5 anni di governo Pd con la pessima Serracchiani, di fronte a un Pd ridotto al 18% e con il centrodestra che sfiora il 60%, il poveruomo sostiene di passare al leghista Fedriga una regione in salute, governata bene. Così bene da spazzar via chi l’ha gestita. Ma dovranno porsi qualche domanda, magari trovando anche una risposta, i 5 Stelle che crollano al 7% e con un candidato che arriva al 12%. Colpa dell’ennesima scelta sbagliata del candidato (ci sarà un responsabile, visto che il problema si ripete?) o colpa della scellerata gestione Di Maio-Fico delle trattative per il governo? Qualche domanda dovrebbe farsela anche il centro destra,  ma le prime risposte non denotano proprio una grande analisi. I giornali anti salviniani, cioè praticamente tutti, mettono in risalto la tenuta di Forza Italia. Che, in realtà, ha preso un terzo dei voti della Lega e addirittura poco più di un quarto se si aggiunge alla Lega anche il risultato della lista del leghista Fedriga. Una risposta chiara ed evidente a chi, tra la banda di dog sitter di Dudu, sproloquiava sul voto centrista, benedetto da Bruxelles, contro i populisti. Invece i populisti hanno trionfato evidenziando la marginalità del partito Mediaset e dei dog sitter. Infine la Meloni non può vantare più di tanto un risultato che continua a confermare il suo ruolo da ultima ruota del carro. Lei è a capo di un partito teoricamente nazionale mentre  Salvini sta trasformando un movimento che era solo nordista. Eppure la Lega vola e Fdi no. Se Meloni dovesse farsi qualche domanda, si spera che non sia La Russa a rispondere.

sabato 28 aprile 2018

La Stampa dà i numeri contro la Lega

Qual è la differenza tra il 17,37% e il 19,5%? Per La Stampa, sempre più La Busiarda, dipende. Se l’incremento è quello della Lega nei sondaggi dell’Istituto Piepoli, allora la crescita è dell’1,2%, un progresso “percettibile”, secondo il quotidiano torinese. Così si può tranquillamente titolare sul grande rafforzamento dei 5 Stelle che crescono dell’1,3%. Se si fosse ammesso che l’incremento della Lega è del 2,2% si sarebbe dovuto titolare su Salvini. Dunque meglio far finta di non saper fare addizioni e sottrazioni e penalizzare gli avversari. Sì, avversari, perché nessuno crede più a giornali imparziali che si limitano ad informare. Comunque, al di là delle falsità della Stampa, i sondaggi di Piepoli sono interessanti perché indicano una tendenza alla polarizzazione, con il Movimento 5 Stelle  che salirebbe dal 32,66 al 34% e il centro destra che raggiungerebbe il 38% con la Lega ormai vicina al 20%, Forza Italia stabile al 14 e Fratelli d’Italia in flessione di quasi un punto rispetto al 4,5% del 4 marzo. E Noi con l’Italia in ulteriore discesa all’1%. Ma andrebbe ancora peggio al centro sinistra, sulla base di questi sondaggi (non è obbligatorio fidarsi, ovviamente). il Pd scenderebbe dal 18,7 al 17,5% e resterebbero irrilevanti le altre formazioni di appoggio, dalla Lorenzin alla Bonino. Per un totale del 20,5% a fronte del 22,8% di marzo. In pesante calo anche LeU, accreditato del 2% rispetto al  3,38% di marzo. Un quadro che chiarisce il successo politico e mediatico di Martina e che non offre molti appigli a Mattarella per insistere con l’alleanza tra 5 Stelle e Pd. Ovviamente sono solo sondaggi, ma se anche fossero voti veri non cambierebbe molto. I segnali ci sono per chi vuole vederli. Dunque non Mattarella e neanche Martina. Li vede Salvini, li vede Di Maio e li vede pure il bugiardissimo che si gode l’insuccesso di chi lo ha emarginato. Li vedono Boldrine e Grasso, impegnati a cercare di farsi imbarcare in un prossimo governo per non sparire del tutto. Non li vede invece Meloni che non fa nulla per uscire dalla sua marginalità, dal suo angolino privo di riflettori. D’altronde non è molto portata per le riflessioni.

giovedì 26 aprile 2018

Fico o i tecnici? Il disastro annunciato

Finita l’orgia dei festeggiamenti per la sconfitta contro Pirro (o erano per le guerre Puniche?), oggi si saprà se il tentativo di formare un governo 5 Stelle- Pd può proseguire, mettendo da parte il bugiardissimo e il giglio tragico, oppure se la palla tornerà a Mattarella. Che, anche in questa circostanza, ha ampiamente dimostrato di non essere super partes, d’altronde solo le anime belle credono ancora all’imparzialità del Colle. In Italia gli arbitri sono malati di sudditanza psicologica e il Quirinale non fa eccezione. Se poi la coalizione di centro destra, per accontentare il bollito di Arcore e il gruppo Dudu, fa di tutto per non andare al governo, è evidente che Mattarella si ritrova con tutti gli alibi a disposizione per fare ciò che gli pare. E se il tentativo di Fico non andrà a buon fine, c’è sempre la minaccia di un governo del presidente, affidato ai tecnici imposti dalla Troika e sostenuto da Berlu, dal Pd, da tutti quelli che si sentono “responsabili” o che, semplicemente, vogliono rimanere in Parlamento per tutta la legislatura. In tutto questo rabel manca un protagonista: il popolo italiano. Che viene chiamato al voto per poi essere ignorato ad urne chiuse. Un governo del presidente significherebbe stangate a raffica per accontentare Bruxelles e il Fondo monetario internazionale. Hanno già chiesto nuove tasse, una patrimoniale, una riduzione delle pensioni. Per il nostro bene, sia chiaro. Mentre un governo 5 Stelle-Pd vorrebbe dire porte spalancate all’invasione e nuove stangate per mantenere le grandi risorse. Non a caso sono ripresi, indisturbati, gli sbarchi di clandestini. Eppure il “duro” Minniti è ancora in carica come ministro dell’Interno. Prospettive allarmanti per le quali si può ringraziare Berlu, Dudu, Gianni Letta e Confalonieri. Ma loro si salveranno mentre gli altri italiani si arrangeranno

venerdì 20 aprile 2018

Sorpassati anche dalla Spagna: Italia allo sfascio

Arriba Espana! Il Fmi sancisce che il Pil pro capite iberico ha superato quello italiano. Dunque siamo individualmente più poveri degli spagnoli nonostante loro siano alle prese con la drammatica crisi della Catalogna. Ma il ministro scadente Padoan dice che va bene così, che siamo sulla strada giusta. Una strada che ci porterà magari a farci sorpassare pure dalla Grecia e, a quel punto, il Padoan di turno potrà stappare la bottiglia di Champagne inviata in omaggio dal Fmi per premiare il massacro degli italiani. D’altronde le richieste degli organismi internazionali vanno in direzione di nuove tasse per impoverire ulteriormente i sudditi della Penisola. E se dovesse arrivare un governo tecnico alla guida del Paese, le misure chieste dall’Europa e dagli organismi al soldo degli speculatori sarebbero immediatamente imposte agli italiani. Nella certezza che questa Italia allo sfascio non farebbe nulla per ribellarsi. Un Paese che è perfettamente rappresentato dai teppistelli che si immortalano mentre insultano e minacciano i loro professori. Ragazzotti maleducati perché figli di famiglie che non hanno saputo educarli. Perché cresciuti in scuole dove l’autorità è un tabù. Se il prof deriso e minacciato avesse reagito con un sacrosanto ceffone, sarebbero scattate misure disciplinari nei suoi confronti, denunce penali, servizi giornalistici indignati con interviste a famiglie inferocite. E questa Italia si meraviglia se viene sorpassata pure dalla Spagna? Non è il Paese iberico a volare, è l’Italia a precipitare. E senza paracadute

giovedì 19 aprile 2018

Morti per amianto? Tutti suicidi

I morti per amianto? Tutti suicidi. È la conseguenza delle ormai abituali sentenze della sedicente giustizia italiana. Qualcuno credeva davvero che Carlo De Benedetti sarebbe finito in galera per i morti da amianto all’Olivetti? O che, almeno, avrebbe dovuto pagare per le vittime? Macché. I magistrati non sono come qualche arbitro. Non sono insensibili, sanno benissimo chi hanno di fronte, non hanno un bidone della spazzatura al posto del cuore. I morti sul lavoro, o in conseguenza del lavoro, rappresentano solo trascurabili effetti collaterali. Ciò che conta davvero è il profitto, dunque i lavoratori possono anche crepare senza neppure sperare di avere giustizia. I lavoratori si possono sostituire, ci sono tanti disoccupati con cui rimpiazzarli. Gli azionisti, invece, vanno tutelati. E poi gli azionisti hanno soldi a sufficienza per curarsi in strutture private, i lavoratori sono un costo a carico della sanità pubblica. Dunque se muoiono rapidamente è un sollievo per le casse pubbliche. Se poi arriva una meravigliosa sentenza che stabilisce la mancanza di un nesso tra amianto e decesso, a festeggiare sono in tanti per gli enormi risparmi che ne derivano. Nessuno, in realtà, si era illuso su una conclusione diversa di questo come di altri processi. Bisognerebbe aver fiducia in questa giustizia, ma occorrerebbe essere ciechi e sordi. Ma ciò che davvero indigna è che poi lorsignori si permettono anche di discettare sulla sicurezza dei posti di lavoro, possono andare in tv a fingere dolore per le morti bianche. Chiacchiere come se piovesse. Poi, però, nei processi prevale la sensibilità dei magistrati. A senso unico, come nel calcio.

martedì 17 aprile 2018

Kyenge vittima di razzismo. Contrordine, figura di merda

Qualcuno si ricordava ancora del non rimpianto ministro Kyenge? Quasi nessuno. Ma l’europarlamentare del Pd è tornata prepotentemente alla ribalta con una patetica intervista a La Stampa dopo un misterioso imbrattamento della sua abitazione in Emilia. Qualcuno aveva sporcato con escrementi di cane. E allora via all’intervista in cui l’ex ministro si lamenta del razzismo nei suoi confronti, della violenza, dell’odio. Un’odio motivato dall’invidia nei suoi confronti perché lei è una migrante che ha avuto successo. Inevitabile, quindi, che questi sfigati di italiani siano non solo invidiosi ma pure arrabbiati e arrivino a questi gesti di disprezzo. Ovviamente sfugge, a Kyenge e a chi l’ha intervistata, che sono decine e decine di migliaia gli stranieri che hanno avuto successo in Italia. Di ogni colore, in arrivo da ogni parte del mondo. E hanno vite normali con amici italiani mentre gli italiani che li circondano senza essere amici non imbrattano le loro case. Ci sono anche politici di successo, come il senatore di origine africana eletto nelle file della Lega. Niente invidia, nessun imbrattamento. E allora forse non sarà un problema di razzismo o di invidia, ma semplicemente di profonda antipatia individuale suscitata da Kyenge con il suo atteggiamento, con i suoi continui moniti contro gli italiani che l’hanno accolta. Però è difficile giustificare mezza pagina di intervista per un gesto dettato dall’antipatia. Meglio buttarla sull’atto razzista, che funziona sempre. Poi, però, arriva una nuova intervista pubblicata da un giornale locale. Che ospita le dichiarazioni di un presunto vicino di casa di Kyenge. Costui spiega di avere imbrattato la casa dell’ex ministro perché il compagno della Kyenge uscirebbe di casa con un grande cane e si dimenticherebbe immancabilmente di raccogliere la montagna di escrementi prodotta dall’animale. Dunque nessun razzismo, nessuna invidia. E come si fa, allora? Era così bello e comodo buttarla sul razzismo. Il prossimo passo sarà una intervista al cane che si sente discriminato e invidiato per le sue dimensioni. Resta, comunque, la figura di merda, a prescindere dai veri responsabili. Perché l’antipatia prescinde dal colore e dal successo personale. E se Kyenge non è stata un grande ministro, sul fronte dell’antipatia è stata sicuramente da podio.

lunedì 16 aprile 2018

Se un generale italiano accusa i ribelli siriani per i gas..

Leonardo Tricarico, generale già capo di stato maggiore dell’aeronautica militare, imbarazza i media di servizio. Anzi, li imbarazzerebbe se gli dedicassero un po’ di spazio. Invece, dopo una infelice comparsata in una trasmissione de La 7, Tricarico è tornato nell’ombra. Ma perché infelice comparsata? Perché il generale ha detto ciò che tutti sanno benissimo a proposito della Siria ma che i media di servizio evitano accuratamente di raccontare. E cioè che Assad non ha mai, ma proprio mai utilizzato i gas o fatto ricorso ad armi chimiche di qualsiasi natura. Il generale ha infatti chiarito che ogni volta si è trattato di fake news create appositamente dai ribelli quando erano sul punto di essere sconfitti. Con l’obiettivo, raggiunto, di far intervenire forze esterne per colpire Assad. E per raggiungere questo obiettivo non si sono fatti scrupolo di ammazzare un po’ di civili, bambini compresi, per impietosire quella parte di opinione pubblica che combatte il terrorismo interno con i gessetti colorati ma poi sogna che gli americani sgancino una bomba atomica su quelli che lottano davvero contro i terroristi. Accuse gravissime, quelle del generale dell’aeronautica italiana. Ed anche documentate. Dunque da censurare, da ignorare, da dimenticare. Mentre bisogna esaltare la farsa dei fallimentari bombardamenti missilistici contro depositi siriani di inesistenti armi chimiche. Non si sono viste nuvole tossiche alzarsi dalle macerie dopo i bombardamenti e allora i media di servizio si sono inventati un trasferimento delle armi dopo che gli Usa avevano fornito indicazioni sugli obiettivi da colpire. Quindi, secondo le ricostruzioni per lettori o telespettatori idioti, Trump avrebbe spedito le navi insieme a Francia e Inghioterra per NON colpire le armi di Assad. D’accordo che il QI di Trump, May e Macron possa non essere elevatissimo ma da qui a spacciarli per completi deficienti ce ne corre.

venerdì 13 aprile 2018

La vendetta di Berlu contro gli italiani

Un nonno fastidioso, pesante, che riesce solo ad essere d’impiccio al resto della famiglia. La sceneggiata di Berlu dopo le consultazioni non è stata solo patetica ma è sembrata una sorta di vendetta da parte di chi è stato messo da parte e non sopporta di non essere più il numero 1. Vendetta contro Salvini che, senza tv e giornali, ha preso più voti di lui. Vendetta contro gli italiani che hanno condannato Forza Italia ad un ruolo marginale.  Non ha più nulla da dire, Berlu, ma lo dice lo stesso. Deve tutelare la sua corte sempre più ristretta e, per questo, sempre più aggrappata ad ogni parvenza di potere. In questo scenario è evidente che a Berlu e al cerchio tragico se ne fregano della formazione di un governo, del futuro dell’Italia. Muoia Sansone con tutti i filistei. Perché deve sopravvivere il centro destra se non può sopravvivere il potere di Berlu, Dudu e la banda Mediaset? Quella banda Mediaset che ha appena eliminato dal video i personaggi scomodi e accusati di intelligenza con il nemico. Con il Pd? No, per il bollito di Arcore il nemico vero è Salvini. Dunque via Belpietro, Del Debbio, Giordano. E spazio illimitato per un Tg5 che ignora Fdi e non perde occasione per attaccare la Lega. Al di là della sceneggiata al Quirinale, Berlu sta facendo di tutto per impedire che nasca un governo senza di lui. Senza di lui, non senza Forza Italia. Perché le trattative tra Lega e 5 Stelle hanno portato alla presidenza del Senato una forzista, a dimostrazione che il problema è solo il bollito di Arcore, non i partiti che appoggiano Salvini. Al signor Dudu però tutto questo non interessa. Non vuole essere il padre nobile, preferisce essere il nonno ignobile che impedisce di governare, che minaccia di far saltare le giunte regionali. Non ha più la capacità di guidare il Paese e allora vuole impedire che altri lo facciano. A questo punto Lega e Fdi devono decidere cosa fare. Se lasciarsi condizionare e paralizzare da Berlu o se scavalcarlo e trattare direttamente con quelli che rappresentano il futuro di Forza Italia, a partire da Toti.  Se una trattativa ci deve essere, deve iniziare all’interno del centro destra, prima ancora del confronto con i 5 Stelle. E a Berlu non deve essere più concesso nulla sino a quando non dimostrerà correttezza cambiando completamente la squadra del Tg5.

giovedì 12 aprile 2018

Gentiloni vuol portare in guerra l’Italia che pensa ai rigori

E l’Italia giocava alle carte e parlava di calcio nei bar.. Rispetto alla descrizione di Giorgio Gaber qualcosa è cambiato. Si sono svuotati i bar come luogo di confronto, si gioca di meno alle carte tradizionali e di più ai poker virtuali americani ma di calcio si continua a parlare, soprattutto sui social. Proprio mentre un cowboy ottuso è pronto a scatenare la guerra mondiale per nascondere le malefatte sue e dei suoi amichetti internazionali. Ma che importanza possono avere i missili che si stanno ammassando nel Mediterraneo a fronte delle patetiche giustificazioni di un ex arbitro non rimpianto a proposito di un rigore? Il grande dubbio non riguarda l’eventuale utilizzo di ordigni nucleari di fronte alle nostre coste, ma la possibilità che, in conseguenza dell’aggressione americana, possano saltare i mondiali di calcio in Russia. Per la grande soddisfazione di quelli che pensano che non ci possa essere un mondiale senza l’Italia. Magari stolti, ma meno pericolosi del pessimo Gentiloni che è pronto a far partecipare l’Italia alla guerra di aggressione contro la Siria. Perché Gentiloni, presidente del consiglio di un governo scadente e che dovrebbe limitarsi all’ordinaria amministrazione, manco sa dove sia Damasco ma è già sicuro che Assad abbia usato armi chimiche. Chissà chi gli ha fornito le prove. Forse Prodi dopo l’ennesima seduta spiritica? Saviano che ha plagiato un documento della Cia prima di coprirsi bocca e naso in una indecente iniziativa autopubblicitaria? A Gentiloni non sono bastati i disastri provocati in Libia dall’appoggio fornito dall’Italia agli Stati canaglia che hanno distrutto il Paese nordafricano. È vero che il colpevole, in quel caso, era stato il centro destra e soprattutto un ministro ora in Fratelli d’Italia, ma non è una grande giustificazione. Sarebbe invece ora di smettere di parlare di rigori ed espulsioni per affrontare invece il tema della non più tollerabile presenza di basi americane in Italia.

mercoledì 11 aprile 2018

Punire l’Ungheria per impedire il contagio della libertà

C’era una volta la “dottrina Wilson” a proposito del diritto dei popoli all’autodeterminazione. Non rispettata, ovviamente, perché le dottrine americane rispondono solo agli interessi di Washington e dei popoli se ne fregano. Però almeno esistevano delle enunciazioni di principio. Ora non più. I popoli non hanno più diritti e per i signori del mondo sono ormai composti solo da sudditi che non possono e non devono ribellarsi. Era stato inventato un giochino per trastullare i sudditi e far credere loro di essere liberi: le elezioni. Però ora stanno sfuggendo di mano. I gonzi pensano davvero di poter votare liberamente. È vero che i risultati non servono a granché perché poi arrivano le speculazioni, gli spread a giustificare interventi dall’alto, però bisogna salvare anche un po’ di forma. Non è tollerabile che il buon Soros, un filantropo secondo i media di servizio italiani, investa un sacco di soldi per finanziare le sue Ong anti governative e poi in Ungheria non solo stravince Orban, ma l’estrema destra di Jobbik prende quasi il doppio dei voti dei sinceri democratici che piacciono a Soros ed a Bruxelles. Così gli euro cialtroni sono ora obbligati ad intervenire contro i sudditi ungheresi. Bisogna punirli, bisogna impoverirli, strangolarli. Non si può permettere che votino liberamente per chi non piace a Merkel e Macron. Bisogna togliere a Budapest il diritto di voto in Unione Europea. Con quale scusa? La più incredibile: minaccia alla democrazia ed alla libertà. Dunque, poco meno dei tre quarti degli elettori magiari ha scelto di votare contro le politiche immigrazioniste della Ue, il partito che piace a Soros ha ottenuto poco più del 10%, tutti gli osservatori hanno riconosciuto che le elezioni sono state regolari, l’affluenza è cresciuta. Ma per gli euro cialtroni non va bene lo stesso. Bisogna castigare chi ha scelto di essere ungherese e non transnazionale, chi ha scelto le radici e non l’omologazione transnazionale. Bisogna colpire subito, per evitare che il contagio si diffonda. Per ora la malattia, la libertà, coinvolge l’ex impero austroungarico, ma potrebbe estendersi. Magari in Italia e poi chissà. Punirne uno per educarne 100.

lunedì 9 aprile 2018

La Siria per far dimenticare i palestinesi assassinati

I cecchini israeliani ammazzano più di 30 palestinesi armati solo di pietre e ne feriscono più di mille, donne e bambini compresi. Silenzio di tomba dei politicamente corretti. Ammazzano anche un giornalista. Silenzio assordante dei colleghi italiani impegnati ad indignarsi contro la Serbia per il fermo di un fotoreporter. Poi arriva un provvidenziale bombardamento in Siria contro una zona controllata dai terroristi e allora si indigna anche monsu Bergoglio, tuonano i tg del regime italiano, protestano gli indignati a senso unico alternato. Cosa ci poteva essere di meglio di un bombardamento con i gas (sulla base esclusiva delle dichiarazioni dei terroristi) per far dimenticare i morti in Palestina? È invece andata malissimo ai disinformatori di professione sul fronte ungherese. Quando hanno registrato un consistente aumento dell’affluenza alle urne, soprattutto a Budapest ma non nelle campagne che rappresentano il tradizionale elettorato di Orban, i media di servizio si sono precipitati ad ipotizzare una clamorosa sconfitta del leader di Fidesz. Peccato che i risultati abbiano deluso le aspettative. Orban ha conquistato il 49% ma, soprattutto, è cresciuta ulteriormente la destra estrema di Jobbik. Mentre la coalizione socialisti-verdi, il raggruppamento che tanto piace agli euro sfruttatori e ai giornalisti italiani, è ferma al 12%. Così se in precedenza poco meno dei due terzi degli ungheresi apprezzava le politiche anti immigrazione selvaggia, ora ci si avvicina ai tre quarti della popolazione. Davvero un grande risultato per la disinformazione europea. L’Ungheria se ne frega dell’aggressione mediatica e sceglie liberamente il proprio futuro. Che è un futuro europeo, indubbiamente, ma non inginocchiato davanti ad imposizioni che cercano di eliminare tradizioni, cultura, identità.

venerdì 6 aprile 2018

La giustizia italiana in guerra contro i terremotati

La pervicacia del sistema giudiziario italiano nell’accanirsi contro i più deboli per evitare di colpire i più forti è davvero impressionante. L’ultimo esempio (ultimo solo per ora, riusciranno a fare di peggio) è la guerra intrapresa contro i terremotati che, abbandonati dal governo e dallo Stato in genere, si sono costruiti delle abitazioni provvisorie dove continuare a vivere. Criminali! Le abitazioni devono essere abbattute ed i proprietari mandati a processo. Magari in ceppi, per soddisfare la sete di giustizia di chi si è lanciato in questa eroica battaglia contro l’abusivismo edilizio. Certo, magari prima di mandare a processo i terremotati che hanno realizzato le baracche dove sopravvivere, si sarebbe potuto e dovuto intervenire contro chi ha costruito ville e palazzi in riva al mare nelle località turistiche. Ma non si può certo penalizzare l’intraprendenza economica. Mentre se la legge è legge, non si può lasciar passare il vergognoso affronto di abitazioni provvisorie nelle aree terremotate. Perché di affronto si tratta. Nei confronti dello Stato e del governo. Le casette fai da te sono una sfida all’inefficienza pubblica, sono la dimostrazione che le promesse di Gentiloni e dei suoi ministri erano solo menzogne, sono la smentita agli impegni presi dai commissari straordinari. Dunque vanno abbattute ed i proprietari condannati con pene esemplari non tanto per l’abusivismo (diffuso e tollerato in quasi tutta Italia) quanto per l’offesa allo Stato. Ma se i magistrati così rigorosi vogliono davvero rispettare la legge senza guardare in faccia nessuno, possono cominciare ad occuparsi dei roghi tossici nei campi Rom, possono occuparsi del mancato rispetto dei decreti di espulsione dei clandestini che commettono reati e che vengono lasciati liberi di continuare a delinquere. Troppo difficile? Troppo faticoso? Beh, indubbiamente è più facile aggredire i terremotati

giovedì 5 aprile 2018

Salvini leale a Berlu che lo pugnala

Tutto fermo per il nuovo governo. Veti incrociati, antipatie personali, trattative sotterranee. Ma non si va avanti. Matteo Salvini si dice disponibile a fare un passo indietro per consentire la formazione di un nuovo governo, ma non tollera veti dei pentastellati nei confronti di Berlusconi. Un bel gesto, quello di Salvini. Che dimostra una lealtà totalmente sconosciuta ai vertici di Forza Italia dal momento che l’ammiraglia Mediaset, il Tg5, non perde occasione per attaccare la Lega con una non celata soddisfazione dei giornalisti che se ne occupano. Ed è inutile arrampicarsi sui vetri per sostenere che Forza Italia è una cosa e Mediaset una cosa diversa. La realtà è che sia il partito sia il gruppo editoriale rispondono a una sola persona. La linea politica di una testata giornalistica, televisiva o meno, è decisa dall’editore che sceglie il direttore e lo cambia se non rispetta la linea indicata. Dunque gli attacchi continui e ossessivi contro la Lega rispondono a una scelta editoriale che è quella della famiglia Berlusconi e dei soliti consiglieri, grandi ammiratori del bugiardissimo e favorevoli all’inciucio con il Pd. Ed è a questa gente che Salvini vuole restare fedele? Vuole rinunciare a governare senza neppure ottenere, in cambio di un gesto di simile portata, una completa  inversione di rotta nella linea editoriale delle tv del suo alleato? Una fedeltà ed una lealtà a senso unico. È vero che la vendetta si gusta fredda, è vero che difficilmente Tajani riuscirà ad evitare il tracollo di Forza Italia post Berlu ed è vero che sarà la Lega ad accogliere gli elettori fornisti sempre più delusi. Ma i tempi sono lunghi e non è per nulla sicuro che le condizioni esterne siano così favorevoli quando arriverà il momento. Dunque si può, anzi si deve, pretendere adesso la stessa lealtà anche dal partito-famiglia di Berlu. Si deve pretendere un atteggiamento meno ostile da parte del Tg5 e dei programmi di intrattenimento della rete. Perché se non si è in grado di ottenere il rispetto da parte degli alleati, è difficile credere che si sia capaci di ottenere risultati alla guida di un Paese.

mercoledì 4 aprile 2018

Il pendolo politico si muove e punisce chi è fermo

Sul quotidiano online Electomag l’ottimo Luca Lezzi descrive l’improvviso, ed inaspettato, cambiamento nelle scelte politiche degli elettori dell’America Latina, dal Messico al Venezuela passando per il Centro America. Dopo la brusca sterzata verso la destra liberista in Argentina, Brasile, Cile, il pendolo sembra essere tornato in direzione opposta, verso quello che viene definito come il socialismo nazionale latinoamericano. Nonostante scandali, tangenti, proteste. Una lezione che dovrebbe essere tenuta presente anche in Italia dove troppi si sono crogiolati pensando che il vento della storia avesse cambiato direzione e potesse soffiare a lungo a prescindere da tutto. Non è così. Un elettorato deideologizzato vota a seconda delle convenienze, dei timori, della rabbia. Ma pretende anche risultati rapidi, se non immediati. Non ci sono più i tempi lunghi. La parabola del bugiardissimo è stata velocissima, si è spento in fretta ma potrebbe persino tornare in gioco con la stessa rapidità, qualora i suoi sponsor decidessero di puntare ancora su di lui. Il voto ideologico è confinato in qualche riserva sulle ali estreme perché, ad esempio, è difficile scegliere la destra di Fratelli d’Italia con personaggi come La Russa e Santanchè o come Crosetto che nulla ha a che fare con la storia missina. Idem sul fronte opposto dove un elettore di sinistra si ritrova con LeU che si occupa di diritti civili e di migranti mentre se ne frega dei diritti sociali e dei lavoratori italiani. Dunque vincono le promesse, al di là della possibilità di trasformarle in atti concreti. Ma la delusione può essere immediata e può spostare nuovamente il pendolo. Chi vuole il reddito di cittadinanza se ne frega se a darglielo è una coalizione con all’interno Carfagna e Brunetta. È vero che Forza Italia è contraria, ma l’elettore vuole i fatti, non le esclusioni di principio. Vuole sentirsi dire che un governo non si può fare perché Berlu non cede sul reddito di cittadinanza, e non perché a Di Maio sta antipatico Berlu. Così come chi ha votato a destra per la riduzione delle tasse non è interessato ai nomi dei ministri e alla sigla del partito, perché vuole solo che finisca il massacro fiscale. Per questo servirebbero movimenti magari anche liquidi, ma con esponenti preparati, in grado di illustrare proposte convincenti e realizzabili. Perché il pendolo non si ferma mai.

martedì 3 aprile 2018

A Bardonecchia ha sbagliato il prefetto di Torino

I gendarmi francesi, intervenendo a Bardonecchia, hanno indubbiamente sbagliato. Più sul piano formale che sostanziale. Ma ha sbagliato ancora di più il prefetto di Torino che è andato nel paese valsusino a solidarizzare con una situazione di assoluta illegalità. Tanto per chiarire quanto interessino le regole al governo scadente ed ai suoi rappresentanti sul territorio. Perché a Bardonecchia non si rispettano le regole quando si obbligano i viaggiatori ad aspettare i treni al freddo perché la stazione ormai è riservata ai clandestini. Non si rispettano le regole quando i clandestini non vengono rimandati nel loro Paese di origine ma vengono aiutati e sostenuti in attesa di tentare un ingresso irregolare in Francia passando per le montagne. Il prefetto, evidentemente, finge di ignorare tutto questo, oppure bellamente se ne frega. Così come evita di intervenire a Clavière, territorio italiano, dove le grandi risorse hanno occupato abusivamente un edificio in attesa di entrare clandestinamente in Francia sempre attraverso le montagne. Ci si può stupire, allora, se i gendarmi transalpini si innervosiscono e superano il limite del buon senso nei rapporti con un’Italia simbolo del mancato rispetto delle leggi? Certo, dal punto di vista italiano l’importante è che i clandestini se ne vadano. E non importa se diretti al loro Paese o verso la Francia. Ma è normale che gli altri provino a reagire di fronte a questi comportamenti italiani benedetti persino dal prefetto.  Un atteggiamento che assomiglia tanto ad una nuova vendetta del governo scadente contro gli italiani che lo hanno bocciato alle urne. Si cerca di creare il maggior numero di problemi internazionali per mettere in difficoltà chiunque vada a governare. E la vicenda dei migranti espulsi da Israele è emblematica. Tel Aviv non vuole più alcune decine di migliaia di africani arrivati nel corso degli anni in Israele. Dunque li caccia. E decide di scaricarli in altri Paesi, Italia compresa. Un accordo preso di nascosto dagli italiani ma, nonostante le smentite, è evidente che Tel Aviv e Roma ne hanno parlato. Difficile credere che il governo israeliano citi Paesi a caso solo per fare degli esempi. Per ora l’ennesima porcata del duo Gentiloni-Alfano è stata stoppata. Ma presto comincerà l’immancabile campagna mediatica per far sì che l’Italia aiuti Israele e gli africani espulsi

mercoledì 28 marzo 2018

Accusato di essere dell’Isis? Era già stato condannato e scarcerato

Hanno arrestato nel Torinese una grande risorsa accusata di essere un militante dell’Isis. Un giovane marocchino naturalizzato italiano. E questa volta non si può neppure cominciare con le solite buffonate tipo “non ce la faccio saremmo aspettato, salutava sempre, sembrava una brava persona”. Perché la grande risorsa era già finita in tribunale, con una condanna a due anni sempre per terrorismo. Galera? Neanche a parlarne. Sospensione condizionale della pena, mica sarà una cosa grave fiancheggiare il terrorismo, se si è stranieri. Praticamente un gioco, secondo i magistrati torinesi. Così come è un gioco simpatico quello che giovani rom organizzano ogni giorno nei campi con roghi tossici che impestano tutti i torinesi che vivono nei dintorni. Le forze dell’ordine, dopo le proteste dei cittadini, sono finalmente intervenute e hanno ammanettato uno dei responsabili, nonostante le minacce dei rom che hanno circondato l’auto di pattuglia cercando di liberare l’arrestato. Fatica inutile, quella delle due parti. Perché ovviamente ci ha pensato il magistrato di turno a rimettere immediatamente in libertà l’arrestato. Chi siamo noi per giudicare uno che si diverte ad avvelenare tutto il quartiere? E allora di capisce anche perché la pattuglia dell’esercito che dovrebbe presidiare il campo rom abbia accuratamente evitato di intervenire. Forse il ruolo di esercito e forze dell’ordine deve essere solo quello di intervenire contro i cittadini che, eventualmente, volessero protestare contro l’avvelenamento. In quel caso, allora, si può essere certi che la magistratura locale interverrebbe con decisione e rigore. Quel rigore che è mancato contro le baby gang che aggrediscono i giovani italiani in pieno centro cittadino. Bande composte da ospiti di diversi  Paesi, per la felicità di chi si entusiasma per l’internalizzazione della città.

martedì 27 marzo 2018

Il governo abusivo non si rassegna alla sconfitta

Siamo sicuri che le espulsioni di diplomatici stranieri rientri nell’ordinaria amministrazione di un governo che sopravvive a se stesso e non ha più alcuna legittimazione? Non si sa, ma quello che si sa è che il governo Gentiloni se ne frega delle regole, del rispetto per il voto degli italiani. Verissimo che     non si è ancora insediato un nuovo esecutivo ma è ancora più evidente che ad uscire sconfitto dalle urne è il Pd che ha espresso è sostenuto il governo Gentiloni. Dunque sarebbe semplice decenza non procedere con decisioni di parte e non condivise da chi le elezioni le ha vinte. Invece no. Si procede con le decisioni del ministro della ingiustizia che rimette in libertà i delinquenti, si procede con le reti tv pubbliche che proseguono a riservare lo spazio agli amici degli sconfitti per pontificare su argomenti che non conoscono. Probabilmente con la consapevolezza che nulla cambierà anche dopo. Come nulla è cambiato quando al governo è andato Berlusconi con il suo codazzo tragico dei Gianni Letta e con i consigli sbagliati di Confalonieri. Tutti terrorizzati da tutto. Solo il terrore può spiegare lo spazio offerto, in passato,  a un personaggio come  Saviano che ora è stato trasformato dalla sinistra più ottusa e faziosa non solo in uno scrittore di vicende camorristiche  ma persino in un guru della geopolitica. Lui, dal suo attico negli Stati Uniti, ha capito tutto della Siria e di Assad.  Neanche fosse stato ammaestrato da qualche funzionario della Cia. Ma a senso unico è anche la disinformazione a proposito della Catalogna, d’altronde l’unico leader politico che ha avuto il coraggio di protestare per l’ignobile comportamento di Madrid è stato Zaia. Per il resto era più importante, evidentemente, accapigliarsi sull’utilizzo dell’autobus, con scorta, da parte di Fico. Ovvio che la prudenza dei vincitori favorisca la prevaricazione da parte dei vinti. Poi non saranno due espulsioni di diplomatici russi, seguita inevitabilmente dall’espulsione di due diplomatici italiani dalla Russia, a stravolgere i rapporti con Mosca. Buffonate per far contenta la May e il bulletto di Washington. Ma sono i gesti del governo nei confronti degli italiani a rappresentare una scorrettezza senza fine.

lunedì 26 marzo 2018

Fine corsa per i vecchi compari di Berlu

Ad essere più realisti del re si rischiano spesso figure da cioccolataio. E si rischia anche di essere smentiti dallo stesso padrone. È quel che è successo al alcuni esponenti di primo piano di Forza Italia che si sono scatenati in accuse di tradimento contro Salvini. Hanno assicurato che l’alleanza con la Lega era finita, che il centro destra unito non esisteva più. Poi, dopo che Salvini ha condotto con Di Maio l’elezione dei presidenti di Camera e Senato, è stato proprio il signore di Arcore a garantire che Salvini era stato leale, che l’alleanza era solida, che tutto andava per il meglio. Già, ma ora le pietre lanciate da Brunetta, da Prestigiacomo e via via scendendo sino a Osvaldo Napoli, come si recuperano? La politica è l’arte del possibile e si può passare sopra agli insulti in nome delle poltrone.  Ma l’immagine di politici che non avevano capito nulla resta scolpita nella mente degli elettori. Una immagine che evidenzia l’assoluta necessità di fare a meno di certi personaggi se Forza Italia vuole ancora avere un ruolo e non vuole semplicemente accontentarsi di accompagnare Berlu nel suo ultimo viaggio (politico). Il cerchio tragico dei Letta, Confalonieri, Galliani e Dudu è stato sconfitto da Salvini e Di Maio che hanno dimostrato di fidarsi l’uno dell’altro, a differenza di quanto era avvenuto con il patto del Nazareno tra Berlu e il bugiardissimo. E si è comportato con intelligenza Toti, perfettamente in grado di comprendere che il futuro del centro destra passa per via Bellerio e non più per Arcore. Amministratori locali che capiscono mentre altri erano impegnati a minacciare rotture territoriali con la Lega in vista delle regionali del prossimo anno. Indubbiamente non sarà facile far finta di niente quando si tratterà di scegliere i candidati locali. Ma con la zavorra di questi malpancisti non sarà facile neppure ipotizzare un qualsiasi governo nazionale. Non è possibile fidarsi di personaggi che, nonostante la sconfitta, sognano una nuova alleanza tra Forza Italia e il Pd, benedetta da Bruxelles e Francoforte.

venerdì 23 marzo 2018

I dazi di Trump e la remissività europea

In Italia qualcuno è riuscito pure a meravigliarsi: Donald Trump ha ignorato i moniti di Draghi a proposito dei dazi. Il presidente Usa ha proseguito sulla sua strada che porta ad un confronto scontro commerciale con la Cina. In compenso i media di servizio hanno esultato perché i dazi, almeno per ora, non colpiscono i Paesi europei. In effetti sarebbero stati difficili da giustificare anche per Trump. Perché la spiegazione delle misure contro l’acciaio cinese ed altri prodotti di Pechino è nella lotta contro il dumping, contro gli aiuti di Stato. Concorrenza sleale, insomma. Ma una simile accusa non regge contro l’Europa dove gli aiuti pubblici sono inferiori a quelli americani e la concorrenza sleale è quella delle multinazionali americane. Trump, secondo alcune voci, cercherebbe però una scusa qualsiasi per arrivare a colpire la Germania, rea di avere una bilancia commerciale in forte attivo rispetto agli Usa. O, più semplicemente, rea di essere sufficientemente forte per aggregare l’Europa mentre Trump preferirebbe tanti Stati deboli e litigiosi tra di loro. Per fortuna di Trump, il governo di Berlino è guidato da Merkel e Schulz, troppo rigidi e grigi per poter pensare in grande. Troppo ossessionati dai conti e troppo condizionati dalle banche per riuscire a procedere verso una reale Unione Europea che non sia soltanto il regno degli euro burocrati e degli speculatori finanziari. La stupidità dimostrato dai Paesi dell’Ue nella vicenda della spia avvelenata in Gran Bretagna, è la prova  dell’incapacita’ di uscire dal ruolo di nano politico. Ci si accoda alla May, che non è un genio ma è più furba dei reggicoda di Bruxelles, nell’offensiva contro Putin quando proprio la Russia dovrebbe essere la sponda su cui giocare per rafforzare l’Unione europea ed evitare che venga stritolata tra Usa e Cina. La May fa il suo gioco di partner privilegiato degli Stati Uniti. Bruxelles fa il gioco di chi vuole eliminare l’Europa. Ma spiegarlo alle Mogherini di turno o alle finte europeiste come Bonino è del tutto inutile

giovedì 22 marzo 2018

Vaticano cattolico e africano, con la censura di Viganò

Oportet ut scandala eveniant. I pochi che in Vaticano non hanno cancellato il latino dalle proprie menti  - sarà mica la lingua di Satana? - avranno forse ricordato la massima di fronte alle dimissioni, clamorose, di monsignor Dario Viganò, il responsabile della comunicazione vaticana. Che avrà mai fatto di male Viganò? Si è semplicemente limitato a censurare e a manomettere la lettera del Papa emerito Ratzinger inviata a monsu Bergoglio. Una lettera spacciata per un sostegno a Bergoglio quando, al contrario, si trattava di una critica per la scelta dei curatori di alcuni testi teologici. La lettera doveva rimanere privata e riservata ma Viganò non solo ha deciso scorrettamente di pubblicarla, ma ha pure censurato le critiche. Di fronte a simili comportamenti ci si sarebbe almeno aspettati una dura reprimenda da parte di Bergoglio, per un minimo di correttezza e trasparenza. Macché. Il papa ha accettato le dimissioni “non senza qualche fatica” ma ha chiesto a Viganò di rimanere sostanzialmente al suo posto. Si può mica rinunciare ad un servitore così premuroso nella trasformazione della verità e della realtà. E infatti Bergoglio ne elogia l’impegno. Un impegno che servirà in questo cambiamento radicale della Chiesa che non sarà mai più romana. Certo, la sede rimarrà in Vaticano, ma come le sedi legali per le Spa, le società per azioni che hanno poi le sedi produttive in altri luoghi. E la sede effettiva della Chiesa sarà inevitabilmente in Africa. Gli errori, in serie, del Vaticano (da decenni) hanno determinato l’allontanamento dei popoli europei dalla Chiesa di Roma. Si è cancellato il latino come lingua unificante, si sono trasformati i pulpiti in modesti palchi per una sociologia banale. Si è perso ogni contatto con il Sacro preferendo i contatti con la politica. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Chiese deserte, nessuna vocazione, totale laicizzazione della società europea, svuotamento persino di piazza San Pietro. E quando la laicizzazione lascia spazio ad un tentativo di reazione, la direzione è quella dell’Islam o delle religioni orientali. Invece in Africa le vocazioni ci sono ancora. Magari non tutte oneste, magari favorite a volte dal desiderio di avere un pasto ed un tetto (succedeva anche in Europa, in passato). Ma in maggioranza sono vocazioni autentiche. Ed è con l’Africa che il Vaticano deve confrontarsi, con gli africani. Perché le bergogliate hanno stufato anche i latinoamericani che procedono a passi rapidi verso le chiese protestanti finanziate dagli Stati Uniti per ragioni economiche e politiche, certo non per spirito missionario. Dunque resta solo l’Africa, con i suoi riti ed i suoi gesti  che nulla hanno a che fare con quelli della Chiesa romana. A questo punto serve il coraggio per il cambiamento finale. Il Vaticano rinunci ai simboli del cattolicesimo e della cristianita’ europea, venda le cattedrali e rinunci all’immenso patrimonio di opere d’arte, un’arte europea. Già oggi, d’altronde, sono numerose le chiese storiche in cui si può entrare solo pagando un biglietto. Trasformate da luoghi sacri in luoghi d’affari. Tanto vale eliminare anche la finzione religiosa. E la Chiesa diventi cattolica e africana. Un po’ di sincerità e trasparenza, nonostante monsignor Viganò.

mercoledì 21 marzo 2018

Un tornado di menzogne su Facebook e analisti

Non c’è dubbio che Facebook, visti i comportamenti di continua censura a senso unico, si meriti il crollo in borsa e tutti i problemi che ora sta affrontando. Ciò detto, però, Facebook non ha fatto nulla di diverso da quello che fanno ormai eserciti di aziende di ogni tipo. Siamo tutti schedati e le informazioni girano, vengono vendute per essere analizzate ed utilizzate per gli scopi più diversi. Nei supermercati le offerte e gli sconti personalizzati analizzano i consumi individuali e sarebbe ingenuo pensare che queste informazioni restino chiuse all’interno del punto vendita. Chi utilizza il telepass mette a disposizione le informazioni sui propri spostamenti. Ogni comportamento personale è ormai sottoposto a controlli. Se si effettua una ricerca su internet, che si tratti di un alloggio o di un paio di sci, nell’arco di pochi secondi si sarà inondati da pubblicità di agenzie immobiliari o di negozi sportivi. D’altronde è il singolo cittadino che mette a disposizione del mondo intero tutte le informazioni su se stesso. E allora come si fa ad immaginare che ciò che viene pubblicato liberamente su Facebook non venga utilizzato per altri interessi? Si accusa una società di aver letto i profili pubblici, i like, gli interventi ed i commenti. In pratica quello che può fare chiunque. La differenza è che invece di spettegolare sulle coppie che si creano o che scoppiano, sulle preferenze alimentari dei gatti e dei padroni, sui colori del tramonto e sui viaggi esotici, la società di analisi valutava le possibili idee politiche. Ed i committenti, invece di far arrivare offerte per un nuovo paio di sci, lanciavano messaggi per indirizzare il voto. Dov’e’, in tutto questo, la violazione di una privacy che è violata innanzitutto da chi pubblica ogni informazione su di se’? Hanno demonizzato le ideologie e si stupiscono se la pubblicità politica è trattata come quella di un dentifricio. E infine, se un cittadino è così facilmente manipolabile da messaggi sul web (nulla a che fare con la fake news, con le false notizie), perché dar la colpa a chi invia i messaggi? La responsabilità è di chi non ha un briciolo di cervello per valutare il messaggio

martedì 20 marzo 2018

Fermato Sarkozy per i soldi libici

Magari finirà tutto in una bolla di sapone. Ma visto che si tratta della giustizia francese e non di quella italiana, il fermo di Nicolas Sarkozy appare quantomeno clamoroso. Un ex presidente della repubblica coinvolto in una vicenda di finanziamenti illeciti da parte della Libia. Magari sarebbe stato  fondamentale accorgersene prima, per evitare l’ignobile aggressione francese contro Tripoli con l’assassinio di Gheddafi, una guerra civile che non è ancora finita e l’invasione dell’Italia da parte di quelle stesse persone che il Colonnello bloccava. Indubbiamente il modo migliore per nascondere le prove di corruzione o aiuti illeciti è l’eliminazione fisica di chi ha pagato. E poi la Francia è già abituata a questi fiumi di denaro, e di diamanti, in arrivo dall’Africa. Non è quindi scontato che si arrivi davvero al carcere per l’ex presidente. Anzi, si può scommettere sul contrario. Ma il fermo rappresenta comunque un segnale interessante, un passo avanti significativo in direzione di un pallido tentativo di mini giustizia. Ovviamente non ci si può illudere su un eventuale contagio francese da questo versante delle Alpi. In particolar modo per quanto riguarda la vicenda libica. Da noi nessuno ha neppure ipotizzato la corruzione o qualcosa di analogo. Da noi si è semplicemente trattato di totale incapacità politica, di inadeguatezza dei ministri. Non serve l’intervento della magistratura, in questa vicenda. Sarebbe servito, e non c'è stato, un intervento onesto dei media. Invece il servilismo, come sempre, ha prevalso ed i colpevoli di quella vergognosa pagina di storia italiana continuano a far danni in politica. Almeno i francesi hanno avuto la capacità di rimandare a casa Sarkozy prima ancora di permettergli la candidatura per l’Eliseo. Sono quelle piccole soddisfazioni, praticamente le uniche, che consentono ai transalpini di sentirsi superiori. Sarkozy cacciato dagli elettori, La Russa riconfermato da quelli italiani

lunedì 19 marzo 2018

Verità per Mariam? L’irrilevanza dell’Italia

Verità per Mariam Moustafa. No, non ci sono gli striscioni sulle facciate dei municipi italiani per chiedere un po’ di chiarezza sulla vicenda della ragazzina italoegiziana uccisa a Londra. Eppure i protagonisti sono i medesimi 3 Paesi. Italia, Egitto e Gran Bretagna. Con la differenza, sostanziale per la gestione mediatica, che Regeni è stato ucciso dagli egiziani dopo essere stato mandato al macello dagli inglesi. L’Italia ha protestato, ha ritirato l’ambasciatore, ha perso ricchi contrasti ma, dal momento che non ha una politica estera, non ha ottenuto nulla. Questa volta si invertono le responsabilità. La ragazza è italoegiziana ed è stata uccisa da una banda di teppiste inglesi. Portata in ospedale, è stata ignorata dai diplomatici italiani, è stata ignorata dai medici inglesi che l’hanno rimandata a casa senza accorgersi delle condizioni reali di Mariam. Ovviamente l’Italia, ridotta ad un ruolo di zerbino nei confronti di Londra, evita accuratamente di alzare la voce. E si punta a distrarre l’opinione pubblica con l’immagine di Mariam vittima di una aggressione razzista. Peccato che nel video si veda che la ragazza che la picchia non sia proprio pallida. Allora razzismo contro i bianchi? Razzismo dell’Africa nera contro gli egiziani? Forse semplicemente bande di giovani criminali che la democratica Gran Bretagna lascia libere di agire senza intervenire per evitare accuse e polemiche interne. D’altronde sul fronte della criminalità giovanile impunita l’Italia può insegnare al mondo. Ma   al di là del dolore della famiglia di Mariam, resta anche lo sconcertante comportamento delle autorità italiane nei confronti di quelle inglesi. Nessuna protesta per il comportamento dei medici, nessuna protesta per le indagini nonostante un video che ritrae le assassine. Verità per Mariam? La conosciamo già: Londra non ha il benché minimo rispetto per i lacchè italiani sempre pronti a servire gli inglesi e a sostenerli in qualunque porcata. La verità per Regeni imbarazzerebbe Londra. La verità per Mariam si limiterebbe a infastidirla.

giovedì 15 marzo 2018

La Lega pronta all’Opa su Forza Italia

L’Opa di Salvini su Forza Italia è stata ormai lanciata. Un’offerta pubblica di acquisto, una scalata non ostile per la grande maggioranza dei forzisti. Perfettamente in grado di comprendere come la parabola di Berlusconi sia ormai arrivata alla fine. Trasformato in una statua di plastica, il leader di FI ha ormai difficoltà a parlare, si ripete di continuo, scade nel patetico. Ha fatto la sua parte ed è arrivato il momento di uscire di scena con dignità. Ma, come cantava il suo amico Aznavour, non è facile arrendersi all’avanzare degli anni ed ammettere che è finita. Salvini, sul fronte opposto, sa benissimo che il futuro dell’intero centro destra non si decide più ad Arcore ma in via Bellerio. Però non può neppure permettersi di aspettare troppo a lungo che Berlusconi si ritiri. Così il Matteo vincente si muove e stringe alleanze con singoli esponenti di peso di Forza Italia. Senza bisogno di favorire cambi di casacca che servirebbero solo a infastidire la base. Si possono mangiare le trofie con Toti senza chiedere abiure assurde al presidente della Liguria. Ci si può incontrare ad Arcore con il padrone di casa e la sorella d’Italia senza per questo farsi dettare la linea dall’anziano leader. D’altronde Salvini ha superato i problemi interni con Bossi, fondatore della Lega, e avrà quindi ben pochi problemi a superare i veti di Berlusconi che sogna un nuovo inciucio con il Pd. Il bugiardissimo, però, non c’è più e i buoni uffici di Letta senior appaiono superati, vecchi, inutili se non dannosi. È cambiato tutto, è cambiato il modo di far politica ed è cambiato anche l’atteggiamento degli elettori. I finti sorrisi, le pugnalate alle spalle, le riunioni fiume per non decidere nulla, i sordidi giochini di potere e il mercato delle vacche delle poltrone e degli strapuntini non appassionano più. Solo i giornalisti restano affascinati da uno spettacolo sempre più squallido e con interpreti di bassissimo livello. Tra un cerimoniale bizantino, inutile e costoso, ed un vaffa gridato sulla piazza ha vinto il vaffa. Forse perché il cerimoniale bizantino non ha impedito di nominare Fedeli ministro dell’istruzione nonostante il livello culturale. Non ha impedito ai grandi tecnici di rovinare l’economia. Se la preparazione e la professionalità producono solo disastri, allora tanto vale affidarsi a chi è più ruspa-nte

mercoledì 14 marzo 2018

La Russia al voto, i media italiani si occupano di Pennsylvania

Domenica la Russia vota per eleggere il proprio presidente che, ovviamente, sarà Putin. La notizia è praticamente ignorata dai media italiani, molto più interessati al voto in Pennsylvania. Se ne sono accorti, invece, gli inglesi che stanno montando un caso colossale sull’avvelenamento di una ex spia russa doppiogiochista. La coincidenza temprale avvelenamento-voto è quantomeno sospetta. Proprio mentre, di fronte ai dazi voluti da Trump contro le merci europee, qualcuno nel Vecchio Continente aveva cominciato a sostenere che si dovessero abolire le sanzioni contro Mosca per rispondere a Washington. Un bel caso di spionaggio e avvelenamento blocca di nuovo tutto. Così in Europa ci terremo i dazi degli Usa e proseguiremo a boicottare la Russia perdendo sui due fronti. Quando si protesta contro gli euro cialtroni non è solo per le politiche economiche da imbecilli, ma anche per la totale e assoluta stupidità nella gestione della politica internazionale. Ma la chiamata alle armi della britannica May non poteva restare inascoltata da parte di Macron e Merkel, le 3 M. Tutti contro Putin che potrà così rafforzare ulteriormente la sua immagine di difensore di una Russia assediata ingiustamente da Trump e dai suoi servi sciocchi. Inutile prendere in considerazione l’Italia, in questa vicenda. E non solo perché il governo in carica è quello scadente di Gentiloni. La nostra politica internazionale è ridicola da tempo e dimostra solo l’irrilevanza di un Paese con una classe dirigente patetica. Il morbo italiano, però, deve essere contagioso se gli euro cialtroni hanno ipotizzato di rispondere ai dazi Usa sulle auto europee con dazi europei sulle Harley Davidson. È come se di fronte alla penalizzazione degli spaghetti si rispondesse con un freno alle importazioni di carne di alligatore. Quante auto europee si vendono negli Stati Uniti? E quante Harley si importano in Europa? Ma a Bruxelles si divertono a prendere in giro i sudditi europei.

martedì 13 marzo 2018

Guttuso e la superiorità culturale del Pci

Che Renato Guttuso sia stato sopravvalutato in vita non è certo una novità. La morte aveva fatto calare la polvere sulla sua opera ma ora la Gam di Torino rilancia il pittore dell’ortodossia comunista per celebrare il cinquantenario del 68. Sopravvalutato, indubbiamente, ma non un pessimo pittore. Tutt’aaltro. Alcune opere hanno una grande forza, a cominciare dai Funerali di Togliatti, realizzato nel 1972. Un quadro in cui è condensata tutta la pretesa di superiorità della cultura comunista. Del Pci, per essere più precisi. Non è un problema di capacità di dipingere, ma è la rappresentazione quella che conta. Un quadro di massa dove, intorno al feretro, si raccoglie quello che ora viene definito come Pantheon. Così si ripropone, più volte, il ritratto di Lenin mentre Stalin compare una sola volta. Ci sono Berlinguer e la Iotti, Amendola e Gramsci, Paietta e Breznev, Angela Davis e Di Vittorio. Morti e vivi insieme per un’opera corale. Tanto Gramsci era morto prima e non poteva protestare per essere messo accanto al responsabile della sua morte. È in questo la superiorità. Basti pensare a un quadro, odierno, dedicato ai funerali di Almirante. Innanzitutto mancherebbe il pittore perché le destre hanno ignorato la cultura e hanno accuratamente evitato di sostenere gli artisti. Ma se si trovasse un pittore, chi potrebbe inserire nel quadro? Guttuso colloca Stalin anche se in disgrazia. Le destre ufficiali hanno preso le distanze da Mussolini, dunque niente Duce. Allora Meloni e Rampelli a reggere la bara? Inizierebbero subito le proteste. Evola a rappresentare la filosofia dell’area? Molti rifiuterebbero anche solo l’idea. Tra i partecipanti stranieri non si potrebbero collocare i Le Pen poiché suscitano tifoserie opposte. E si potrebbe continuare all’infinito. Tutti contro tutti. Niente Salvini perché troppo del Nord, niente Tatarella perché è troppo del Sud. Guttuso non è certo il primo a ritrarre personaggi veri in scene di massa. Il Rinascimento è ricco di esempi di questo tipo. Ed anche gli intellettuali fascisti non avevano problemi a ritrarsi a vicenda, a citarsi, a raccontare gli altri. Ora è il tempo delle invidie meschine, delle rivalità condominiali, delle gomitate per passare davanti e comparire su un palco insieme a leaderini di scarsa qualità. È vero, il Pci è morto e la sinistra italiana, per quello che può valere la definizione, è un deserto dei tartari a livello culturale. Ma non è una grande consolazione.

lunedì 12 marzo 2018

Basta italiani, servono le quote allogeni sui posti di lavoro.

Una pubblicità della Moby Prince scatena la reazione dei politicamente corretti, nemici degli italiani. Qual è la colpa dell’armatore? Aver osato scrivere che il personale di bordo è esclusivamente italiano. Qualcuno si chiede se sia legale. Sicuramente riusciranno a trovare un magistrato che imporrà a tutte le aziende l’assunzione di personale straniero. Perché chissenefrega se la disoccupazione giovanile di casa nostra supera il 30% e, considerando anche chi non studia e si è rassegnato, la percentuale di giovani senza lavoro sale ulteriormente. Vietato assumere gli italiani. Bisogna inserire gli allogeni per  ottenere il plauso dei politicamente corretti, bisogna licenziare gli italiani. E se proprio si è così scorretti da assumere i connazionali, bisogna almeno avere l’ipocrisia di nasconderlo. Magari raccontando che il personale biondo è ucraino mentre quelli bruni sono nordafricani. Dopo le quote rosa si devono creare le quote allogene. Già, perché la pubblicità dell’armatore italiano, che non è noto per retribuzioni principesche, dimostra che gli italiani fanno anche i lavori più duri e umili, sulle navi. E allora, se i giovani indigeni si mettono a far concorrenza agli allogeni, come si fa a favorire l’integrazione degli allogeni? La soluzione è cacciare gli italiani creando le quote per stranieri. Nel frattempo bisogna organizzare il boicottaggio delle navi con personale nazionale, far crescere l’indignazione, organizzare campagne mediatiche. Magari i politicamente corretti dovrebbero andare a casa dei lavoratori italiani per convincerli alle dimissioni. Promettendo il reddito di cittadinanza per chi rinuncerà al lavoro per  consentire l’assunzione degli stranieri

venerdì 9 marzo 2018

Modello povertà greca anche per l’Italia: arriva Varoufakis

Yanis Varoufakis è vivo e lotta insieme a noi. Il finto oppositore greco della Troika, l’ex ministro che ha consegnato la Grecia nelle mani dei macellai di Bruxelles e Francoforte, è pronto a ritornare in campo. Partendo dall’Italia con un progetto di partito transnazionale in vista delle elezioni europee del prossimo anno. Insomma, come fregare altri popoli disperati per poi consegnare le loro teste ai carnefici. Che è poi quello che ha fatto Varoufakis insieme a Tsipras, per poi dimettersi e lasciare il lavoro sporco ai compagni di Syriza. Il risultato è un Paese, la Grecia, che vede crescere il Pil insieme al numero di abitanti costretto a sopravvivere al di sotto della soglia di povertà. È la ricetta malata di una Unione Europea fallimentare che vuole provare a ripetere l’esperimento in Italia. In teoria le polemiche di Varoufakis sono sensate, giuste, intelligenti. Peccato che affidare le ricette giuste ai medici sbagliati non porti a grandi risultati. Occorre rivedere completamente i fondamentali dell’Unione Europea. Cambiare completamente le basi per far sì che il progetto non solo sopravviva a se stesso ma cresca e si rafforzi. Con un traino tedesco? Probabilmente è inevitabile, considerando i rapporti di forza. Ma sino a quando Berlino farà dell’ottusità e della prevaricazione nei confronti degli altri Paesi europei la sua stella polare, l’Unione non potrà decollare. Non basta una alleanza di facciata con un Macron tanto appariscente quanto impalpabile. Sia perché la Francia poco può incidere sugli altri Paesi, avendo da tempo perso fascino e potere, sia perché nel resto d’Europa cresce l’insofferenza verso politiche dell’Unione che rispondono solo agli interessi di Berlino ed alla stupidità politicamente corretta dell’Italia. A partire dall’immigrazione per proseguire con i vincoli di bilancio passando per le politiche agricole e gli accordi internazionali. Varoufakis punta sulla disinformazione italiana per far passare parole d’ordine utili al suo partito transnazionale. È però un esempio, quello relativo ai movimenti politici che varcano i confini, che anticipa i tempi e che, come sempre, vede in ritardo i partiti tradizionali.

mercoledì 7 marzo 2018

Pd perde, Pdr vince. E a Firenze prende sberle

In fondo la Balena Bianca all’interno del Pd ha avuto ragione. Tutti a corteggiare gli sconfitti grazie ad una legge elettorale che ignora la volontà dei sudditi e premia chi ha perso. Il bugiardissimo sarebbe persino pronto a governare, ovviamente per spirito di servizio e non per il suo smisurato orgoglio. Non gli frega niente di aver portato il Pd al minimo storico, lui è del Pdr, il Partito Di Renzi, mica di quella roba strana con Emiliano, Chiamparino, Cuperlo. E se i vincitori non riescono a formare un governo a causa di una legge truffa, il bugiardissimo gongola. Magari proveranno a scippargli il Pd, con tanti nuovi candidati alla segreteria, ma il Pdr è roba sua che manovra a suo piacimento. Ha stilato lui le liste dei candidati, ha blindato i fedelissimi e ha fatto bocciare gli avversari interni. E ora attende che pentastellati e centro destra arrivino con il cappello in mano a chiedere un appoggio in Parlamento. Peccato che i sudditi, nel frattempo, siano tornati ai problemi di sempre e, questa volta, i problemi riguardano propria la città del bugiardissimo, il sindaco che lui ha imposto, la politica migratoria che lui ha voluto con il sostegno del suo Minniti. Già, a Firenze un compagno che sbaglia (magari riusciranno a dimostrare che ha votato proprio per LeU o Potere al Popolo o per i comunisti di Rizzo, chiunque ma non Pd) va in giro con una pistola regolarmente denunciata (è un compagno, dunque nessun problema) e ammazza un senegalese che incontra per strada. È un compagno, dunque non si può dare la colpa ai fasssisti razzzzzisti leghisti, e allora diventa semplicemente un folle. Poi però gli ospiti, arrabbiati, devastano il centro di Firenze e il sindaco Nardella - quello dei gommoni appesi a deturpare i palazzi antichi, quello delle sculture escrementizie per oscurare il David - si presenta dai rivoltosi per esprimere solidarietà. Siamo tutti compagni, suvvia. Ma viene cacciato in malo modo: signora mia non c’è più riconoscenza. Magari gli  ospiti sarebbero stati riconoscenti a Salvini che ha fatto eleggere nelle liste della Lega il primo senatore di colore nella storia del Senato. Ma al Pd erano troppo impegnati a salvare le poche poltrone per pensare anche di condividerle con le risorse boldriniane

martedì 6 marzo 2018

Destra che vince, destra che rischia

La destra vince. Non stravince ma vince. Sì, ma quale destra? Quella leghista, senza dubbio. Come non c’è alcun dubbio che la destra moderata sia stata spazzata via con il fallimentare risultato di Noi con l’Italia. Quanto a Forza Italia, dovrà decidere cosa fare da grande, considerando l'età di Berlusconi. Ma è soprattutto Fratelli d’Italia che dovrà riflettere sul proprio futuro. Indubbiamente i voti sono aumentati, ma a traino di una Lega diventata nazionale. È mancata una linea forte, una connotazione chiara per un partito che si ostina ad essere romanocentrico. Vuol essere una destra sociale? Difficile essere credibili, allora, con candidature come quelle di Crosetto, che di sociale ha davvero poco, o di Santanchè che al vertice delle proprie aziende editoriali non ha dimostrato ne’ attenzione ai dipendenti ne’ all’utilizzo politico e culturale dei media. Si vuole guardare avanti ma rivendicando i legami con le proprie radici, con la fiamma, o si vuol marciare insieme all’Anpi come Crosetto? Un po’ di chiarezza non farebbe male. Tra l’altro Fdi ha beneficiato, in questa tornata elettorale, dei pessimi risultati ottenuti dalle formazioni alla sua destra. Nessun exploit per superare lo sbarramento del 3% e, dunque, competitori spuntati. Però non ha senso gioire per le sconfitte altrui quando le prospettive sono tutt’altro che rosee a causa di una mancanza di identità ben precisa. Non resta neppure molto tempo per riflettere e per decidere. Se si insiste sulla chiusura nel ridotto romano, con i circoli romani, con la dirigenza romana, la sorte di Fdi al Nord è segnata perché gli elettori verranno in larga parte fagocitati da una Lega che ha ottenuto notevoli consensi anche al centro sud. La farsa della fondazione An non può protrarsi ulteriormente, simbolo evidente di una incapacità decisionale. Se non interverranno miracoli, si tornerà presto alle urne ma, in ogni caso, il prossimo anno si voterà per il Parlamento europeo e per alcuni rinnovi dei consigli regionali. E anche se non si tratta del Lazio, i vertici di Fdi potrebbero occuparsene, magari evitando candidature assurde e accordi, in caso di successo, su assessori che garantiscono la successiva sconfitta. Difficile affrontare una campagna elettorale per le europee senza un’idea chiara, un progetto preciso anche di alleanze transnazionali.